GLI SPILLI DI NAT RUSSO

GLI SPILLI DI NAT RUSSO

IL FUTURO DELL’AUTOMOBILE – 
LE BUONE AZIONI ALIMENTARI –

MUNASTERIO ‘E SANTA CHIARA

GLI SPILLI DI NAT RUSSO

 

IL FUTURO DELL’AUTOMOBILE

di Nat Russo

Curve magnifiche…quelle dell’auto.

A me la bicicletta non piace. Per me la bicicletta non ha futuro. A me piace la macchina. Mi piace girare per la città in automobile. Frugarla in ogni dove, percorrere le sue strade, parcheggiare ovunque lo spazio me lo permetta. Specialmente d’estate, la sera a finestrini e tettuccio scoperti. Scorrazzare in Riviera. Avere al mio fianco la mia bella. Partire in gita con gli amici cantando canzonacce triviali e stonate. Mi piace sentire la radio, sentire la musica. Mi piace spostarmi in autostrada durante i temporali, sentirmi caldo e protetto. Fermarmi in quelle oasi che sono gli autogrill. Suonare il clacson ai matrimoni, legare le lattine con la corda, scrivere sulle automobili poco lavate “non sono sporca sto solo facendo i fanghi”. Imprecare contro gli uccelli scagazzatori. Lisciarmi la carrozzeria sotto un fiume di shampoo agli autolavaggi. Fare il pieno mi dà un senso di tranquillità. L’accisa sul carburante, beh va pagata, ovviamente. Controllare l’olio e la pressione delle gomme, rimpinguare la vaschetta del tergicristallo mi fa sentire in pace. Mi piace pagare le multe se me lo merito. Non mi dà fastidio pagare il parcheggio. Rispetto il lavoro dei vigili urbani, pago con piacere l’assicurazione e la tassa di circolazione. Cambio l’auto ogni quattro anni. In famiglia ne possediamo tre, una per ogni componente. Ho deciso di lasciarne invecchiare una fino a farla entrare nell’età delle auto d’epoca da collezione. La restaurerò da me. Andrò agli autoraduni.

Grazie a me ed a quelli che la pensano come me, vive l’industria metalmeccanica, vivono i sindacalisti, vivono i concessionari, vivono i riparatori auto, vivono gli assicuratori, vivono le autostrade, vivono gli autogrill, vivono i petrolieri, vivono i Comuni, vivono le Province, vivono le Regioni, vive lo Stato.

Perché i ciclisti manichei mi vogliono far passare per un pervertito ed un nemico del popolo? Perché loro, che danno un contributo decisivo al fallimento della nostra civiltà e democrazia, si autoproclamano migliori di me? Ma soprattutto perché un assessore da strapazzo che nulla sa di mobilità si permette di strapazzarmi e farmi la morale?

 

LE BUONE AZIONI ALIMENTARI

di Nat Russo

I pascoli sterminati della Nuova Zelanda

 

I Mercatini della Terra (© marchio registrato, bada bene), i Farmer’s market all’italiana, sono una encomiabile iniziativa promossa da Slow food in cui alcuni produttori locali certificati vendono direttamente i loro prodotti ad acquirenti motivati e responsabili (sono uno di questi, non faccio per vantarmi).

I grandi supermarket Eataly, il fiore all’occhiello di Oscar Matteorenzi Farinetti, sono una vera manna per la qualità dei prodotti presentati, spesso si possono acquistare delle DOP altrimenti introvabili per gli estimatore oculati (sono uno di questi, naturalmente).

I negozi del commercio equo e solidale sono da preferire per l’alto valore etico insito nell’atto di acquisto verso prodotti che possono fornire un giusto reddito a popoli altrimenti sfruttati (come potrei non sceglierli, ovviamente).

I negozi di prodotti biologici sono da sostenere poiché combattono attivamente per la difesa della salute, consumatene sempre una buona quantità, teneteci alla salute (sono un fedelissimo, cela va sans dire).

Ma riflettendo su queste mie buone azioni ecologico – alimentari quotidiane, mi sto incominciando a rendere conto di tutta una serie di contraddizioni che esse comportano. Saranno veramente buone o la mia è solo la coda tarlata di un pavone demagogo politicamente corretto? Mia nonna mi diceva che la via dell’inferno è costeggiata di buone intenzioni. Tanto per cambiare, la grande vecchia, non c’aveva torto.

La globalizzazione dell’industria alimentare ha incrementato da un lato la concentrazione dell’import/export dei grandi produttori a scapito dei piccoli e dall’altro ha favorito l’aumento di pochi grandi punti vendita centralizzati a fronte di una miriade di piccoli negozi diffusi.

Ma cosa è meglio ecologicamente?

Il concetto di food miles, i chilometri percorsi dal cibo, dà una risposta apparentemente semplice e chiara: più un alimento ha viaggiato, più energia ha consumato, meno il cibo è ecologicamente sostenibile. Purtroppo questa è la banalizzazione ad uso del volgo. Infatti la grande distribuzione trasporta in modo più efficiente le merci, utilizzando pochi grandi vettori al posto dei moltissimi piccoli veicoli usati dai bottegai. Ma non solo. Se infatti aggiungo a questo il chilometraggio percorso dal compratore, capisco subito che è ecologicamente meglio acquistare in un supermercato centralizzato che non in tanti negozi più piccoli. Se faccio 10 km in macchina per andare a comperare 5 kg di verdura in un farmer’s market, genero più CO2 che non facendola arrivare direttamente dal Kenya.

Avevo l’idea che un cibo locale richiedesse meno energia di un cibo importato. Purtroppo non è così. Dipende dalla dimensione dell’azienda, quelle piccole sono meno efficienti dal punto di vista energetico. Paradossalmente importare via nave carne d’agnello di una grande fattoria neozelandese fa risparmiare più energia che produrla in una piccola fattoria locale che riscalda gli ovili e usa mangimi sani per almeno sei mesi l’anno. Così se compro a febbraio pomodori prodotti in serre, riscaldate e illuminate artificialmente sotto casa, ho fatto consumare più energia di quelli coltivati in Sud Africa arrivati in aereo (1kg di pomodori di serra costa 66 MJ/Kg, quelli importati solo 5.4 Mj/Kg).

Nella UE i consumi di frutta e verdura fresca sono sotto il minimo suggerito dall’organizzazione mondiale della sanità (WHO) per una dieta sana. Solo Italiani e Greci consumano, a testa, più dei 400 gr./giorno prescritti (sarà una coincidenza che siamo le nazioni peggio messe economicamente?). Ma la Gran Bretagna ha calcolato che per consumare i suoi 400 gr/giorno consigliati dovrebbe importare dall’Africa 985.000 milioni di tonnellate l’anno, vale a dire 960.000 tonnellate di CO2 emessa. Dovrà allora ridurle? Già oggi il sostentamento di almeno un milione di Africani dipende dalle sue importazioni di frutta fresca. Se smette l’importazione, gli arriveranno direttamente gli ex contadini come immigrati.

Ma allora? Come se ne esce? Non se ne esce, perché siamo condizionati da complesse strategie di marketing. Come spiegare altrimenti che gli stessi promotori del chilometro zero si danno un gran da fare per sostenere le DOP e i Presidi? Teoricamente il lardo di Colonnata e la cipolla di Tropea posso mangiarli solo a Colonnata e a Tropea, ma perché allora mi devo compiacere delle esportazioni di vino italiano negli USA e del successo delle mele trentine a Londra?

Ma allora Think Global Eat Global? Perché il chilometro zero deve valere solo per il cibo e non per gli altri prodotti? Auto, telefonini, vestiti, ecc. nessuno si sogna di consigliarvi di comprare un’auto a chilometro zero, perché per il cibo invece succede?

Non ho soluzioni, ma una cosa voglio dirla lo stesso: vogliatevi bene e comperate cibo di buona qualità ed ha un buon prezzo, in mancanza di altre informazioni “sicure”, privilegiate il giusto rapporto qualità/prezzo. Le contraddizioni non si esauriranno, ma almeno…

Oggi fianco a fianco in un bancone ho trovato fagiolini a chilometro zero e fagiolini equi e solidali del Burkina Faso. Con quale acquisto potevo salvare il mondo? Mi sono voluto bene, non ne ho comprato nessuno dei due, erano troppo cari. Chissà perché me ne sono andato soddisfatto delle mie due cattive azioni alimentari commesse.

 

 

MUNASTERIO ‘E SANTA CHIARA

di Nat Russo

Incubi o profezie?

Santa Chiara ha fatto il miracolo. Tutte le forze a Palazzo Sisto hanno approvato l’acquisizione di un edificio storico notevolissimo che, dopo un restauro costatoci due valigiate di soldi e dopo aver eseguito per un decennio la danza della Bella di Torriglia (che tutti la vogliono e nessuno se la piglia), è infine stato lasciato nel più totale degrado senza che nessuno battesse ciglio. Nel cortile è nata spontanea una piccola brughiera… insomma come dice la canzone “gli alberi sono alti le foglie sono verdi” (solo la foresta nata nell’alveo del torrente Letimbro può competere). Questo per dire che attenzione lo Stato destina ai propri beni. Ma adesso se ne farà carico il Comune. Che bella notizia. Tanto per cominciare ha incaricato IPS di pensare al suo recupero: una biblioteca (ma non ce l’avevamo già?) ed una mezza facoltà di Scienze della Comunicazione (ma non ce ne avevamo già una intera?). Con una dozzina di milioni ce la si può fare. Naturalmente nessuno dispone di questa cifra. A meno che…

Qui sono stato colto da un sonno malvagio pieno di incubi. Urlavo nel deliquio: “Monturbano no. Perché anche Monturbano. Ma non è possibile. Onerionerioneri di urbaurbaurbanizzazione. No Monturbano no.” Poi un coro di architetti mascherati cantava a squarciagola agitando rendering colorati “lo sai che i papaveri sono alti alti alti e noi su Monturbano e noi su Monturbano”… apparve chiaro all’orizzonte l’orrido skyline. Mi svegliai sudato, spalancai le finestre e guardai verso la collina. Nulla di quanto sognato. Per adesso… almeno.

NAT RUSSO

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.