E’ declino?

È declino o no?
Proviamo a considerare, senza entrare nel dettaglio delle cifre, l’andamento di alcuni fattori

È declino o no?

Proviamo a considerare, senza entrare nel dettaglio delle cifre, l’andamento di alcuni fattori

Allora, è declino o no? L’infinita discussione, che parte dalla conclusione per andare a giustificare le premesse – con quella procedura di stampo orwelliano che dà il meglio di sé nella meticolosa ri-scrittura degli antefatti per adeguarli a posteriori all’evidenza dell’incontestabile realtà – rischia di disperdere nell’astratto il significato della domanda. Senza darci nemmeno un’idea, per quanto approssimata, delle ragioni per cui l’Italia sta precipitando verso il fondo delle classifiche mondiali ed europee di produttività, competitività e dinamicità economiche.

Ma se proviamo a considerare, pur velocemente e senza entrare nel dettaglio delle cifre, l’andamento di alcuni fattori che sono generalmente ritenuti indicativi del grado d’inserimento di un Paese nel sistema dei rapporti internazionali, qualche ipotesi la possiamo fare.

Flusso degli investimenti esteri in entrata in Italia. Per esempio, ancora nel 1995 Italia, Germania, Svezia ricevevano pressappoco lo stesso flusso d’investimento estero. Oggi i valori sono completamente cambiati, le curve d’andamento si sono ampiamente divaricate; con fattori d’incremento che sono diventati enormemente diversi fra di loro: poco più di 3 per l’Italia, oltre 6 per la Svezia e addirittura oltre 50 per la Germania. Evidentemente, ora, siamo ritenuti poco interessanti rispetto ad altri.

– Anche per quanto riguarda le nostre quote di investimenti esteri si nota che l’attrazione esercitata dal nostro mercato è sempre più debole. Siamo giudicati poco attraenti.

– Se poi consideriamo gli investimenti esteri in entrata in rapporto al capitale fisso, elemento che ci può dare un’idea delle nostre specifiche potenzialità, si vede che in Italia questo valore è circa un decimo della media UE. Siamo considerati poco affidabili.

– Anche l’indice di internazionalizzazione dell’economia che tiene conto di diverse componenti come la quota di investimenti in entrata e in uscita dal paese, il rapporto dell’economia nazionale rispetto a quella mondiale, lo stato dell’occupazione, e altri, dà risultati che sono sulla stessa linea. L’Italia che nei primi anni ‘90 aveva ancora un indice di buon livello pari a 1,1 [1] ora si trova più o meno alla metà: i=0,5 che corrisponde agli ultimi posti della classifica mondiale. Siamo visti come dei provinciali.

Nonostante la diversità metodologica dei vari approcci, i risultati concordano, dunque, nel rappresentarci una realtà economica italiana poco interessante, poco attraente, poco affidabile, provinciale. E allora, voi investireste in un Paese con caratteristiche identificative così spente? Concedereste fiducia ad un Paese che da anni si presenta stanco, smorto, incapace anche di quegli improvvisi sussulti vitali che invece lo hanno caratterizzato per secoli? Bisogna, dunque, obiettivamente ammettere che nonostante tutte le acrobazie verbali che adottiamo e altre che volendo possiamo inventarci, il nostro Paese è in costante e sensibile declino rispetto al passato anche recente e, comunque, rispetto ai paesi con i quali abbiamo l’ambi-zione di confrontarci. Il nostro ruolo diventa sempre più marginale. C’è poco da aggiungere a quei dati. Se non che devono avere delle cause ben precise e delle responsabilità, da ricercare. E sappiamo dove. Per esempio, negli eventi e nelle trasformazioni politiche economiche e di costume che sono occorsi, per dire, proprio negli ultimi 15-18 anni e che, attivati da “specialisti senza spirito, edonisti senza cuore (questo nulla s’immagina di essere salito a un grado mai prima raggiunto di umanità)”[2], ci hanno allontanato, scioccamente sorridenti, dalle nostre vere radici culturali facendoci precipitare in una specie di monarchia sgangherata e inefficiente; una sorta di plasticato ancien régime, ma senza la nobiltà.

 

Giulio Save

Osservatorio per la Qualità della Vita



[1] Per i =1 il paese a cui si riferisce riesce a catturare investimenti esteri in proporzione diretta al proprio peso nell’economia mondiale; valori dell’indice i1 il Paese è ritenuto particolarmente interessante dagli investitori esteri.

[2] Max Weber, L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, RCS Libri.

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