GREEN-ECONOMY

RIFLESSIONI SUL PRESENTE E SUL FUTURO
Quarantottesima puntata
L’ATTUALITA’ E L’AVVENIRE DELLA GREEN-ECONOMY

 RIFLESSIONI SUL PRESENTE E SUL FUTURO
Quarantottesima puntata
L’ATTUALITA’ E L’AVVENIRE DELLA GREEN-ECONOMY

 Ho concluso l’Articolo della scorsa settimana, affermando che occorre giungere rapidamente alla GREEN-ECONOMY, al fine di ottenere un’innovativa tipologia produttiva, armonica con le regole esistenziali del Pianeta Terra (che generosamente ci ospita) e, contemporaneamente, protesa al raggiungimento di una più elevata concezione del Lavoro Umano, in ogni settore delle nostre future attività produttive.

 Ma, al fine di comprendere, sino in fondo, gli obiettivi che ci proponiamo  di raggiungere, ritengo sia necessario chiarirci, in modo reciproco, IL CONCETTO DI GREEN-ECONOMY.

A mio modo di vedere, con questo termine si deve intendere UN NUOVO MODO DI PRODURRE E DI CONSUMARE e, come tale, esso viene, quasi istintivamente, ad identificarsi con il concetto di TERZA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE (utilizzato da altri Ricercatori e Sociologi).

In parole molto semplici: NEGLI ULTIMOI DUE SECOLI, NOI ABBIAMO ASSISTITO (E STIAMO ASSISTENDO TUTTORA) ALLA NASCITA ED AL TRAMONTO DELLA PRIMA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE (FONDATA SULL’UTILIZZO  ENERGETICO DEL CARBONE) ED ALLA NASCITA ED AL TRAMONTO DELLA SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE (FONDATA SULL’UTILIZZO DEL PETROLIO E DEI SUOI DERIVATI); oggi, noi dobbiamo andare oltre per raggiungere gli obiettivi sopra esposti, rivolti al superiore  e contestuale interesse della TUTELA AMBIENTALE  e della NOBILTA’ DEL LAVORO UMANO.

Ma, che cosa dobbiamo intendere con la dizione TERZA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE?

 

 Cedo, a questo punto, la parola al grande Scienziato Jeremy Rifkin:

“La tradizionale organizzazione verticistica della società, che ha caratterizzato gran parte della vita economica, sociale e politica delle rivoluzioni industriali basate sui combustibili fossili, sta cedendo il passo a relazioni distribuite e collaborative nell’emergente era industriale verde. Siamo nel bel mezzo di una profonda trasformazione del modo in cui la società è strutturata: un passaggio dal potere gerarchico al potere laterale.

Come ogni altra infrastruttura energetica e di comunicazione nella storia, la Terza rivoluzione industriale deve fondarsi su pilastri eretti simultaneamente; in caso contrario, le fondamenta non reggono. Questo perché ogni pilastro può funzionare solo in relazione con tutti gli altri.  

I cinque pilastri della Terza rivoluzione industriale sono: 

 1) il passaggio alle fonti di energia rinnovabile;

 2) la trasformazione del patrimonio immobiliare esistente,  in tutti i continenti in impianti di micro generazione per raccogliere in loco le energie rinnovabili;

 3) l’applicazione dell’idrogeno e di altre tecnologie di immagazzinamento dell’energia in ogni edificio e in tutta l’infrastruttura, per conservare l’energia intermittente;

4) l’utilizzo delle tecnologie Internet per trasformare la rete elettrica di ogni continente in una inter-rete per la condivisione dell’energia che funzioni proprio come Internet (se milioni di edifici generano localmente, sul luogo del consumo, piccole quantità di energia, possono vendere il surplus alla rete e condividere l’elettricità con i propri vicini in tutto il continente);

5) la transizione della flotta dei veicoli da trasporto passeggeri e merci, pubblici e privati, in veicoli plug-in e con cella a combustibile che possano acquistare e vendere energia attraverso la rete elettrica continentale interattiva.”

E’ Sogno o Utopia tutto questo?

 A mio modo di vedere l’innovativa  Concezione  di Jeremy Rifkin non è affatto SOGNO (il quale presenta il difetto di venir cancellato dalla realtà quotidiana, al nostro risveglio mattutino), ma è, semplicemente UTOPIA, intesa non già come puro fenomeno illusorio, ma, al contrario, come Avveniristico Progetto, che oggi non può ancora esistere, ma che, tuttavia, è alla nostra portata e che noi possiamo trasformare in concreta realtà nel prossimo avvenire, attraverso il nostro costante impegno nei settori della Ricerca Scientifica e della Innovazione Tecnologica, oltre che nel nostro Apporto Socio-Politico (inteso nel senso più alto e più nobile di questa espressione).

Non vi è dubbio che occorreranno tempi lunghi e, soprattutto, provvedimenti diversificati per raggiungere l’ottimale realizzazione dei Cinque Pilastri sopra citati; inoltre, sarà necessario combattere e vincere dure battaglie ideologiche per superare i prevedibili ostacoli economici e politici, che gli attuali “grandi poteri” porranno sulla strada del percorso attuativo.

Ma, già oggi è possibile incominciare a programmare, partendo, per esempio, dalla concreta nascita del 1° PILASTRO (PASSAGGIO ALLE FONTI  DI ENERGIA RINNOVABILE, CON CONSEGUENTE E PROGRESSIVO ADDIO AL CARBONE ED AL PETROLIO)

– E’ quello che gran parte di noi si attendeva dalla 17° conferenza ONU sul clima conclusasi  a Durban, Domenica scorsa (11 dicembre 2011).

Debbo dire, in proposito, che i giudizi sull’esito di questa  Conferenza sono stati molteplici ed assai variegati.

 Ad esempio: IL Ministro dell’ Ambiente Corrado Clini ha testualmente dichiarato:

“L’accordo di Durban supera i limiti di Kyoto ed ha una dimensione globale. Offre all’Europa la possibilità di costituire, con le grandi economie emergenti di Brasile, Cina, India, Messico e Sud-Africa, la piattaforma per lo sviluppo delle tecnologie in grado di assicurare  la crescita economica e la riduzione delle emissioni.”

 Altri studiosi  e politici, invece, si sono dichiarati molto più tiepidi. 

Luca Mercalli, in particolare, è giunto sinteticamente a dichiarare:

Diciassette conferenze dal 1995 fino ai giorni nostri per dare alla luce decisioni sofferte e non all’altezza. Comunque il mondo, sullo sviluppo delle energie rinnovabili, non si è fermato: la Società civile è più avanti.”

 Altri, ancora, hanno espresso pareri decisamente negativi. 

Maria Grazia  Midulla  (Responsabile Clima ed Energia del WWF) ha scritto:

“Un accordo debole che istituisce un fondo verde per il clima con pochi soldi. I Governi hanno rimandato le decisioni più importanti sui contenuti del protocollo di Kyoto.”

Personalmente, mi permetto di osservare, con molta serenità, che si tratta di “UN ACCORDO TIEPIDO PER UN PIANETA CHE HA LA FEBBRE ALTA”

Aggiungo quanto segue:

* L’ONU, ancora una volta, si è dimostrata arretrata ed inefficiente

*I Governi, come i mercati, sono miopi e non riescono ad alzare lo sguardo nel lungo periodo.

Di conseguenza, l’accordo che è stato raggiunto, è quello dell’ennesimo rinvio di ogni decisione operativa alla prossima conferenza del 2015, se non, addirittura a quella del 2020; nel frattempo si è deciso di stanziare 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020, ma non è stato stabilito come verranno trovati i finanziamenti.

– Occorre, a questo punto, cambiare strada.

Deve scendere in campo, finalmente, L’UNICA VERA SUPERPOTENZA RESIDUA: L’OPINIONE PUBBLICA MONDIALE.

E’ necessario agire subito per adottare nuovi modelli di sviluppo sostenibili, in termini di capacità di carico del Pianeta Terra (come, ad esempio, quello saggiamente suggerito da Jeremy Rifkin).

Alessandro Leto, in un suo pregevole Servizio Giornalistico, ha fatto opportunamente osservare che:

“ L’incidenza dei cambiamenti climatici (indotti sull’intero ecosistema dall’attuale modo di produrre) sta agendo negativamente sulla nostra vita quotidiana ed è giunta alla soglia dell’irreversibilità.”

Infatti:

.L’agricoltura non è più in grado di espletare  la propria funzione fisiologica, cioè di sfamare le popolazioni;

.Molti degli agglomerati urbani, sorti nel corso degli ultimi due secoli in aree temperate, sono, oggi, catapultati in condizioni meteo tipiche di latitudini ben più lontane e, quindi, devono, per forza, essere ripensati in funzione di nuovi e ben più radicali eventi atmosferici.

E’ tempo, quindi, di considerare l’emergenza climatica come una straordinaria occasione per ripensare il nostro stile di vita e le nostre città, divenute dispendiose, energeticamente insostenibili e troppo fragili.

– Parallelamente, il NUOVO MODELLO DI SVILUPPO E’ IN CONDIZIONE DI CREARE NUOVI POSTI DI LAVORO (SOPRATTUTTO PER I NOSTRI GIOVANI), CON INNOVATIVE MODALITA’ OPERATIVE.

A titolo di esempio, desidero citare il caso della della riconversione a carbone della centrale di Porto Tolle, che prevede investimenti pari a  2,5 miliardi di euro, con una produzione di13 terawatt/anno. La forza lavoro, prevista per il funzionamento di questa centrale è soltanto di 200 persone, che potrebbero salire a 1.000 nel caso la riconversione fosse a base di energia eolica (con una produzione di 3,8 terawatt/anno). Lo stesso dicasi per il solare (con una produzione di 1 terawatt/ anno): 320 le persone previste a regime per il funzionamento dell’impianto, se venisse alimentato con pannelli fotovoltaici.

La conclusione di Greenpeace è stata estremamente chiara:

Con il carbone, Enel produce e inquina di più e a caro prezzo, ma occupa meno, in qualche caso molto meno, che con le rinnovabili”.

Lascio ai carissimi Amici Lettori ulteriori commenti.

Arrivederci al prossimo Anno

 15 Dicembre 2011            Aldo Pastore

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