Giustizia giuridica, ma ingiustizia politica…

GIUSTIZIA GIURIDICA, MA INGIUSTIZIA POLITICA 49 MILIONI IMBARAZZANTI

 

GIUSTIZIA GIURIDICA,

MA INGIUSTIZIA POLITICA 49 MILIONI IMBARAZZANTI

 In un suo articolo di due anni fa, il giornalista Luca Telese, affrontava il tema del famoso sequestro di 49 milioni alla Lega Nord esordendo con queste parole: “Non sono assolutamente un simpatizzante di Matteo Salvini, anzi, tuttavia considero preoccupante quello che sta accadendo ai famigerati 49 milioni del Carroccio che impropriamente vengono definiti “rubati”. Rimando alla lettura completa dell’articolo che potete trovare sul Blog di Telese, riassumendo in poche righe le perplessità del giornalista, che si riducono a pochi quesiti tra loro collegati, 

il primo, si può dire che la Lega ha veramente rubato 49 milioni?

 il secondo, i 49 milioni sono stati “tutti” ottenuti con false fatture?

 il terzo, la Lega di conseguenza deve restituire tutti i 49 milioni e quindi rischiare di non avere più risorse per la sua attività politica? 

 


 

A tutte queste domande Telese da risposte precise e documentate, ma a noi qui non interessa fare una difesa d’ufficio della Lega, ma chiarire alla opinione pubblica enormi difetti delle leggi sul finanziamento dei partiti, leggi che sono prodromiche di comportamenti che hanno provocato danni erariali a spese dei contribuenti, senza che nel contempo, fossero state utili ad una maggiore espressione democratica degli elettori. 

Cercherò di incastonare i fatti riguardanti il sequestro dei 49 milioni nel quadro delle leggi sul finanziamento pubblico dei partiti che rimane uno dei problemi che più abbia influito sugli esiti elettorali dai tempi di Tangentopoli ad oggi. 

Allora il finanziamento pubblico ai partiti, assieme alle quote di iscrizione e alla raccolta fondi, è una modalità attraverso il quale i partiti politici percepiscono i finanziamenti necessari per la loro attività politica. Il modello di finanziamento pubblico puro non esiste, perché gli ordinamenti affiancano la possibilità di finanziamento privato variamente regolato e limitato. Il finanziamento pubblico ai partiti è introdotto dalla Legge 2 Maggio 1974 n°195 sotto la legislatura Vll (Moro, Rumor, Andreotti). La legge impone l’obbligo di presentare un “bilancio” da pubblicare su di un quotidiano e con comunicazione al Presidente della Camera, che esercita un controllo “formale”, assistito da un “collegio di revisori ufficiali della Corte dei Conti”. Faccio soffermare l’attenzione sul carattere prettamente “formale” di questi controlli “ex post”, che lasciano ampi dubbi sulla loro veridicità. Il finanziamento era dato ai gruppi parlamentari per l ‘esercizio delle loro funzioni e per la attività propedeutica dei relativi partiti; facciamo attenzione su questa attribuzione, perché è lì che sono nati fraintendimenti che, nel corso della evoluzione delle leggi finanziamenti, hanno cagionato il reato di peculato che ha portato l’incriminazione della Lega e di tanti consiglieri regionali di tutti i partiti da destra a sinistra. E cioè il fatto che i finanziamenti sono dati ai gruppi per attività legata alla funzione pubblica di parlamentare o consigliere, e come tale sono fondi pubblici utilizzabili solo per fini istituzionali a mezzo iniziative partitiche, ovvio che se io ci compro sigarette, caramelle, regali per la moglie è peculato. Tenere presente, anche il fatto, che il 5% erano i finanziamenti ai gruppi e quindi se a fare una spese non giustificata era proprio un parlamentare o un consigliere, automaticamente si ricade a in peculato, diverso invece l’utilizzo del restante 95% che dovevano essere disponibili per attività elettorali, qui evidentemente il controllo non è automatico e la responsabilità ricade sul tesoriere che può non essere un parlamentare e consigliere per cui il controllo è quello di tipo formale a seguito di bilancio. 

 


 

Nel 78 abbiamo il primo referendum abrogativo proposto dai Radicali, per inciso va detto che i principali avversari del finanziamento pubblico dei partiti sono stati solo i Liberali e soprattutto i Radicali. Il referendum non passa. Nel 1981 VIII legislatura (governi Cossiga, Forlani, Spadolini, Fanfani), i finanziamenti vengono raddoppiati, si permettono finanziamenti da Enti Pubblici (grave), nuove forme di pubblicità dei bilanci con rendiconti annuali ma senza controlli effettivi (cioè perdura, anzi si aggrava l’indeterminatezza dei controlli). Nel 1993, nel clima di sfiducia verso i partiti dopo Tangentopoli, con un referendum promosso dai soliti Radicali e da Segni, vengono abrogate le norme sul finanziamento pubblico e privato dei partiti. Si sostituisce il finanziamento pubblico e privato dei partiti, riducendolo di molto e sostituendolo con un vago “contributo per spese elettorali” di soli 47 milioni per tutta la legislatura XI (governi Ciampi, Amato). Ma la cosa crea grossi problemi agli storici partiti rimasti dopo la purga di tangentopoli, per cui PDS e Popolari reintroducono il finanziamento pubblico ai partiti, sotto false spoglie, legge 3 Giugno 1999 n°157 XIII legislatura (governi Prodi, D’alema, Amato). Si chiamerà rimborso elettorale pur non avendo una attinenza con le effettive spese sostenute per le campagne elettorali. La legge 157 prevede 5 fondi per elezioni politiche europee, Camera, Senato, regionali, referendum, erogati in rate annuali per 193.713.000 euro, in più si stabilisce la possibilità di destinare il 4 per 1000 della propria dichiarazione dei redditi per il finanziamento. Inoltre l’obbligo della rendicontazione era limitato alle sole spese elettorali, per cui la Corte dei Conti poteva controllare solo quelle, questo aspetto va sottolineato perché ha avuto un ruolo discriminante nella inchiesta dei 49 milioni della Lega. 

 


 

Nel 2000, altro referendum abrogativo dei Radicali; anche questo non passa. Nel 2002 con la legge 156 XIV legislatura (governo Berlusconi), si ha la “proroga regalo” che modifica il fondo per i finanziamenti ai partiti che passa a 468.853.675 euro, infine con la legge 51 del 2006, XV legislatura (governo Prodi), con una manovra spregiudicata si stabilisce che i contributi non cessano con la caduta del governo ma continuano sommandosi  con quelli della nuova legislatura, i cosiddetti rimborsi multipli. 

Riportiamo ora uno specchietto, per rendere evidente l’ordine di grandezza dei rimborsi elettorali per i vari partiti principali, specchietto che dovrà poi farci pensare la “singolarità” del caso Lega nord, rispetto ad una situazione che interessa tutti gli altri partiti, perché di quelle cifre la Corte dei Conti poteva controllarne solo il 20%, e se vero si sono controllate e riscontrate spese non giustificate nel restante 80% della Lega, giusta denuncia di un militante lega nord, per cui si è condannata la Lega per peculato, non si ha la certezza che tutti gli altri partiti non abbiano usato in maniera non corretta il restante loro 80%, tra l’altro con cifre tre, quattro volte superiori, come diceva Andreotti “a pensar male si fa peccato, ma il più delle volte ci si azzecca”. Siccome il vulnus verso l’uso di denaro pubblico, è da tarare sulla entità della somma, appare evidente che non sono certamente i 3 milioni che i magistrati hanno potuto appurare come danno erariale della Lega in confronto al monte fondi complessivo di tutti i partiti non rendicontati che a occhio ammonta a 380 milioni… non so se mi spiego……, questo relativamente alla legislatura oggetto di inchiesta per la Lega Nord. 

Dati del finanziamento relativo 2008

Popolo delle libertà.     206.518.945

PD.                                 180.231.505

Lega Nord.                      41.384.550

UDC.                                25.895.850

Italia dei Valori.               21.649.225

Sinistra arcobaleno.        9.202.291

A maggiore sospetto che con l’inchiesta sui 3 milioni della Lega si sia vista la pagliuzza (intendiamoci senza mettere in dubbio la legittimità del giudizio),ma non si sia vista la trave del sommerso, poiché in mancanza della obbligatorietà dell’atto penale, verso gli altri partiti, perché negli altri partiti evidentemente non c’è stata nessuna denuncia di iscritti, sembrerebbe che ci sia stata regolarità di impiego, il che non elimina in linea di principio la possibilità del peculato (caso Greganti di tangentopoli insegna), in più segnalo che la Corte dei Conti dichiara che dei 2.253.612.233 euro complessivi di finanziamenti elettorali dal 94 al 2008 sono stati rendicontati solamente tra il 20 e il 25% del totale, cioè in parole povere di 1.750.000 non se ne sa niente, anche perché i nominativi dei partecipanti al Collegio dei revisori, nominati dal Presidente della Camera venivano scelti con il classico “manuale Cencelli”, uno per ogni partito interessato. Chiudendo qui, sia l’evoluzione in materia di finanziamenti perché supera il periodo che ci interessa relativo all’indagine sulla lega, basta ricordare il diverso trattamento riservato, su analogo caso, da parte della Magistratura, nel famoso e precedente caso della Margherita di Rutelli e Gentiloni, qui la Margherita, come la Lega, era stata truffata dal tesoriere Luigi Lusi (Senatore PD) che aveva sottratto 27 milioni di euro, ma il criterio adottato dalla Magistratura, ammesso che il vertice della Margherita a contrariamente alla lega si fosse costituito parte civile, è stato completamente diverso, diversità che non può non costituire, di fatto una ingiustizia politica nei confronti della lega, perché, nel mentre nel caso della Margherita, non solo non venivano confiscati tutti i rimanenti fondi elettorali ammontanti il doppio di quelli della lega, cosa che avrebbe annichilito la  Margherita, come invece è avvenuto per la lega, che infatti è stata condannata a restituirli, risultando di fatto, rischiandone la possibilità di sopravvivere economicamente, un vero e proprio tentativo antidemocratico di chiudere una voce della libera espressione politica.

 


 

Inoltre, se è vero che, essendo coinvolto nell’indagine oltre al tesoriere Belsito, anche Umberto Bossi, la sua famiglia e il cosidetto “cerchio magico”, per cui Matteo Salvini, chiaramente per riguardo del fondatore del partito, limitava la costituzione di parte civile alla sola figura di Belsito, è altrettanto vero che in  tal modo si é voluto marchiare tutto un movimento di milioni di elettori come una banda di malfattori, cosa che in linea di diritto doveva essere limitata alla persona del tesoriere in quanto gestore dei soldi pubblici, formalmente e giuridicamente ricade solo su di lui la responsabilità dando per non scontato, anche se la cosa può far sorridere, che altre persone  fossero consapevoli della fattispecie del reato, cosa del resto testimoniata dai  casi numerevoli di consiglieri regionali, come nel  caso della Regione Liguria, dove compaiono numerosissimi consiglieri di tutte le forze di sinistra e di destra, di diversa cultura, titolo di studio, perfino laureati in legge, che sono caduti come pere nell’utilizzo dei fondi del proprio gruppo per acquisti futili e non in relazione con l’utilizzo istituzionale, poi, mentre in questo caso avrebbero dovuto avere consapevolezza del reato perché trattandosi di fondi che per costituzione sono fondi istituzionali, quelli utilizzati da Bossi erano fondi per la campagna elettorale, quei fondi  che abbiamo visto venivano rendicontati solo relativamente al 20 %, per cui mi risulta difficile che i giudici siano riusciti a far risalire quei 3 milioni usati da Belsito proprio a quella parte del 20% necessitano di rendicontazione. Questo è il vero stato delle cose, ma verso Lega Nord si è voluto politicamente affibbiare una etichetta negativa, che se si fosse potuto rivolgere le stesse indagini verso gli altri partiti ne avremmo viste delle belle, ma il danno ormai è fatto.

 GIORGIO CALABRIA 

 

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