Esperimento sociologico empirico

Esperimento sociologico empirico

Esperimento sociologico empirico

 Allarme sicurezza pubblica. Sui giornali e in televisione, al bar e dal salumiere, si sente spesso parlottare e discutere dell’inquietante fenomeno dei furti nelle abitazioni, per strada, nelle chiese, negli ospedali e nei cimiteri. A sentir la voce pubblica ci sarebbe un fiorir di furti sempre crescente, sempre più impressionante. Non ci si può più fidare a lasciar fuori di casa neppure uno straccio. Non ci si può fidare a lasciare una finestra socchiusa, anche al terzo piano. Non si deve uscire con portafogli o borsette, non si deve aprire agli sconosciuti, non si deve dare confidenza agli sconosciuti.

No, terrore magari no, ma un vago senso d’inquietudine ci pervade: farsi sottrarre il denaro, i documenti, i beni di famiglia, è cosa penosa e orribile, certo. E ancor più essere aggrediti, o solo truffati. E poi ancora pensare che “qualcuno” ha messo le mani (sporche, se non altro a causa dell’illecita vita che sta conducendo) dentro i nostri cassetti, negli stipi più reconditi della nostra casa, ci inquieta fino alla nausea.

E di chi la colpa? Certo, c’è povertà. C’è disoccupazione. Ci sono strane facce in giro. C’è pieno di stranieri che vengono in Italia senza lavoro e, con la complicità di uno Stato non abbastanza repressivo, perseguono il crimine nelle sue varie forme.

E le forze pubbliche cosa fanno? Eh certo, fan quel che possono: pattugliano, fanno posti di blocco, fermano facce strane, ma poi “li mollano”, li “lasciano andare” e quelli di nuovo a rubare…

Fino a qui ho riportato i discorsi “da bar” che si sentono abitualmente. Devo dire che però io sono un tipo curioso, e ho voglia di provare in qualche modo quando è lontana dalla realtà questa visione un po’ catastrofica della sicurezza pubblica.

L’esperimento è questo: ho messo venti euro in bella vista sul cruscotto della mia auto, l’ho lasciata aperta e con i finestrini parzialmente abbassati ed ho girato per i soliti luoghi della Val Bormida (dove abito) per vedere “l’effetto che fa”.

Supermercati, cimiteri, parcheggi al centro del paese, di notte in piazza, dal medico, all’ASL, nel parcheggio degli hard-discount… Per una decina di giorni la banconota ha languito immobile sul cruscotto.

Ora, questo esperimento non ha niente di scientifico. Potrebbe essere che la persona giusta non sia passata di lì. Potrebbe essere che il ladro sia insospettito da un colpo tanto facile, e che 20 euro siano giudicati un bottino troppo esiguo. Ma è altrettanto vero che non è stato per niente facile farsi rubare del denaro contante. Ci sono certamente molti ladri e malfattori, bisogna stare molto attenti a non farsi fregare e soprattutto non farsi aggredire, ma questo è vero sempre e comunque, in tutte le epoche, in tutti i paesi.

Certo è che costruire un clima in cui tutti ci guardiamo con sospetto, in cui dobbiamo chiudere tutto a chiave a tripla mandata, con inferriate e antifurti, non è un bel vivere.


Una società sicura, che vive in cassaforte, non è una bella società. In qualche modo dobbiamo pure resistere alla tentazione di chiuderci in casa, di mettere inferriate, di guardare con sospetto tutti quelli che conosciamo (e anche un po’ quelli che conosciamo…). Dovremmo provare a fidarci un poco, solo un pochino. Potrebbe essere utile non avere un attaccamento morboso alla “roba”, agli ori o ai soldi. Sarebbe utile non avere troppi beni da proteggere.

Avere telecamere puntate ad ogni crocicchio non migliora lo stato delle cose: solo rende più inquietante camminare per strada.

Infine il ruolo dei carabinieri, spesso molto criticati, soprattutto quando ci fermano e ci elevano regolare contravvenzione… Io lavoro di notte, e posso dire che l’attività della Benemerita, nella silente e deserta valbormida, è particolarmente viva e vigile.

Mentre pensavo a cosa scrivere in questo articolo, mi è occorso un fatto che mette conto parlare: è comparso sul mio smartphone un messaggio che diceva più o meno: vuoi attivare il servizio dati? No, non voglio. Poi il messaggio è tornato. Diciamo che tornava più volte al giorno. Tanto che poi ho spuntato il quadratino con la scritta: non chiederlo più.

Eppure il messaggio tornava. Qualche volta, distratto e affaccendato da altre cose, devo aver risposto si. Da quella data, incredibilmente, ho speso un sacco di soldi per ricariche telefoniche. E non capivo proprio cosa fosse successo. Ci ho messo un po’ di tempo per ragionarci sopra, chiamare il servizio clienti del mio gestore e chiedere spiegazioni. Semplice: il mio cellulare era predisposto per la connessione a internet con una tariffa a dir poco esosa, e in automatico si connetteva per aggiornarsi (aggiornare cosa? Mah!) e io avrei speso, all’incirca, un paio di centinaia di euro in un servizio non richiesto, che non mi serve e che non ho usato. Posso farmeli ridare? No, certo, ho accettato io volontariamente il servizio. Beh, si certo, mi pare ragionevole…


In conclusione vorrei dunque ragionare sul fatto che i ladri non sono più delinquenti di strada, magari in calzamaglia e mascherina. Non sono più una categoria sociale di chi vive di espedienti: le lingere, come le chiamava mia nonna. Non sono più, o non sono solamente, extracomunitari, stranieri, galeotti… Ora i ladri veri sono quelli che ci presentano una faccia cordiale e simpatica sotto forma della diva del momento, in televisione, accattivante, amichevole, suadente. E nasconde allo stesso tempo la mano subdola di chi ci fruga nelle tasche “a norma di legge” sottraendoci soldi (fossero anche pochi euro) per servizi inutili, o non richiesti, o accettati per distrazione.

Mia nonna mi diceva di non fidarmi degli sconosciuti. Oggi bisogna riformulare questa morale: le facce che ci sembrano conosciute, perché le frequentiamo in tv, sono la crosta esterna, visibile, delle grandi e buone società di servizi, che studiano con impegno e dedizione come farci spendere soldi restando sempre a norma di legge.

Il pregiudizio non è più da rivolgere agli sconosciuti, fatto salvo quel minimo che è sempre opportuno avere, ma soprattutto verso le società private quanto più grandi e suadenti ci appaiono.

ALESSANDRO MARENCO

 

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