Fenomenologia dell’uomo libero

Fenomenologia dell’uomo libero

Fenomenologia dell’uomo libero

 Il 16 febbraio scorso ricorreva il secondo anniversario della morte di Piero Buscaroli, raffinato musicologo, profondo conoscitore di Bach, Mozart, Beethoven ma anche uomo “enciclopedico” nella accezione leopardiana, che è tutt’altra cosa rispetto ai tuttologi impuniti e impertinenti che occupano redazioni e schermi televisivi; è l’humanitas dell’uomo di cultura – non lo chiamiamo intellettuale, per carità -opposta all’auctoritas di chi usa il sapere come un piedistallo e strumento di potere. Lo ricordo come storico e saggista, impegnato a documentare il terrorismo aereo angloamericano e a rivendicare con orgoglio la sua estraneità a questa repubblica “nata dalla resistenza”. Ma lo ricordo soprattutto come un uomo libero, una specie che pare in via di estinzione nelle redazioni dei giornali e nel mondo accademico, per non dire dei partiti.

Troppo comodo battersi per la libertà di pensarla tutti allo stesso modo, di condividere gli stessi “valori”, di scaldarsi al calduccio delle convinzioni condivise, abbracciati in un’unica fede come i tifosi della squadra di casa. Ho letto e sentito in questi giorni cose raccapriccianti. Cose che mi hanno ribadito nella convinzione che Il male esiste, come ho scritto tempo fa su questi Trucioli, è in mezzo a noi. Mi è apparso con la faccia brufolosa del ragazzo che a Palermo concionava di costituzione, resistenza – in Sicilia?! – , e invocava garanzie e diritti per tutti ma non per i razzisti, non per quelli che non vogliono i migranti: loro sono fascisti, non debbono parlare, non si devono far vedere, non devono esistere. E imputava a Casapound la responsabilità delle “guerre fasciste”, immagino la prima e la seconda guerra mondiali. Ma l’ho avvertito anche nelle parole dell’ex magistrato incautamente posto al vertice dello Stato, che vorrebbe zittire, facendo il verso al suo predecessore comunista, chi si azzarda a riconoscere qualche merito al ventennio mussoliniano. Lo stesso ostinatamente muto dinanzi all’infelice bellissima figlia di questa povera Italia, fatta a fette da un branco di nigeriani che hanno portato da noi la ferocia tribale della loro terra ma pronto a suonare l’allarme se un braccio alzato nel saluto romano rischia di far crollare la repubblica. Se devo scegliere fra cattivi maestri preferisco Toni Negri, che almeno era animato da un ideale e perseguiva un progetto politico. Ottusità, ignoranza, ubriacatura collettiva: questo è il male.


L’uomo libero sa che le guerre sono una sciagura, che recidono i vincoli della morale, della solidarietà, del buon senso, ma sa anche che le guerre sono state finora il motore della storia e della civiltà umana. Ogni epoca ha aspirato alla pace ma è inesorabilmente ricaduta nel baratro della guerra. La pax augustea è un’illusione effimera che si rinnova nella finzione della respublica christianorum, nell’utopia restauratrice di Vienna o nell’ipocrisia attuale di una pace garantita da un ininterrotto stillicidio di guerre combattute su commissione nel terzo mondo. E mi spingo oltre: l’uomo libero sa che in guerra l’uomo dà il peggio di sé ma dà anche il meglio; l’uomo libero ammira Achille come ammira Ettore, schifa Tersite ma riesce a condividerne, andando oltre Omero, le ragioni.

L’uomo libero sostiene la vita, e tanto più l’apprezza e la difende nei malriusciti, nei vecchi, nei non ancora nati ma ammira il romano antico che si recide le vene o si trapassa con la spada per non piegarsi al tiranno o non perdere l’onore. E sa che l’esistenza ci pone davanti a scelte dolorose e che a volte quello a cui si decide di porre fine è solo la parvenza della vita come sa che il peso di una genitorialità indesiderata può essere troppo grave da sopportare. Lo sa, nonostante i Ceppato e le Bonino, e lo accetta con la stessa amara consapevolezza con la quale si pone dinanzi ai limiti e alla miseria della natura umana.


Ma il ragazzo brufoloso che urla nel megafono la sua stupidità o i giornalisti che negano l’evidenza non lo possono capire. Giornalisti che tradiscono il loro ruolo e la loro funzione, che non descrivono fatti ma spargono notizie false e solleciti verso i loro committenti inventano opposti estremismi che non esistono, a meno di non considerare estremisti tutti i non-comunisti; giornalisti che dimenticano che i compagni non vogliono solo mettere il bavaglio a Casapound ma rovesciano i gazebo della Lega e cercano di aggredire Salvini come hanno aggredito la Meloni e aggredirebbero Berlusconi se si esponesse. Tutti fascisti? Giornalisti che avallano la favola di una minaccia eversiva dell’ultradestra quando dal dopoguerra ad oggi l’eversione è stata sempre ed esclusivamente di sinistra.

L’uomo libero non è contro i vaccini né a favore dei vaccini, l’uomo libero gode dell’ambiente incontaminato e ammira i viadotti e le autostrade ben costruiti: e questo non è tartufismo o paura di scegliere ma rispetto della complessità del reale. Ma non sopporta le brutture, le palazzine a psicopatici, psicolabili, povere figure marginali idrogeologico, l’architettura sovietica, anzi, tedesco orientale, dei nuovi quartieri popolari.

L’uomo libero è uno che ascolta con interesse Rizzo ma incoraggia i ragazzi di Casapound, vede in Salvini e nella Lega la promessa di un Paese migliore ma non dimentica la diffidenza e l’aperta ostilità del popolino del nord verso i meridionali; l’uomo libero non giudica per partito preso, non è un uomo di fede ma di raziocinio e se, in questo frangente, vota a destra, non nasconde la sua preoccupazione per il rischio che un possibile governo tripartito cerchi davvero di imporre l’idea sciagurata di un’aliquota unica sul reddito delle persone fisiche, perché, se così fosse, andrebbe anche lui a manifestare in piazza con le bandiere rosse per rispedirlo prontamente a casa.


L’uomo libero aborrisce la violenza, fisica e verbale, che è l’arma degli stolti; comprende anche quando non giustifica e sa anche che gli incappucciati, ma arcinoti, che hanno legato e bastonato a Palermo il militante di Casapound e massacrato a Livorno il ragazzo che ne affiggeva i manifesti, sono psicopatici, psicolabili, povere figure marginali come l’insegnante – speriamo ancora per poco – scalmanata ansiosa di imbracciare il fucile. Miserabili che altro non fanno che mettere in pratica le prediche di Mattarella, Gentiloni, Boldrini o Lilli Gruber che un giorno sì e l’altro pure suonano l’allarme per il ritorno del manganello e dell’olio di ricino. Questi giocano con le parole, non credono a niente di quello che dicono ma sono persone “autorevoli”: il Capo dello Stato, il primo ministro, il (la) presidente della Camera, la più celebrata delle conduttrici televisive e le loro sentenze sono avallate da tutta la stampa di regime. L’imbecille che crede alle loro parole diventa un pericolo per la sicurezza, per la libera espressione delle idee, per la libertà di associazione, diritti che, se mi si consente, non sono garantiti dalla Costituzione ma la precedono; e se l’occasione fa di lui un criminale è solo lui il colpevole che va perseguito o più colpevoli sono quelli che l’hanno ispirato?

    Pier Franco Lisorini

 Pier Franco Lisorini è un docente di filosofia in pensione

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