Grillini scomparsi e Piddini con le spalle al muro

Grillini scomparsi e
Piddini con le spalle al muro
Il vero bilancio delle elezioni in Emilia-Romagna e in Calabria

Grillini scomparsi e
Piddini con le spalle al muro

Il vero bilancio delle elezioni in Emilia-Romagna e in Calabria

 I commenti a caldo degli opinion maker della carta stampata e degli habitués dei salotti televisivi sui risultati delle regionali rasentano il delirio così come farneticazioni sono i titoli dei giornaloni e i loro editoriali. Si va dalla finalmente prima sconfitta di Salvini al Pd salvatore della Patria che lo blocca, dalla spalla che il leader leghista si sarebbe fratturato contro il muro dei Testimoni della Resistenza fino alla resa dei conti che lo aspetta nel partito con Giorgetti (!) pronto a soffiargli il posto. Per non dire dei vaneggiamenti sulle sardine, intorno alle quali si discetta su come aprire loro le porte del parlamento, della maggioranza, della quale ormai farebbero parte a pieno titolo, o addirittura del governo. Veramente un poco encomiabile disprezzo del ridicolo. Intanto, nonostante le uscite di  Zingaretti, le ospitate televisive e tutti i bla bla bla, le sardine non sono altro che una costruzione mediatica orchestrata dal Pd, niente a che  vedere con le  per altro non rimpiante pantere o tantomeno coi gilet gialli. Non sono né saranno mai un movimento, figuriamoci un partito. È anche difficile che i due o tre capetti possano trovare un posto da futuri parlamentari della sinistra perché è vero che in parlamento c’è di tutto ma non esageriamo. 

 

La possibilità di battere i compagni in casa loro c’era e i risultati lo confermano ampiamente. Questi sono i dati. In realtà i compagni hanno poco da festeggiare; il loro uomo ha fatto di tutto per coprire le pudenda della sua appartenenza piddina, il Pd esulta perché è il primo partito nella sua regione, e lo è di un’incollatura e se ha retto lo deve al travaso di voti dai poveri Cinquestelle che hanno perso la bussola, lo deve alla ragnatela che unisce tutta l’attività imprenditoriale, il sistema cooperativo, il sottogoverno, in una parola la grande mangiatoia messa su in decenni di monopolio politico del Pci prima e del Pd dopo. Lo capisce anche un bambino che l’elettore medio se si tratta di votare per il parlamento europeo o quello nazionale lo fa in modo relativamente disinteressato ma quando sono in gioco le istituzioni locali e, di conseguenza, tutto l’insieme di privilegi, la direzione dei rivoli di denaro provenienti da Roma o da Bruxelles, i concorsi farsa, le posizioni di potere, gli appalti, le  poltrone e gli strapuntini nelle Asl e nelle municipalizzate, allora scatta l’istinto di sopravvivenza, la paura del cambiamento, il terrore di perdere il posto a tavola. Che spiega bene anche l’aumento dell’affluenza rispetto alle precedenti amministrative, quando questo pericolo non esisteva. Poi, se mi si consente, nell’Emilia rossa, quella che nel dopoguerra era il centro del triangolo della morte, rimane  un certo timore sotterraneo e in certi contesti per  esprimersi a favore della Lega ci vuole coraggio, soprattutto quando nelle piazze si agita lo spettro della caccia al fascista. E infine, per buona creanza, non accenno alla possibilità che qualche manina abbia ritoccato qualche risultato, secondo  la vecchia scuola mai rinnegata.

Salvini si sarebbe rotto la spalla contro la muraglia rossa? Ma alle ultime regionali il centrodestra con candidato leghista (Fabbri) si era fermato al 29% e ora la Borgonzoni è balzata al 43% !  La verità è che l’Emilia rossa di dieci anni fa non esiste più: rimane, come in Toscana, lo zoccolo duro dei capoluoghi dove la greppia è più ricca ma la regione è ormai accerchiata non tanto dal centrodestra ma proprio dalla Lega di Salvini. Sembra che qualcuno fra i commentatori di regime non solo non sappia leggere ma abbia anche qualche problema con i numeri.


Per quanto grande sia la delusione per non aver scalzato il potere rosso che ingessa una regione ricca non grazie ma nonostante la sinistra, un osservatore onesto dovrebbe riconoscere che  il dato significativo è il rischio reale che quel potere ha dovuto correre; questa è la vera novità: anche la roccaforte rossa sente sul collo il fiato di Salvini. Per non dire del silenzio sul tracollo della sinistra in Calabria: la Lega in Calabria al tempo di Bossi sarebbe stato un ossimoro; ora è appaiata a Forza Italia,  che al centro-nord agonizza ma al Sud  è ancora viva anche se -fortunatamente – di salute malferma,  e insieme alla Meloni ha umiliato l’aspirante governatore  piddino.  L’Emila-Romagna, con un po’ di fatica e grazie ai grillini rimane  alla sinistra, la stessa sinistra che perde clamorosamente la Calabria come aveva perso l’Umbria.  Ma Zingaretti e i suoi festeggiano. Valli a capire.  

Quanto al governo, illegittimo era e illegittimo rimane. Anzi: queste ultime consultazioni  se ce n’era bisogno ne hanno accentuato l’illegittimità

Chi di certo non può festeggiare sono i Cinquestelle. Sono riusciti nell’intento di tradire sé stessi oltre i loro elettori del 4 marzo di due anni fa, quando riscossero il 34 % dei suffragi promettendo sfracelli al sistema di cui sono diventati il puntello. L’astuzia  della storia si serve anche di uomini mediocri e inaffidabili: quando il Paese aveva bisogno di una scossa per  restituire alle persone comuni le redini della politica, di smascherare la nomenklatura  che se ne era appropriato, chiamiamola pure “casta”, di mettere al centro l’ambiente e la qualità della vita ci voleva qualcuno che suonasse la carica. L’ha fatto Grillo, padre del movimento che poi per un calcolo che lui solo conosce ha pensato bene di sopprimere. Il movimento, con tutti i suoi limiti, aveva un progetto politico e interpretava bisogni reali; i suoi limiti erano l’ambiguo rapporto con la piattaforma Rousseau, un certo dottrinarismo e l’errore fatale di aver selezionato un personale politico pessimo per cultura, competenze, spessore umano e morale e con un bisogno disperato di una fonte di reddito. Personalmente ne ero ben consapevole, e l’ho scritto più volte su questi Trucioli, ma ero anche fiducioso nella capacità umana di apprendere, negli effetti positivi di un continuo ricambio e del mantenimento di un legame forte con i cittadini. Che avessero un canale aperto col    giglio tragico o con l’Opus Dei non l’avrei mai sospettato e ingenuamente ero convinto che la scelta di Conte fosse stata sfortunata ma puramente casuale. Come Fusaro ero e resto convinto che il binomio Lega-Cinquestelle, il fronte sovranista e populista, avrebbe traghettato l’Italia fuori dalla melma in cui la sinistra l’ha fatta sprofondare. Poi la partecipazione attiva al complotto per far fuori Salvini (preparato dissotterrando il dossier dei 49 milioni, una faccenda che riguarda la Lega regionalista di Bossi, montando il russiagate de noantri, salendo sulla moto d’acqua) e il perfetto incastro con quel Pd che incarna il sistema che avrebbero dovuto smantellare e col quale si erano dichiarati incompatibili, con tanto di inchino e riverenza verso l’Europa. Un disastro, giustamente punito con la morte politica. Che però lascia in parlamento una zavorra ingombrante che affossa il Paese ma consente al Pd di governare senza una legittimazione democratica.

Se i Cinquestelle fossero rimasti fedeli a sé stessi, o col 34 o col 10 % la loro funzione sarebbe stata essenziale per rimettere il Paese in carreggiata insieme all’alleato leghista. Il problema, infatti, non è se Bologna rimane per qualche altro anno in mano alla sinistra: il problema è quello di liquidare il bipolarismo centrodestra-centrosinistra, dove la destra e la sinistra sono entrambe legate a doppio nodo con l’Europa che è acerrima nemica dell’Italia, strumento della finanza globale e del duopolio franco-tedesco. Bisognava impedire che la Lega fosse risospinta verso i “moderati” di Forza Italia: e questa era la funzione storica del movimento, se avesse mantenuto la sua vocazione popolare. La vera sfida, infatti, è fra i nemici della Patria, gli europeisti, e quanti rivendicano libertà e indipendenza per il proprio Paese. I Cinquestelle hanno tradito, ben venga la loro estinzione. 

E intanto sulle nostre coste le Ong col sostegno attivo della marina italiana hanno ripreso impunemente a vomitare clandestini da ospitare e mantenere mentre le televisioni di Stato e quelle falsamente private  continuano impunemente a ripetere che non è un problema perché se ne farà carico l’Europa. In nessun altro Paese al mondo sarebbe consentito diffondere menzogne così sfacciate: di clandestini l’Europa non se ne prende nemmeno uno. Forse il destino degli italiani è aspettare che la provvidenza ci mandi qualcuno che faccia rimpiangere il faccione bonario di Salvini.  

   Pier Franco Lisorini  docente di filosofia in pensione   

 

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