Flussi migratori, tra menzogne e opportunismi

Flussi migratori,
tra menzogne e opportunismi

 
Flussi migratori, tra menzogne e opportunismi

Paolo Bongiovanni

 “Invasione” ed “emergenza immigrazione”, si intensificano gli arrivi e le testate ricominciano ad abusare di questi termini, però a smentire i toni allarmistici ci sono i dati ufficiali:

Le rilevazioni di Unhcr e del ministero dell’Interno sugli arrivi lungo la rotta mediterranea ridimensionano notevolmente questi allarmi.

 Ma facciamo un passo indietro e analizziamo il contesto politico:

Il crollo del comunismo ha oggi distrutto la nicchia protettiva che mascherava i nostri limiti politico-culturali e ingessava i frammenti di una nazione largamente incompiuta, il tracollo del comunismo all’Est, rischia di trascinare con sé anche l’insieme geopolitico che gli europei, in special modo i britannici, quasi imposero agli Stati Uniti di costruire sulle ceneri del nazifascismo. 

 Per mezzo secolo l’Europa si è lasciata americanizzare, mentre l’America ha accettato di lasciarsi parzialmente contaminare dal Vecchio Continente, se il futuro si potrà tracciare nonostante la Brexit, anche nel clima di latente disimpegno americano dell’Europa, esso si radicherà solo nel processo di apprendimento che tutte le democrazie continentali sono chiamate ad avviare per essere all’altezza delle loro nuove responsabilità.

Per quanto riguarda i rapporti con la nuova amministrazione americana non sono buoni, ma fortemente caratterizzati da una velata freddezza, una specie di cortina fumogena che assume pesantezza soprattutto nei rapporti con Mosca, di fatto l’UE resta in mezzo completamente coinvolta nella contrapposizione geopolitica odierna.

Ciò presume un impegno specialmente doloroso per l’Italia, che in questa competizione sopporta il peso del suo ritardo di cultura nazionale e di pensiero geosociopolitico, la partita in casa nostra si gioca ultimamente sui contrasti dovuti ai flussi immigratori che la nostra nazione si trova a ricevere.

Ma chi sono e da dove vengono i 59 milioni di rifugiati del Mondo?

E soprattutto quanti sono i migranti e rifugiati sbarcati in Italia?

Dopo tante sparate fatte dai politici di turno, alle quali l’Italiota si beve anche il contenitore, analizziamo bene i dati ufficiali, nel 2016 i flussi sono stati caratterizzati da arrivi imponenti; confrontando i numeri con quelli del 2015, però, si nota che non è possibile stabilire un trend di aumento.

Nel 2015 circa un milione di persone ha attraversato il Mediterraneo, si tratta del dato più alto di sempre, pensate che erano 216 mila nel 2014, 60 mila nel 2013 e 22 mila nel 2012, di questo milione di persone, 856 mila sono sbarcate in Grecia.

Secondo i dati Unhcr, tra il 1 gennaio e il 31 dicembre 2016 sono sbarcate in Europa 361.678 persone, di cui 173.447 in Grecia, si tratta per cui di un dato inferiore del 64% rispetto a quello del 2015, quando erano arrivate appunto un milione di persone.

In Italia nel 2015 arrivarono 153 mila persone, nel 2016 181 mila, il 18% in più. 

C’è da dire però che il 2015 è stato un anno record; i migranti arrivati nel 2016 hanno eguagliato in numero quelli arrivati tra il 2011 e il 2014 compresi. 

Migranti e rifugiati sbarcati in Italia: da dove vengono?

I migranti e rifugiati sbarcati in Italia nel 2016 provengono soprattutto da:

Nigeria (15%), Gambia (10%), Somalia (9%), Eritrea, Guinea e Costa d’Avorio (8%).

La spinta all’emigrazione da questi paesi deriva da fattori di instabilità politica e sociale.

L’Eritrea (20% degli arrivi totali del 2015) è dominata da più di vent’anni dalla dittatura del presidente Isaias Afewerki; tra le cause della fuga, oltre alla mancanza di libertà civili e politiche, c’è la prospettiva del servizio militare, obbligatorio per uomini e donne dai 17 anni e di durata potenzialmente illimitata a piacere del governo paramilitare.

In Somalia (14% del totale degli sbarchi 2015), dopo oltre 25 anni di conflitto civile, la minaccia maggiore è rappresentata dai miliziani di al-Shebaab, autori negli ultimi mesi di sanguinosi attacchi terroristici nella capitale.

Le incursioni di Boko Haram, invece, sono le principali responsabili della emigrazione dalla Nigeria, un Paese in cui il solo 2015 ha fatto registrare quasi 11mila morti violente perpetrate in gran parte in vere e proprie stragi a sfondo religioso, dove machete (come in Ruanda) e kalashnikov la fanno da padroni.

La gran parte dei flussi migratori diretti in Italia, quindi, ha origine in Africa, mentre, dopo l’esplosione del 2014, è crollato il numero dei siriani in arrivo.

In questo senso, è interessante notare che l’accordo Ue-Turchia sui rifugiati non ha avuto, per ora, ripercussioni sull’Italia, stando alle rilevazioni di Frontex e dell’Unhcr, ad aprile 2016 gli arrivi in Grecia sono diminuiti del 90% rispetto a marzo, per crollare ulteriormente a maggio. 

Se a smentire questa possibilità non basta il dato numerico (“solo” 18mila arrivi via mare a maggio, in calo rispetto al 2015), un rilievo ulteriore riguarda la composizione dell’immigrazione in Grecia, nel 2016, il 49% dei migranti e rifugiati approdati sulle isole greche proveniva dalla Siria, il 26% dall’Afghanistan, il 16% dall’Iraq, al contrario, la stragrande maggioranza degli sbarchi in Italia riguarda migranti dell’Africa sub-sahariana.

Ad ulteriore conferma del fatto che oggi, nessuna nuova rotta si è mai aperta dal Medio Oriente verso l’Italia, c’è la provenienza delle imbarcazioni:

nel 2016 l’82% dei migranti è partito dalla Libia (l’89% nel 2015), la rotta libica sembra cedere il passo a nuovi percorsi, in partenza da Tunisia (5,5% contra lo 0,36% del 2015), Egitto e Algeria (5%).

Il rafforzamento della rotta egiziana può spiegarsi con le tensioni tra il governo italiano e quello del Cairo, lo spostamento verso Algeria e Tunisia, invece, è l’effetto della pericolosità della rotta libica, determinata da un lato dall’operazione EunavforMed, che presidia il tratto di mare davanti alla Libia (dal 7 ottobre sono state distrutte 110 imbarcazioni e segnalati quasi 70 trafficanti), dall’altro lato la stabilizzazione della Libia sotto il governo di Fayez al Sarraj potrebbe risolversi in una maggiore collaborazione con l’Ue per prevenire le partenze. 

È la condizione di circa 59,5 milioni di persone nel 2014, aumentate del 31,63% rispetto al 2012 e del 58,66% rispetto a dieci anni fa, in altre parole il mondo è diventato più violento ed insicuro nell’ultimo decennio e l’effetto più immediato è l’incremento del numero di coloro che fuggono. 

Il tema dei migranti sarà naturalmente in cima all’agenda europea anche per il 2017, già nel corso di tutto il 2016, è stato al centro di campagne elettorali e discussioni politiche, con formazioni che hanno costruito il proprio crescente consenso elettorale su questo tema in ormai tutti i paesi europei.

La denuncia del procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, che ha raccontato in Parlamento tutti i suoi dubbi e le perplessità quanto al lavoro delle navi umanitarie che stazionano di fronte alla Libia e caricano a bordo migliaia di migranti, ha convinto la Commissione Difesa del Senato che era necessario avviare immediatamente un’indagine conoscitiva.  

Oggi la polemica contro le ONG (Organizzazioni non governative) ferve sui quotidiani politici ed avvelena gli animi con frasi, notizie, video ad effetto anche da parte di testate giornalistiche televisive (stranamente sempre le solite di Mediaset), che oltre che dare la responsabilità della microcriminalità ai migranti presenti in Italia, cercano di colpevolizzare le stesse organizzazioni, perchè vanno con il bene placido dell’ONU (pronto a rinnegare l’ufficialità),  a prendere i barconi nelle acque territoriali dei paesi nordafricani (a loro rischio e pericolo), anche se fosse totalmente vero, quale sarebbe lo scandalo?

Il sospetto, per ora però, solo supposizioni,  verte dopo le parole di Zuccaro, su un ipotetica pista  investigativa, sull’argomentazione che forse qualcuna tra le ONG sia finanziata da chi ha interesse ad alimentare il flusso dei migranti. 

Si sta a fare i conti della serva, su quanto costa andare a salvare delle vite, affittare le navi alle ONG, si spulciano i conti, una cosa vergognosa.

Nel mentre scoppiano queste polemiche, di migranti, che vengano salvati oppure no, ne continuano a morire lo stesso, perchè affrontano i flutti e il mare con bagnarole stracolme, quindi le ONG cosa doverebbero fare? 

Come tutti i politici o gli ipocriti che argomentano o si limitano a fare versamenti su improbabili conti correnti, per ripulirsi la coscienza in attesa fermi ed immobili che le nazioni (comprese quelle nordafricane e africane) facciano qualcosa?

Oppure provare a salvare più vite possibili, anche rischiando la propria?

 E questi sono i numeri: 20.674 persone raccolte in mare dall’1 gennaio al 22 marzo di quest’anno, 42,66% in più rispetto agli stessi giorni del 2016. 

Staremo a vedere che cosa uscirà dagli interrogatori e dalla commissione d’inchiesta.

In Italia, quando si parla di Libia si pensa al colonialismo perduto, ed il paese nordafricano conta soprattutto per i nostri interessi economici che non siamo ancora una volta stati in grado di fare valere con gli altri Stati Europei e gli Usa, ed ora ce lo ritroviamo come porta di partenza dei fantomatici “milioni” di africani pronti a invaderci ed “africanizzarci” che poi non si materializzano mai.


La realtà è invece di soli circa 150 mila migranti annui arrivati attraverso la Libia dal 2014 a oggi, cosa purtroppo fattibile con la caduta del Colonnello Gheddafi ed alla cessazione del trattato di amicizia firmato nel 2008 col dittatore, fino a quell’anno l’immigrazione attraverso la Libia era controllata e quasi ridotta allo zero.

La Libia di oggi è un paese assai diverso da quello con cui l’Italia firmò il trattato, e così è per l’Egitto e la Tunisia, così come l’Algeria, ad eccezione del Marocco, fuori dai cori ed un vero Eden, politico e sociale tra gli stati del Nord Africa. 

In Libia, due governi rivali si contendono la guida del Paese, e gli jihadisti dell’Isis sono entrati nel conflitto, il caos ha dato ai trafficanti di uomini la libertà di sfruttare i migranti e gli interventi delle autorità sono inadeguati.

La Ue e l’Onu sperano che si possa giungere a un accordo politico che porti stabilità in Libia, ma i negoziati finora non hanno fatto molti progressi, in più c’è molta riluttanza a un intervento militare europeo.

Negli ultimi cinque anni sono nati 15 nuovi conflitti nel mondo:

otto in Africa, tre nel Medio Oriente, uno in Europa e tre sul Continente Asiatico, oltre ad le ancora presenti situazioni di enorme degrado di alcune zone nel continente americano.

A questa drammaticità va aggiunta quella dei migranti interni (come gli Afghanistani o i Somali): persone che non trovano pace e continuano a muoversi dentro il proprio Paese.

Molti credono che solo i profughi Siriani abbiano il diritto di essere considerati dei rifugiati, ma non è così, comunque è chiaro che la situazione in Siria sia attualmente la più grave, dal 2011 il conflitto ha reso sfollate oltre 10 milioni di persone, fuggite dalle loro città in altre aree del paese o nei paesi vicini, quella siriana è la peggiore catastrofe umanitaria attualmente in corso.

Uno dei tanti campi di accoglienza UNHCR sparsi per il mondo

I continui combattimenti, l’emergere di Daesh, i bombardamenti del regime hanno raso al suolo il paese, chi è potuto fuggire lo ha fatto e ad oggi si trova in condizione di sfollamento e rifugio.

I rifugiati siriani in Giordania, Iraq, Libano e Turchia sono almeno 4 milioni, ma solo in qualche migliaio stanno cercando di raggiungere l’Europa, tra loro un’intera generazione di bambini rischia di essere “perduta”, la guerra è

l’orizzonte quotidiano che riempie il loro sguardo, se i bambini sono il futuro, i bimbi Siriani non hanno più nulla, casa, scuole, protezione e a molti manca anche una famiglia.

Questi sono i dati, inconfutabili eppure, in Italia non si fa altro che esasperare gli animi con discorsi populistici, miscelando la sicurezza nelle strade e abitazioni che manca costantemente nelle città, con il problema dei migranti.

Per contro c’è una grande umanità che rispeccheia l’Italiota e ci sono ricorrenze, numeri e situazioni che non possono lasciarci indifferenti, come per il Family Day che ha occupato il dibattito nazionale per un intero giorno, (un record) e per molti, le parole “civiltà”, “dignità” sono diventate, sempre per un giorno, un imperativo, soprattutto sui social.

Il World Refugee Day è stato istituito nel 2001 in occasione del 50° Anniversario della Convenzione sullo Status dei Rifugiati, la data del 20 Giugno coincide con L’Africa Refugee Day e non è assolutamente da confondere con la Giornata Internazionale dei Migranti (che è invece il 18 Dicembre) e il motivo è semplice: non si parla della stessa categoria di persone.

Un rifugiato è, infatti, “una persona che temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o opinioni politiche, si trova fuori dal Paese di cui ha la cittadinanza, e non può, o non vuole, a causa di tale timore, avvalersi della protezione di tale paese”.

Per cui in sostanza, è un individuo che rischia di non vedere il giorno successivo soltanto perché cittadino di un determinato Stato.

Prima dell’Italia che risulta solo settima nella classifica dei paesi “invasi”, vi sono in ordine stati come:

Grecia, Turchia, Libano, Giordania, Pakistan, Iran.

Mentre i Paesi di provenienza sono, in ordine:

Siria, Afghanistan, Somalia, Sudan, Sudan del Sud, Repubblica Democratica del Congo, Myanmar, Repubblica Centroafricana, Iraq e Eritrea,  Niger, Nigeria.

Ma in Italia ci ritroviamo costantemente tra i migranti, seppure in forte calo molti individui provenienti da stati centrafricani non direttamente paragonabili alle condizioni negative degli altri, quali:

Mali, Senegal, Togo, Tchad, in certi casi spetterebbe per cui una vigilanza più restrittiva in quanto non potranno mai avere queste porsone la condizione di rifugiati, ma nello stesso tempo per le evidenti falle del sistema, non potranno per ora essere ricondotte in patria.

Il numero degli sfollati interni ha, nell’anno 2014 dei cosiddetti displaced per conflitti, violenze o violazioni dei diritti umani, raggiunto quota 38,2 milioni, la maggioranza dei quali non sono mai arrivati in Europa ma sono fermi in Iraq, Siria, Rep. Dem. Del Congo, Sudan, ma anche Repubblica Centrafricana, Bolivia e Colombia.

Le guerre in corso in Siria e Iraq hanno scatenato un vero esodo, i Paesi vicini alla Siria hanno ospitato tre milioni di rifugiati e ci sono milioni di profughi all’interno della Siria.  Molti continuano ad affrontare il pericoloso viaggio dal Corno d’Africa e le angherie de trafficanti in Libia, la guerra ha sconvolto la Somalia e molti migranti sono veri richiedenti asilo, nel caso dell’Eritrea, molti ragazzi fuggono dal servizio militare obbligatorio, paragonato alla schiavitù.  Molti afghani continuano a fuggire dalla povertà e dalle persecuzioni, in un paese ancora scosso dagli attacchi dei talebani e delle gang criminali. 

La crisi economica internazionale, è evidentemente una forzatura e funziona anche e soprattutto quando è pianificata a tavolino, per destabilizzare le società di ogni singolo Paese, soprattutto di influenza occidentale, così fu per la sola perdita della sovranità economica di questi Stati come per la Siria, oltre in molti casi anche la perdita dell’identità nazionale tramite l’inserimento violento da parte di terzi, di scenari da terzo mondo.

Il progetto dell’immigrazione forzata mira proprio alla destabilizzazione della società, in un contesto di gioco psicologico in cui trovandosi a contatto con il terzo mondo non vi possano essere altre vie di scampo, per chi se potrà permettere, della fuga da un mondo sovvertito dagli equilibri interni precedenti.
La mancanza di una tradizione vera coloniale, per la nostra nazione, da sempre fantoccio di altre, per contro, le ingerenze dei grandi gruppi economici dirigenziali che richiedono forza lavoro, inoltre la sempre più palese geriatrizzazione dell’Italiano, con meno nascite, ha inserito nella mente dell’Italiota medio la paura dei flussi migratori col bene placido dei movimenti populisti e lo scrollone delle destre alla ricerca di consensi.

In questo scenario il cittadino italiano, volente o nolente si dovrà abituare a ciò, e quindi accettare in modo passivo i danni recati dalla crisi economica, in sostanza adeguarsi anch’esso agli standard da Paese sottosviluppato, perché richiesto dall’austerità, per imporre un sistema economico monetario che mira alla svalutazione umana in nome del principio liberista del mercantilismo.

Mi spiego meglio, i flussi migratori garantiranno, non certamente oggi, ma in un futuro non così lontanissimo, all’Italia, come lo è stato per Francia, Belgio, Germania e altre nazioni europee in passato e continua ad esserlo oggi,  una continuità operativa e commerciale, oltrechè sociale, che potrà garantire il welfare e la sopravvivenza nazionale, multiculturale sicuramente, ciò è palese perchè l’italiano è indiscutibilmente in recesso genealogico come evidente tendenza di nascite bassissime.

Ovviamente questo scenario di precarietà e desolazione sociale per chi non ammette l’effettiva evoluzione, deve essere difeso, giustificato ed imposto sotto l’ipocrisia di un fantomatico antirazzismo ed antifascismo, per nascondere in realtà il già sottoscritto piano elitario mondiale della globalizzazione della povertà,  oggi l’ipocrisia che fomenta la giustificazione dell’immigrazione di massa ci viene proposta con la frase:

“Sono rifugiati, poverini, scappano dalle guerre”, e per contro gli avversari politici, si sbattono ad individuare l’uomo nero e fanno la caccia alle streghe.

Nel mezzo a gozzovigliare, vi è l’elite economico bancaria che tesse le trame per la nuova Europa con nuovi schiavi.

Ma in sostanza cosa fa l’Europa? 

A novembre 2014 l’Italia ha concluso la sua missione di ricerca e salvataggio Mare Nostrum, rimpiazzata da una missione europea più economica e limitata, Triton, con il mandato di pattugliare il Mediterraneo a 30 miglia dalle coste italiane, per le organizzazioni di soccorso in questo modo le vite dei migranti sono state messe maggiormente a rischio.

Dopo molte discussioni i leader Ue hanno triplicato i fondi per Triton, a circa 120 milioni di euro, ad aprile 2015 i leader Ue hanno concordato di rafforzare il pattugliamento del Mediterraneo, di smantellare le reti dei trafficanti e di catturare e distruggere le navi prima dell’imbarco dei migranti, tuttavia eventuali azioni militari devono conformarsi al diritto internazionale.

La difesa dei diritti dei migranti poveri è difficile da proporre in un contesto economico europeo ancora negativo, molti europei sono senza lavoro e temono la concorrenza dei migranti e i leader europei litigano sulla condivisione dell’onere dei rifugiati.  Tanto più impressionanti possano apparire queste cifre, tanto più vergognosa è la posizione degli Stati Europei, soltanto nel Mar Mediterraneo sono morte 3500 persone nell’anno 2014; nel 2015 ne sono annegate 3771 e 5.022 persone sono morte in mare cercando di raggiungere l’Europa nel 2016, mai nella storia ne erano morte così tante, è questo il triste record che più dovrebbe interrogare le coscienze e le politiche degli europei.

Analizzando i Paesi da dove arrivano i clandestini, si capisce che questi provengono principalmente dall’Africa Centrale e qualcosa dal Nord  Africa. 

La questione migratoria è la sfida più grande per l’Unione Europea, ma seria non è la risposta europea di fronte alla crisi migratoria, ognuno difende il suo orticello, nascondendosi dietro il ditino degli Accordi di Dublino, che di fatto sono un impiccio per la situazione in atto. Così le 28 stelle della bandiera Europea rinnegano gli ideali umanitari ricamati nelle convenzioni internazionali, nelle costituzioni e nelle leggi che li declinano.

Per anni l’Ue ha tentato di armonizzare la politica sui rifugiati, regole unificate dettagliate sono state introdotte con il Sistema comune europeo d’asilo, ma una cosa sono le norme, un’altra è applicarle in 28 Paesi diversi. Il Regolamento di Dublino contiene i principi di base per la gestione delle domande di asilo nell’Ue: afferma che la responsabilità dell’esame delle richieste di asilo risiede in primo luogo nel Paese che ha avuto il ruolo più importante nell’ingresso o nella residenza del richiedente asilo nell’Ue. Spesso si tratta del Paese d’ingresso nell’Ue, ma non sempre, dato che molti migranti vogliono ricongiungersi alle loro famiglie in altri Paesi. Il Regolamento di Dublino crea tensioni nell’Ue: Atene lamenta di essere stata inondata di richieste d’asilo, dato che molti migranti sono entrati in Grecia. Finlandia e Germania sono due dei Paesi che hanno smesso di rinviare i migranti in Grecia, a tutt’oggi i governi Ue non sono riusciti a trovare un accordo sul sistema di quote per spartirsi l’onere dei rifugiati.

I visti regolari per lo spazio Schengen sono pochissimi, anziché assicurare protezione ai richiedenti asilo che ne avrebbero diritto, offrendo loro mezzi decenti per raggiungerci e integrarsi, vengono rigettati nell’indefinita mischia degli «irregolari», esponendoli all’arbitrio di sommarie selezioni, compiute da ognuno dei ventotto, con metodi e procedure differenti.

Migranti

E in questo contesto controverso, poi vi è l’Italia, che va a prendere i barconi stracolmi a poche miglia dalla costa Libica per accogliere i migranti, è sicuramente un operazione controversa, che viene attuata per impedire altre morti, ma per chi vive in Italia non è certamente vista di buon occhio, noi dovremmo guardare al mare che ci bagna con speranza e progetto, invece che con sospetto, se non terrore. 

Gli immigrati per ottenere lo Status da Rifugiati, devono convincere le autorità che stanno fuggendo da una persecuzione e che rischiano danni o la morte se vengono rinviati nel Paese d’origine. 

 Il bando dei respingimenti di massa è un principio Ue, ma in alcuni casi non è stato rispettato: 

la Grecia, oberata dal flusso di migranti è stata accusata di aver rifiutato l’ingresso a interi gruppi di migranti molti gruppi familiari sono stati divisi, poi vi sono casi limite come quello dell’Ungheria che ha cintato i propri confini, nuovamente con una cortina di ferro per evitare i contatti diretti e le intrusioni dei migranti. 

Secondo le norme Ue un richiedente asilo ha diritto a cibo, soccorso e ospitalità in un centro di accoglienza, deve ricevere una valutazione individuale dei suoi bisogni, può ricevere il diritto d’asilo in prima istanza,  altrimenti, può ricorrere in tribunale.

I richiedenti asilo dovrebbero aver diritto a un lavoro entro nove mesi, ma secondo i dati della Commissione Ue, le richieste d’asilo all’interno dell’Unione sono aumentate a 626.065 nel 2014, da 435.190 nel 2013.

Il dato del 2014 era già il più alto dal 1992, quando la Ue aveva molti meno Paesi membri, il 20% dei richiedenti asilo 2014 è siriano, il sette per cento afghano.

I kosovari sono il terzo gruppo, subito prima degli eritrei, nel 2014 è stato concesso asilo in prima istanza a 163mila persone, la Germania ne ha accolte 41mila, la Svezia 31mila, l’Italia 21mila.

La chiusura delle frontiere porta soltanto all’elaborazione da parte dei rifugiati di strategie più pericolose per scappare: un bambino in una valigia all’aeroporto, o l’uomo che muore cadendo dal carrello di un aereo a Londra, gente che cerca di attraversare autostrade e ferrovie di confine e muore schiacciata, gente che disperata preferisce gettarsi da un ponte di 12 metri piuttosto che farsi portare via su un pullman organizzato dalle Prefettura.

Oggi vivono da noi circa 4 milioni di stranieri, di cui almeno mezzo milione clandestini, su quasi 60 milioni di abitanti, si tratta del 6,7% della popolazione, un flusso vorticoso, ingestibile dallo Stato, orientato dalle singole comunità etniche e dai loro capi, intermediari fra paese d’origine e paese d’accoglienza o di transito. 

Al 1 gennaio 2016 gli stranieri residenti in Italia sono 5.026.153, pari all’8,3% della popolazione, ma scomponiamo meglio questo dato per capirci di più:

1.517.023 sono gli stranieri di altri paesi dell’Unione Europea, mentre i cosiddetti extra-comunitari sono 3.508.429 (5,8% della popolazione).

Un dato quest’ultimo in calo di 13.396 unità rispetto al dato del 1 gennaio 2015, sì, avete capito bene: gli stranieri extra-comunitari residenti in Italia sono diminuiti nel corso del 2015.

Abbiamo in casa un mondo variopinto:

i sei principali ceppi d’immigrati – composti largamente da giovani, dei quali uno su dieci nato in Italia – provengono da Romania, Albania, Marocco, Cina, Ucraina e Filippine, tendono a concentrarsi al Centro-Nord, soprattutto in Lombardia, Piemonte, Veneto e Lazio, tutti gli indicatori confermano che stante il bassissimo tasso di fecondità delle donne italiane (metà rispetto a quello delle immigrate), il nostro primato mondiale quanto a ultrasessantenni e al rapporto fra anziani inattivi e forze di lavoro, le assai selettive vocazioni lavorative degli italiani di nascita e le necessità di industria, agricoltura e servizi, il nostro futuro dipende dall’integrazione degli immigrati, ed in fattispecie delle seconde generazioni, grazie ai ricongiungimenti. 

Ma i profughi non nascono illegali, siamo noi a renderli tali, attraverso un meccanismo perverso, nel quale siamo tutti perdenti.

L’Italia e l’Europa sono dunque ben lontane da uno scenario di invasione, certo i mutamenti nella composizione sociale ed etnica ci sono, e sono davvero veloci, mai quanto è successo in passato ad esempio in Francia, con  una tradizione multiculturale e colonialista,  in venti anni la presenza di persone straniere sul suolo europeo è aumentata di cinque o dieci volte.

Si tratta di un dato che inevitabilmente ha delle conseguenze, ma che sarà bene cominciare a valutare nella sua portata reale. 

Una cosa è certa: siamo testimoni insensibili di uno spettacolo crudele per dimensioni ed entità, si tratta della migrazione forzata più grande e significativa dopo la Seconda Guerra Mondiale, ed il numero dei conflitti aumenta anno dopo anno in una progressione che – se non presa per tempo – condurrà a molti più profughi di quelli attuali. 

(Dati tratti da https://www.unhcr.it/)

Paolo Bongiovanni

 

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