Fuor di cornice (ovvero ciò che spesso non si dice) su: SANT’AMBROGIO

Il 7 dicembre si festeggia sant’Ambrogio.
Le solite cose che di lui si dicono nell’anniversario della sua consacrazione a vescovo, sono per lo più quelle che già si sanno, e cioè che senza le sue prediche sant’Agostino non si sarebbe convertito al cristianesimo; che costrinse Teodosio imperatore ad inginocchiarsi e a chiedere perdono per la strage di Tessalonica; che rese forte la diocesi di Milano tanto da renderne indipendente il rito (ambrosiano, appunto) da quella di Roma, che vinse la sua battaglia contro gli eretici…
Questo il quadro.

Ma Ambrogio è tutto e solo questo? Che cosa viene lasciato fuori cornice? C’è un non detto della rappresentazione agiografica e, spesso, storica?
Dalle fonti storiche, per esempio dalle lettere scritte dallo stesso Ambrogio, sì. E tanto.
Ma ci limiteremo solo ad una vicenda in quanto è più delle altre emblematica di una mentalità che informerà di sé tutto il medioevo, molto più del crollo dell’impero romano d’Occidente, il quale ultimo è poco più, in realtà, e ormai tutti gli storici sono d’accordo al riguardo, di una data di molta appariscenza e di poca sostanza.
E dunque qual è questa vicenda?

Città di Callinicum. Siria, provincia romana. 388 d.C.
Un gruppo di cristiani, forti del fatto che giusto otto anni prima la loro è stata dichiarata religione di Stato, si scatenano, e capeggiati da un vescovo, danno alle fiamme una sinagoga.
Gli ebrei del luogo ovviamente reagiscono, appellandosi alla legge.
Possono farlo perché è vero che l’imperatore Teodosio ha emanato il famoso editto che porta il suo nome, editto in cui si proclama, appunto, come il cristianesimo sia da considerarsi religione di Stato, ma ha anche concesso ai giudei di continuare a praticare la loro religione.
Perciò il governatore romano che è responsabile per Callinicum e cui di conseguenza la comunità ebraica del luogo si rivolge, decreta, non senza aver informato l’imperatore, che la sinagoga deve essere ricostruita, e a spese del vescovo che l’ha bruciata.
La cosa sembrerebbe finire lì, senonché essa viene alle orecchie dell’uomo in quel tempo più potente al mondo: Aurelio Ambrogio, vescovo di Milano.

A questo punto è necessario premettere come dopo la morte del suo predecessore, l’ariano Aussenzio, egli venne eletto vescovo per acclamazione. Si racconta infatti che nella chiesa dove la gente si era radunata al fine di dibattere se il nuovo vescovo dovesse essere di fede ariana come Aussenzio, oppure di fede nicena, un bambino, colpito dal comportamento equanime di Ambrogio nella sua veste di governatore della provincia Liguria et Aemilia (che all’epoca comprendeva anche Milano), a un certo punto abbia gridato: “Ambrogio vescovo!”.
Sembra allora che gli astanti abbiano individuato nella voce del bambino la voce dell’innocenza che non mente, e tutti insieme, in coro ed in accordo, abbiano preso a scandire:”Ambrogio vescovo! Ambrogio vescovo!”. E così fu.
Anche se nell’immediato egli non si rese disponibile, cosciente com’era di non essere ancora battezzato e di non avere alle spalle una cultura teologica.

Per palesare la sua indegnità ai milanesi, appositamente frequentò delle prostitute e altrettanto appositamente fece torturare delle persone cui erano state semplicemente mosse delle accuse. Neppure la fuga da Milano lo scampò dal pericolo.
L’insistenza della gente e una specie di diktat di Valentiniano I, lo indussero ad arrendersi a quello che lui cominciava a pensare come al destino riservatogli da Dio, e nel giro di una settimana si ritrovò battezzato e vescovo.
Inizialmente si mostra super partes per non esacerbare la situazione politica di una Milano che in quel momento, e fino al 402, resterà capitale dell’impero, ma poi, dal 378, quando il suo potere è consolidato, viene allo scoperto manifestando sempre più marcatamente la sua scelta di osteggiare ed ostracizzare gli ariani.
Quanto gli sia servito per riuscirci avere una rivelazione (come sostiene la sorella Marcellina, poi dichiarata santa) o un presentimento (come sostiene lui stesso) di far cercare e di personalmente riconoscere nei pressi della chiesa milanese dei santi Nabore e Felice due corpi decapitati come resti  dei due martiri della persecuzione neroniana di trecento anni prima, Gervasio e Protasio, di cui praticamente nessuno prima aveva mai sentito parlare, o di riconoscere nel morso di un cavallo uno dei chiodi della crocifissione di Cristo, non si sa, ma certo furono episodi che contribuirono non poco nello scontro, vincente, che ebbe con l’imperatrice Giustina sull’assegnazione di una basilica agli ariani.
Fu una delle diverse vittorie che ottenne per giungere al suo obiettivo di stabilire che il potere dell’imperatore da allora in poi doveva considerarsi parte della chiesa, e non sopra la chiesa.
Data l’acquisizione di un tale potere  che poggiava soprattutto su un favore popolare abilmente suscitato, addirittura potrà richiedere a Giustina di convocare un concilio ad Aquileia con il chiaro intento di far condannare due vescovi ariani a lui invisi.
L’imperatrice cedette alle sue richieste e il concilio si tenne, ed ebbe gli esiti da Ambrogio sperati, anche perché ai due vescovi coinvolti Ambrogio fece in modo che non giungesse la convocazione.
Ora possiamo ritornare, un po’ più consapevoli del contesto, alla sinagoga di Callinicum, e constatare che i cristiani che l’avevano distrutta non la ricostruirono.
Questo fu possibile perché all’ordine dell’imperatore Teodosio seguì un contrordine del medesimo, dopo che ebbe ricevuto tramite lettera le rimostranze indignate del potentissimo Ambrogio.
Quest’ultimo sosteneva che chi aveva bruciando la sinagoga, lo aveva fatto in nome della vera fede, per cui non era stato in realtà commesso nulla di male e anzi si trattava di un atto glorioso, che lui condivideva al punto da assumersene la responsabilità. Ecco perché poteva scrivere:
“Il luogo che ospita l’incredulità giudaica sarà ricostruito con le spoglie della Chiesa? Il patrimonio acquistato dai cristiani con la protezione di Cristo sarà trasmesso ai templi degli increduli?…Questa iscrizione porranno i giudei sul frontone della loro sinagoga: – Tempio dell’empietà ricostruito col bottino dei cristiani -… Il popolo giudeo introdurrà questa solennità fra i suoi giorni festivi…”.

FULVIO BALDOINO

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