Grecia, “una faccia una razza.”

Grecia, “una faccia una razza.”

Grecia, “una faccia una razza.” 

Il detto ha origini antiche ma non chiare, è però palesemente accettato che accomuni greci ed italiani non solo da un punto di vista morfologico ma soprattutto dal punto di vista culturale. Ambedue siamo eredi infatti di culture che hanno dato un impronta indelebile al mondo che conosciamo, Grecia antica, ellenismo dopo, Roma e la cultura latina insieme sono il solco tracciato per cui siamo ciò che siamo. Eppure, con le dovute cautele, sia Italia che Grecia sono nobili decadute, grandi paesi in cerca di riscatto che negli equilibri mondiali hanno perso, o certamente ammorbidita, quella assoluta leadership culturale, economica e militare che potevano indubbiamente vantare millenni orsono.


Oggi siamo ingabbiati in una fase di transizione che per ambedue i paesi, in forme più accentuate e più complesse per la Grecia meno per l’Italia, non ci rende giustizia. Non rende giustizia alle potenzialità che rendono uniche queste realtà e che hanno un valore talmente importante dal punto di vista culturale che è un delitto non valorizzarlo ed esportarlo come un prodotto di cui tutti potrebbero trarne beneficio. Ma la vicenda su cui vorrei fare alcune riflessioni è legata purtroppo a questioni meno nobili se vogliamo, ma oggi più che mai determinanti.

Siamo nell’Unione Europea, un progetto fantastico iniziato quasi mezzo secolo fa, che doveva dare vita ad un grande organismo politico ed invece si è arenato su 2 scogli: una profonda crisi economica e una moneta unica, l’Euro. Vorrei solo fare una precisazione, quando fu introdotta la moneta unica, personalmente ero entusiasta e pensavo a come avrebbe consentito ai cittadini di vivere meglio, sia nel tempo libero (turismo), sia nel lavoro (commercio e industria).

Mentre la crisi ha una sua dimensione, delle cause complesse e delle conseguenze non prevedibili che non tratterò qui, la moneta unica è stata una scelta consapevole che doveva accompagnarsi ad una politica fiscale unica ed una politica economica unica, insomma una “politica” europea. Questo processo si è arrestato, ed ora ci rimane una moneta unica, una Banca Centrale NON di proprietà degli stati dell’Unione e una calibratura di questa moneta che non ha nessuna relazione con le economie dell’Europa del sud.

Per tornare alla Grecia ora la vittoria del leader greco di sinistra Tsipras ha evidenziato alcuni aspetti che non possono passare inosservati. La Grecia è un paese in crisi da molto tempo perché ha avuto una economia debole, una politica democratica giovane, ricordiamo che i Colonnelli erano al potere ancora negli anni 70, un po’ come in Spagna e Portogallo, un livello di corruzione altissimo dove però hanno mangiato tutti, banche straniere, fondi finanziari speculativi, aziende tedesche o italiane o inglesi o francesi che con un consolidato sistema di mazzette hanno consumato come un cancro il paese. Ed ora lo lasciano marcire.

In Italia diverse forze politiche tendono ad appropriarsi del nome di Tsipras come loro cavallo di battaglia, mi riferisco ad alcune forze di sinistra, ma la vittoria non è una vittoria di un partito di sinistra o quantomeno non è il punto principale: è la vittoria di una forza politica che vuole a tutti i costi salvare il paese dal baratro e che in questo momento non ha più sovranità, è la vittoria di una forza politica che pretende di rinegoziare dei contratti che sono uno strozzinaggio de facto.

Ho ascoltato le interviste del ministro greco Varoufakis, persona sicuramente carismatica e intelligente, sta facendo il suo lavoro. Lo fa con gli “attributi”, quelli necessari quando si sta giocando una partita difficile, lo fa attaccando direttamente il paese la cui politica è cieca perché non “comunitaria” e “solidale”, la Germania. Il paese che è riuscito a disegnare la sua economia intorno all’Euro, o forse è riuscito a disegnare l’Euro intorno alla sua economia. Peraltro ho apprezzato molto il passaggio sullo stritolare una nazione con debiti fino a soffocarla, passaggio che dovrebbe ricordare quanto vissuto dalla Germania con la Repubblica di Weimar, magari con qualche ricordo rivissuto durante la riunificazione tedesca con cui il cancelliere Kohl ottenne una risultato storico ma ad un prezzo che alcuni sostengono pagato anche dalle economie dei paesi vicini.

E’ comunque evidente un atteggiamento ostile della BCE che in risposta ha deciso di non accettare più i titoli di Stato ellenici detenuti dalle banche del Paese in cambio di liquidità mettendo con le spalle al muro la Grecia che di fatto non ha chiesto di essere esentata dal pagare i propri debiti ma ha chiesto in sostanza di farlo con maggiori dilazioni e agganciando la propria solvibilità alla crescita.

Io pongo la questione anche da un punto di vista semplicistico, ma concreto: non ci sono dubbi che la Grecia ha dei debiti, e tecnicamente li ha anche con altri paesi stranieri. Il grafico sottostante (fonte Economist) riporta a sinistra (dato di metà 2014) l’ammontare assoluto del debito sovrano: l’Italia guida la classifica con un debito che a Ottobre 2014 ammonta a 2.157,5 miliardi di Euro (fonte Bankitalia). Seguono Germania e Francia, gli altri ben staccati, come la Grecia.


Osservate invece la parte a destra che fornisce una composizione schematica del debito dove la Grecia è in assoluto il paese maggiormente indebitato verso l’estero. Andando a citare dati da un servizio di Panorama, l’ammontare totale dell’esposizione finanziaria di Atene (dati di ottobre 2014) è di 320 miliardi di euro, di cui il 17% (54 miliardi circa) è in mano ai privati. Un altro 10% (32 miliardi) è del Fondo Monetario Internazionale mentre l’8% (quasi 26 miliardi) fa capo alla Banca Centrale Europea, a cui va aggiunto un ulteriore 3% (poco più di 9 miliardi) della banca centrale greca. Totale: circa 120 miliardi di euro in tutto. Quasi 200 miliardi, cioè il 62% del totale, è invece in mano ai governi dell’Eurozona, Italia compresa.

Cosa significano questi numeri:

  •     Che il debito italiano è una cifra tale che in confronto la Grecia è una nocciolina;
  •     Che la composizione del debito greco desta interesse perché molti “stranieri” rivogliono i propri capitali;
  •     Che la composizione del debito italiano è tale che forse, a molti, potrebbe interessare “relativamente poco” un default del nostro paese;
  •     Che certamente come prestatore anche l’Italia è corretto voglia controllare che ci sia un processo di rientro dei propri capitali;

Ed infine mettere in campo tutte le azioni perché la Grecia sia in grado di onorare il proprio debito è prima di tutto “buon senso”, non accogliere le richieste volte a favorire uno sviluppo degno di questo nome, da qualunque membro di zona Euro provengano, è follia. Oppure conferma che il progetto moneta unica come ora in vigore è fallito. Ed allora si facciano le valutazioni del caso.

ANDREA MELIS

 

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