Gli artefici della lotta alla povertà tanto…

Gli artefici della lotta alla povertà tanto magnificati dalla nostra sinistra

Gli artefici della lotta alla povertà tanto magnificati dalla nostra sinistra

 Verso la fine degli anni ’90 mi sono trovato quasi per caso all’Isola Margherita, in Venezuela, per aiutare un mio cliente in un investimento nel settore del turismo nautico.

Mi aveva pregato di condividere con lui una settimana nell’isola, con l’intento di verificare le possibilità di proporre un servizio di crociere giornaliere in catamarano con partenza da Porlamare destinazione le vicine isole di Coche Cubagua.

 


Playa el Agua

 

In quegli anni parecchi italiani avevano lasciato l’Italia e si erano trasferiti proprio in quell’isola, in parte attratti dal clima favorevole, ma soprattutto motivati dalla voglia di lasciare il nostro Paese, che stava sempre di più diventando il Regno delle tasse e della burocrazia.

In verità, l’Isola Margherita già dagli anni ‘80 era stata mèta di tanti italiani che avevano investito nel turismo locale, aprendovi ristoranti, hotel e altre attività legate sempre al turismo; lo stesso Re di Spagna aveva investito nell’isola in grandi alberghi e resort.

La vita costava pochissimo, il mangiare era sano e genuino poiché, oltre all’abbondanza di pesce, al contrario delle altre isole dei Caraibi, l’Isola Margherita, facendo parte dello Stato di Nueva Esparta della Repubblica Federale del Venezuela, poteva contare sui prodotti agricoli degli altri Stati federali ubicati sulla terra ferma, che fornivano un’ottima produzione agricola a prezzi bassissimi.

Nello stesso tempo continuava a crescere il flusso di turisti provenienti, oltre che dal nostro Paese, anche da Francia, Olanda e Germania, attratti da un minor costo della vita rispetto a quello delle altre isole dei Caraibi più conosciute.

 


Isola Margherita

 

Nell’Isola Margherita vi sono decine di chilometri di spiagge con le palme che arrivano quasi sulla battigia, in cui vi sono zone dove si può praticare il wind surfa un livello da fare invidia alle più rinomate località Californiane. Le spiagge erano completamente gremite di turisti, per lo più europei, e alcune compagnie aeree avevano addirittura istituito voli diretti provenienti dai più importanti aeroporti europei, incluso Milano Malpensa.

Insomma, pur non rappresentando un vero e proprio Eldorado, l’aria che si respirava era di libertà, in totale antitesi a quanto si percepiva in Italia, specialmente per chi avesse voluto iniziare una nuova vita o una nuova attività senza troppi pensieri – che poi era proprio il caso del mio cliente.

Attratto da un contesto talmente piacevole, per farla breve, sono in seguito ritornato altre volte sull’Isola Margherita, e alla fine ho anche accettato di condividere l’investimento del mio cliente, per cui mi sono ritrovato, mio malgrado, testimone presente fin dagli albori del meccanismo infernale che ha portato il Venezuela al disastro dei giorni nostri: la presa del potere da parte di Hugo Chavez.

 


Hugo Chavez 

 

Come ogni Paese del Sud e Centro America, anche il Venezuela ha sempre sofferto di pessima  gestione politica e amministrativa; tuttavia le grandi ricchezze naturali del Paese hanno sempre compensato qualsiasi tipo di ruberia da parte dei politici locali o rapina di risorse perpetrata dai gringos del Nord America (uso la stessa espressione usata dai comunisti locali), cosicché il popolo venezuelano, pur nella varie disparità sociali, ha sempre vissuto al di sopra degli standard di vita di tutti gli altri Paesi dell’America latina, tanto è vero che la maggior parte dei lavori più umili erano svolti da emigranti provenienti proprio dai Paesi limitrofi.

Oltre alle enormi ricchezze del sottosuolo, che vanno dal petrolio all’uranio e dall’oro ai diamanti, il Venezuela possiede un fertilissimo e vastissimo territorio centrale, dove i ganaderos,oltre ad allevare il bestiame, coltivavano prodotti agricoli di ogni tipo: dalla canna da zucchero al caffè, dal grano al riso, fino ad ogni tipo di frutta tropicale; un particolare interessante è che la maggior parte di questi latifondisti erano di origine italiana, per lo più dell’Italia meridionale.

Arriviamo quindi alla fine degli anni ’90; siamo in tempo di elezioni e l’avversione per la politica si fa sentire, un po’ come già avveniva anche da noi: poiché per la gente i politici erano diventati  tutti uguali e tutti ladri, non valeva la pena disturbarsi per andare a votare. Detto e fatto, solo una minima parte di elettori venezuelani – inferiore al 20% – si reca a votare, e Hugo Chavez vince di misura, prendendo il potere nel 1998.

 


Hugo Chavez

 

In precedenza, Chavez era stato un Colonnello dei paracadutisti, ben conosciuto per aver tentato un colpo di Stato che aveva causato parecchie centinaia di  morti, ma che alla fine era stato sedato dal Governo Democratico. Condannato e incarcerato con la condanna a svariati anni di reclusione, successivamente Chavez viene inspiegabilmente amnistiato, giusto appunto per ributtarsi in politica.

Chavez era un personaggio pittoresco, spesso anche simpatico, che riusciva ad essere convincente di tutte le balle che raccontava ogni giorno a reti unificate nel suo programma televisivo “Hallo Presidente”,  nel corso del quale riusciva addirittura a dimostrarsi vicino alle esigenze più elementari e più banali dei cittadini, quali il ritardo di un treno nella provincia più sperduta del Venezuela, o il concorso di ballo non premiato correttamente. Così facendo il Presidente diventava ora Capostazione, ora arbitro di partite di baseball o di competizioni di ballo della salsa. Contemporaneamente, tra una balla e l’altra, sommessamente e senza tanto clamore, cambiava la Costituzione a proprio favore, supportato dal voto di un’esigua minoranza di venezuelani, per lo più pagati con mancette elettorali: 10 dollari per il voto, 30 per partecipare alle manifestazioni con la camicia e il cappellino rosso.

 

 

Chavez con alcuni leader mondiali

 

Il suo pigmalione era il Presidente a vita di Cuba, Fidel Castro, da cui Chavez aveva appreso tutta la propaganda comunista più estremista e velleitaria; inoltre aveva ottenuto  l’appoggio morale  di tutti i comunisti del mondo occidentale, come i nostri Fausto Bertinotti, e Niki Vendola ed era magnificato dai vari giornalisti di sinistra nostrani, come il cantore delle rivoluzioni Gianni Minà, che ne  raccontava le virtù agli affezionati ascoltatori “ intellettuali” di Rai 3.

Da buon comunista, mentre si dimostrava accattivante e pacioso, Chavez iniziava a porre le basi per la dittatura, occupando ogni posizione di potere tanto con mezzi legali quanto con mezzi cruenti.

Ricordo che arrivando all’aeroporto di Caracas e conoscendo abbastanza bene la lingua spagnola, avevo notato che l’accento dei doganieri e della Polizia di frontiera non era più l’inconfondibile accento venezuelano ma quello cubano, perché il regime iniziava a circondarsi di consulenti comunisti cubani, oltre che di alcuni italiani ex terroristi delle brigate rosse.

   

  

 Chavez con Bertinotti,  al centro Vendola e a destra  Chavez intervistato da Minà

 

Nello stesso tempo i terroristi e i narcos colombiani potevano tranquillamente, quando inseguiti dall’esercito colombiano, riparare in territorio venezuelano, protetti dal nuovo governo chavista, dove addirittura  venivano anche assunti  nell’amministrazione venezuelana perché Chavez, non fidandosi  dei venezuelani, nei punti chiave della burocrazia piazzava non solo cubani ma anche estremisti di sinistra degli altri Paesi dell’America latina, specialmente colombiani.

Ma la cosa più grave, che poi è stata la causa principale del disastro economico comunista – che puntualmente è arrivato – è stata la sua smania di combattere i ricchi in tutti i modi possibili, imponendo prezzi calmierati su quasi tutti i beni, decidendo i salari di tutte le categorie di lavoratori, fino ad usare mezzi estremi come rapimenti e minacce per scoraggiare gli imprenditori.

Come conseguenza di tutto ciò, un gran numero di imprenditori venezuelani si è trasferito a Miami, portando via i loro capitali, a tutto vantaggio della crescita economica esponenziale di questa città che, grazie anche alla fuga di tanti altri imprenditori dall’America latina, è ormai diventata la seconda per ricchezza negli Stati Uniti.

La buona sorte tuttavia non mancò al nostro eroe “Bolivariano”. Infatti, grazie ad una particolare congiuntura economica internazionale, durante i primi anni di presa del potere di  Chavez il prezzo del petrolio balzava in poco tempo  da 14 dollari sino a 140 dollari al barile, il che decuplicava gli introiti di petrodollari del Governo Venezuelano e dava al Presidente la forza economica per renderlo tronfio e baldanzoso, sicuro di poter dominare non solo il Venezuela, ma addirittura tutta l’America latina, nella quale Chavez si proponeva di diventare il vero leader maximo del mondo comunista o, come lui diceva, del nuovo mondo rivoluzionario Bolivariano.

Con quel flusso enorme ed inaspettato di danaro, Chavez poteva finanziare Cuba, la Bolivia, e tutti quegli Stati che si dichiaravano marxisti o che tendevano ad esserlo, come l’Argentina,  ma principalmente iniziava a comperare armi di ogni genere per “sfidare” addirittura gli Stati Uniti di Bush.

In quei tempi ero spesso in Venezuela per cui seguivo in TV i sui interventi giornalieri, anche perché quando lui parlava tutti i canali sospendevano le trasmissioni e non si poteva vedere altro.

 

 

La povetà in Venezuela

 

Ricordo che un giorno ebbi addirittura la possibilità di assistere in diretta all’arrivo della prima delegazione cinese in Venezuela. I cinesi, che in quanto ad intelligenza politica non hanno nulla da invidiare ad altri e oltretutto hanno estremamente bisogno di fonti energetiche per la loro economia,  si sono presentati in Venezuela con una delegazione mai così numerosa e, con così tanti sorrisi e pacche sulle spalle, hanno posto le basi per piazzare in Venezuela le loro piattaforme industriali e le loro armi più obsolete, in cambio di contratti di sfruttamento delle varie risorse naturali venezuelane per i successivi decenni a venire, col risultato che attualmente il deficit commerciale del Venezuela con la Cina ammonta alla bella cifra di 50 miliardi di dollari.

Lo stesso, sebbene in forma ridotta, è avvento con la Russia, la quale vanta crediti di circa una ventina di miliardi di dollari verso il Venezuela, per cui non ci stupisce che Cina e Russia siano i più fieri difensori dell’attuale governo comunista, malgrado loro stessi di comunismo nelle loro economie non ne abbiano più nemmeno l’ombra; ma business is business e se il 90% del popolo venezuelano vive oggi sotto la soglia di povertà, chi se ne importa. All’ONU intanto si deve difendere la sovranità delle Nazioni, come recita la sua carta costituente, non la democrazia di un determinato Paese, specialmente se con il Governo di tale Paese si fanno ottimi affari!

 

Nicolas Maduro

 

Come sempre, nella vita non bisogna mai essere presuntuosi e prepotenti e il povero Chavez viene colpito da un tumore, che probabilmente negli Stati Uniti sarebbe stato possibile curare, ma che a Cuba, malgrado un buon sistema sanitario, non riescono, per cui mentre il dittatore passa ad altra vita il potere passa al suo delfino, quel Nicolas Maduro che, da autista della Metro di Caracas, si trova a dover gestire un Paese lasciato nella fame e nella miseria dal suo predecessore.

Le notizie del giorno si sentono dai giornali e telegiornali: esse ci descrivono un popolo al 90% in stato di povertà e una criminalità che non ha eguali nel resto del mondo, che porta Caracas ad avere il primato di omicidi e di delinquenti che rapinano e uccidono per fame o per droga; insomma un vero inferno, un disastro economico e sociale che dimostra ancora una volta, se ve ne era bisogno, il fallimento delle teorie comuniste una volta messe in pratica.

Come diceva un vecchio comunista savonese di ritorno da una visita nella ex DDR: “E’ facile essere comunisti in Italia!”. Ciò nonostante, ci sono ancora moltissimi ammiratori dei regimi che si ispirano alle teorie marxiste, i quali, piuttosto che ammetterne le evidenti utopie e scelleratezze, preferiscono incolpare il capitalismo, e in particolare gli Stati Uniti d’America, per i disastri causati proprio da tali regimi. A costoro, a questi sognatori ad occhi aperti, voglio dedicare l’adagio: “Se puoi vedere, guarda. Se puoi guardare, osserva” (dal Libro dei Consigli).  

 

 SILVIO ROSSI  Consigliere LEGA NORD

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