Free economy e mal sociale

FREE ECONOMY E MAL SOCIALE

FREE ECONOMY E MAL SOCIALE

Nella lingua inglese free ha un doppio significato: libero e gratis. E ambedue ben si prestano all’attuale impostazione dell’economia, salvo risultare fuorvianti ad uno sguardo meno superficiale. La progressiva marcia verso la gratuità, cui Internet ci ha abituati, nasconde dei costi sociali che hanno mostrato tutta la loro dirompenza. Tutti abbiamo salutato con puerile soddisfazione il nascere di vari programmi che ci permettevano di non pagare più musica, film e ogni altra forma di intrattenimento grazie alla generosità della rete. Nello scaricare avidamente tutto quanto ci veniva offerto, come in un protratto banchetto di nozze, tacitavamo una voce interna che ci chiedeva come fosse possibile che tanti autori (ed editori) riuscissero a campare se invece di vendere regalavano il loro talento. 

Mentre ci abbuffavamo, notavamo distrattamente la chiusura di tanti negozi di CD musicali e film in DVD, i cui antichi clienti ora ricevevano tutto a casa senza spendere un soldo. Affari loro, è il progresso della tecnologia, sentenziavamo malignamente.


Vasco a Modena. I megaconcerti a pagamento compensano la musica gratis in rete
 

In effetti, la salvezza era riservata ai pochi che, incuranti dei magri incassi commerciali, avevano puntato tutto sui concerti live in grande stile. Per restare in piedi, ci volevano due requisiti: grande popolarità e robusti investimenti per allestire mega arene in grado di accomodare cinquanta, cento, duecentomila persone e oltre, come nell’epico raduno modenese di Vasco Rossi. Bisognava insomma essere in grado di riempire stadi di calcio. Non a caso, il calcio proseguiva indisturbato la sua marcia trionfale proprio grazie ai biglietti dei botteghini e alla mostruosa capienza delle sue moderne arene. Il cinema, invece, non aveva paragonabili capacità attrattive; e, uno dopo l’altro, le mono-sale chiudevano tristemente i battenti o si concentravano in multi-sale, seguendo l’andazzo dei piccoli negozi, nella loro inesorabile resa ai supermercati.


Internet: ingresso virtuale gratis nel Paese dei Balocchi

La società dei piccoli imprenditori, sino a pochi anni addietro spina dorsale d’Italia, cedeva il passo ai grandi conglomerati. Si era venuta creando una fondamentale biforcazione: mentre il digitale regalava i suoi prodotti di evasione, come in un novello Paese dei Balocchi, trasformandoci in tanti Pinocchi, l’offerta dei beni concreti, indispensabili alla vita, o alla sopravvivenza, era delegata a sempre più ciclopiche SpA quotate in Borsa, le quali continua(va)no imperterrite a emettere scontrini alla cassa e bollette sempre più care al nostro domicilio. In sintesi: ti omaggiamo del dispensabile e ti strozziamo con l’indispensabile, con tanti saluti alla libertà di scelta. Gli “omaggi”, in verità, non si sono limitati agli eterei prodotti digitali, ma hanno potuto estendersi ai beni fisici, purché frivoli. A tanto ha provveduto l’improvvida apertura dei mercati a nazioni dove lavoro e schiavitù sono sinonimi (per tacere dei guasti all’ambiente: vedi la recente uscita in libreria di “Siete pazzi a indossarli!”). 

Prezzi per tutti? Veleno per tutti!
 
E qui si cominciano a vedere i costi latenti di tutti gli omaggi di cui siamo gratificati. 
I regali digitali, si scopre, sono sì regali, ma molto più consistenti da parte nostra che da quella degli “elargitori”. I quali, giorno dopo giorno, sanno di noi assai più degli organi di polizia o dell’Agenzia delle Entrate; ed usano fraudolentemente i nostri gusti, in ogni campo, sesso compreso, per convogliarci un mare di pubblicità mirata da parte delle aziende a cui hanno venduto i nostri dati. Un meccanismo tanto semplice quanto colossale, visto il regime smaccatamente monopolistico dei giganti del web (e monopolio è l’antitesi della libera concorrenza), che in campo fisico hanno ammazzato chi osava resistergli: certi articoli li trovi solo su Amazon, e-bay, Alibaba e consimili. 
Il mix di questi trucchi, che vanno dalla falsa gratuità digitale al cannibalismo commerciale e alle delocalizzazioni, nella spasmodica tensione neoliberista verso il prezzo zero di prodotti sempre più inutili e, di converso, verso il continuo lievitare dei prezzi dei beni primari, ci ha portati all’attuale situazione di estrema precarietà e quindi a quel “mal sociale” che sempre più caratterizza le nostre esistenze. 

 


Come in mare, i colossi del web divorano ogni attività minore
 

Ci hanno talmente stremati, in 5 anni di governi illegittimi a guida PD, che ci siamo aggrappati a chiunque promettesse un’inversione di tendenza, e cioè la priorità dei problemi della gente rispetto a quelli di banche e multinazionali (che sono poi la stessa cosa). E abbiamo votato di conseguenza.

Oggi, un mese e mezzo dopo aver premiato gli alfieri del cambiamento, cosa vediamo? Un proditorio ripensamento, col primo partito, M5S, che pretende di governarci a condizioni quanto mai lontane dalle promesse, come evidenziato da chi (Il Foglio) s’è preso la briga di confrontare il suo monumentale programma elettorale con le dichiarazioni odierne del suo leader, Luigi Di Maio. 


Incassati 11 milioni di voti per cambiare, il M5S si rivela oggi pro €, UE e NATO

 

Il secondo partito, la Lega, non arriva a tanto, ma ha smesso di criticare la corresponsabilità dell’euro nel ridurci nella misera condizione in cui ci dibattiamo; e non enfatizza più la flat tax. Ha perso insomma la virulenza pre-elettorale, di cui abbiamo un dannato bisogno, sperando di vederla finalmente tradotta in coraggiose azioni. Abbiamo estrema necessità di una guida che faccia finalmente gli interessi dell’Italia e che non abdichi ogni giorno ai voleri dell’UE o dei “mercati”(ammesso che siano tanto diversi). Siamo affranti dall’esperimento neoliberista, varato alla grande con l’inizio del millennio; e vogliamo sentire qualcuno che interpreti il nostro ripudio, gridandolo in faccia a quanti ancora accarezzano gli stessi poteri che ci hanno spogliato di ogni sovranità. 

Invece, è un penoso ascolto di persone, come Cacciari, Travaglio e chiunque altro ha libero e reiterato accesso in TV e sui giornali e giornaloni, che predicano la realpolitik, e quindi ragionano all’interno di quegli stessi schemi che hanno ridotto l’Italia ad un Paese in svendita. Col sorrisino sulle labbra, denigrano tanto il reddito di cittadinanza targato M5S, quanto la flat tax del centro-destra: utopie! Per loro la realtà è solo quella che porta all’oppressione di un popolo, quasi una piaga biblica inevitabile, mentre ogni altro scenario, che cerchi di rimediarvi e opporvisi è utopia. Dicono cioè le stesse cose dei banchieri, per i quali sembrano essere in servizio permanente effettivo.

 

 Uno fra i tanti lavoretti per giovani:
convincere gli utenti a cambiare provider, a condizioni invariate

Hanno mai provato costoro a calarsi nei panni di un giovane di oggi –e per giovane intendo fino ad almeno 40 anni- che cerca disperatamente un lavoro e trova solo porte chiuse o lavoretti del tipo: promotore di contratti telefonici per conto di agenzie esterne di TIM, o società equipollenti. Agenzie esterne, si noti, secondo l’andazzo che una grande società, che già paga poco i suoi dipendenti, fissi o precari, paga ancor meno dei sub contractor esterni, e attenua così i già scarsi rischi di contestazioni. Bene, il volonteroso giovane comincia a girare, con auto propria, anticipando le spese e accettando –prendere o lasciare- un pagamento ex post a 60 giorni (che ha senso solo per un negozio, che conta di ripagare con gli incassi), che poi diventano magari 90. Per fare cosa? Per collocare contratti su una zona ampia come la Liguria; contratti che si scoprono essere una sorta di “partita di giro”: non c’è vantaggio alcuno nel cambiare gestore (un po’ come cambiare marca di benzina), tant’è che l’inutile simulacro dell’Authority per le comunicazionimulta i vari gestori in quanto parte di un cartello che fissa prezzi e condizioni, e se ne infischia delle multe, infime rispetto ai guadagni. L’occasione buona era sembrata la legge che obbliga a passare dalla fatturazione ogni 4 settimane a quella mensile. Ma il cartello s’è adeguato, in beffa alla legge, alzando i prezzi in proporzione (l’unico provider che ha rispettato la legge è stato Tiscali): non si scappa dal nodo scorsoio delle major, che non necessitano di delocalizzare: il loro bengodi è già qui.

 


 Scoppio ritardato: il PD scopre oggi lavoro e famiglia, dopo averli bastonati per anni

Questo è solo un esempio di cosa trova oggi un giovane che non voglia vivere dell’elemosina di genitori o parenti. Altro che choosy! Sembra un sarcasmo sentire il PD, maggior responsabile dell’attuale miseria, invocare oggi la priorità di “lavoro e famiglia”. Ecco, il lavoro abbiamo appena visto qual è; e, quanto alla famiglia, come fa un giovane in quelle condizioni, oggi maggioritarie, a metter su casa e fare persino un figlio? Ah, pardon, dimenticavo le start up: dai, inventati un lavoro! In TV fanno orgogliosamente vedere quante hanno avuto successo. Peccato che siano nel campo dello zero virgola…

 

Siti analizza le insidie della marcia di massa verso la gratuità

Walter Siti, prodigo scrittore di tanti romanzi d’eccellenza, ha voluto “scendere” sul vile terreno dell’Italia di oggi in uno snello e denso libretto, “Pagare o non pagare”, dove affronta, con un misto tra ironia e disgusto, a cosa ci siamo ridotti per l’ostinato servilismo verso il fallimentare sistema neoliberista che impazza da oltre 20 anni. Siti appartiene alla mia generazione, e quindi ha potuto assistere con sconcerto allo spolpamento della nostra ricchezza, culturale e materiale, mentre media e politici ci propina(va)no i loro inconsistenti problemi, dimenticandosi totalmente dei nostri, per risolvere i quali sono pagati, anzi strapagati. Se, come auspico, si tornerà a votare, prevedo un crollo del M5S e di Forza Italia, “garanti dell’esistente”, e una tumultuosa crescita di Lega e Fratelli d’Italia, se resteranno fermi sulle loro posizioni pre-elettorali. 

Marco Giacinto Pellifroni   22/04/2018

 

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.