Galleria Conarte

 

Alla fine di ogni giorno, l’umanità tutta ha contribuito a creare montagne artificiali di spazzatura, le ritroviamo sotto immensi teli, sotto terra, lungo le strade che percorriamo solitamente , lungo le rive dei fiumi e nei mari, le incontriamo là dove vorremmo godere solo di  una natura incontaminata.   E’ la nostra realtà!; il nostro quotidiano che abitualmente ci creiamo comprando, consumando, buttando. Una corsa all’acquisto di cose, spesso inutili, create con l’inganno di migliorare la nostra vita;  oggetti che continuamente vengono modificati per migliorarne le funzioni e che pone il grave problema dello smaltimento di un volume enorme di scorie. Un’immondizia che l’Uomo vuole lontano da sè, nascosta alla vista e all’olfatto; egli desidera vivere in ambienti puliti e profumati, egli stesso deve essere odoroso e allora ecco quantità di shampoo, deodoranti, detergenti per la casa, sgrassatori e saponi per lavatrici che lavano più bianco del bianco che più bianco non si può.  E dunque ancora scatole e contenitori vuoti che vanno ad ingrossare la montagna di rifiuti. 

 Bruno Munari cristallizzò nella resina scarti di apparecchiature, di meccanismi , di materiali magnetici: “Archeologia del Futuro” Caccia grossa per l’archeologo del 6000. Vere Gordon Childe, famoso archeologo, scriveva alla fine degli anni ‘50: “Il bullone allentato che è caduto dalla mia auto questa mattina, la scatola di sardine, che ho accuratamente sotterrato dopo pranzo a Esher Common, e il cratere lasciato da una bomba tedesca, sono dati archeologici proprio come la lama a foglia d’alloro, rotta e gettata via da un cacciatore di renne solutreano … L’archeologo del 6000 potrebbe interpretare bulloni, scatole di sardine e crateri di bombe come documenti indicativi del tipo di veicolo usato sulle strade attorno a una grande città, delle abitudini di alcuni suoi cittadini e da azioni di alcuni sconosciuti nemici … Queste  sono le cose a cui si interessano gli archeologi … le azioni e i pensieri umani”.  I rifiuti raccontano e racconteranno la nostra vita, le nostre abitudini.                                          

Dario Tironi e Koji Yoshida di tutti questi abbandoni ne fanno sculture.   Un lavoro certosino di recupero, di catalogazione per oggetti, funzioni, forma, colori, materiali per poi farli rivivere, riciclati, in opere d’arte. Così nascono le sculture di questi due giovani Artisti che, ad un primo sguardo, possono sembrare geniali e fantasiose sculture dai colori accesi, ingegnosi e gioiosi giocattoli per adulti, singolari opere realizzate come in una composizione del famoso gioco del LEGO. Realizzate con i codici della nostra epoca, sono esse stesse testimonianza e denuncia, rimandandoci l’immagine della nostra civiltà: siamo ciò che consumiamo, da mattina a sera ogni nostro bisogno è accompagnato da un involucro, una confezione, cibi e oggetti che, una volta che ci hanno soddisfatti, vogliamo buttare e negare. Sculture composte da cose: osservandole, ognuno di noi, può riconoscere un oggetto o parte di esso che nella sua vita ha posseduto o usato.  

  Tironi e Yoshida ci inducono inoltre ad un’altra considerazione, spingendoci a pensare a quanto l’ umanità sia comunque contaminata dalla tecnologia e di quanto non ne possa più farne a meno. I video giochi, i computer, i telefonini ci appartengo e già fin da ora il progresso della bio-ingegneria ha prodotto scoperte che correggono il funzionamento di organi o sostituiscono parti del corpo umano con trapianti ed innesti di chip, pace-maker, valvole e arti artificiali. L’essere umano si appropria degli oggetti che esso stesso crea, se ne autoalimenta e si autosostituisce, l’uomo bionico non è fantascienza, fa già parte del nostro futuro molto prossimo e, tutto questo sicuramente modificherà la percezione dell’uomo, come anche la sua natura ed i suoi sentimenti.sp;Le opere di Dario Tironi e Koji Yoshida sono sculture ma anche entità che, immobili, con la loro realtà oggettiva, vogliono indurci alla riflessione. 

Isabella Del Guerra

 

Koji Yoshida,  biografia 

 

Koji Yoshida nasce a Varese il 1982, frequenta l’accademia di belle arti di Brera. Il suo percorso artistico focalizza l’attenzione sullo squilibrio sempre maggiore e sempre più evidente tra uomo e natura. Presso l’accademia conosce Dario Tironi con il quale realizza delle opere in collaborazione con lo pseudonimo Crash Toys. Le loro opere rispecchiano la nostra società, dove l’accrescere di mezzi e comodità provoca conseguenze non gestibili, che si palesano e prendono visibilità solo al momento dell’estremo fastidio o sotto forma di catastrofi; società dove l’inquinamento invade anche la natura stessa dell’uomo alterandone le sue strutture ed inquinandolo all’essenza. L’artista ripropone con sensibilità artistica tematiche ambientali e sociali, proponendo al fruitore opere che mascherano con la loro eleganza problematiche latenti.

 

Attualmente vive e lavora a Bergamo.

 

Esposizioni collettive:

-artshot 2004 (Crema),

-Giovane scultura a Brera 2004 (Milano),

-“verdarte” Verdellino (BG) ’06,

-“Morbo” (MI) ’06,

-“fatti d’arte” ’06,

-“Io, rifiuto” ‘07 e “uno nessuno centomila” ’08 c/o castello Colleoni di solza (BG),

-“ri-creazione” Castelfranco (MO) ’08,

-concorso “Edgardo Mannucci” Arcevia (AN) e Milano c/o palazzo del pane ’08,

-“artelaguna”, vincitore premio speciale, (VE) 2010,

-“OPEN”, esposizione internazionale di sculture e installazioni, (VE) 2010,

-“Riciclarti 2010”, cantiere arte ambientale, (PA) 2010,

 

-“Arte a confronto”, collettiva presso Galleria Centrale, S, Bonifacio (Vr), dicembre  2010, in collaborazione con Arte Sgarro

 

-“Ecomondo”, collettiva di Ecoart project, fiera di Rimini, novembre 2010, a cura di Martina  Cavallarin

-“Riciclarti 2011”cantiere arte ambientale, Padova, 2011, a cura di Marisa Merlin

-“Pesarottama”, intervento installativo, Pesaro 2011, a cura di Martina cavallarin

Esposizioni personali:

-“Realtà oggettiva”, Galleria Gagliardi,  San Giminiano (SI), 2010

-“Variazioni estetiche”, museo di Casole, (SI)

 

 

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