Di Maio: ovvero, il nuovo De Mita digitale

Di Maio: ovvero, il nuovo De Mita digitale

Di Maio: ovvero, il nuovo De Mita digitale
 Da una parte mi fanno anche pena, ce l’hanno messa tutta, anche spudoratamente, ma cosa volete, come disse Enrico IV di Francia: « Parigi val bene una messa! »

I privilegi della politica sembrano nulla, a confronto di quelli della casta dell’establishment culturale, di cui godono anche molti giornalisti italiani – in special modo quelli della TV di Stato.


La zarina Berlinguer, la rossa Gruber, i vari Fazio, Lerner, Floris, Formigli, Gabanelli e Zucconi (quest’ultimo scomodatosi addirittura dagli USA),  per non citare i vari menestrelli della canzone  come Baglioni, Morandi, o l’altra rossa Mannoia: mentre erano dediti a mantenere i loro privilegi, non si sono per nulla accorti  che il popolo non solo non ha pane, ma nemmeno le brioches, tanto per parafrasare un altro personaggio francese – la regina  Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena, passata poi per la ghigliottina.

Certo che ce l’hanno messa tutta, ma per loro ne valeva la pena!

Se il compenso che percepisce Fazio dalla RAI di 2,8 milioni di Euro a stagione, importo con cui ci mangerebbero 280 famiglie, è a dir poco abnorme, quello di molti suoi colleghi non è di tanto inferiore, per cui tutti si sono mossi a difesa dei propri benefattori! Tutti schierati sfacciatamente con il Partito di Veltroni – quello che doveva andare a portare il suo “sapere” in Africa! – e di Renzi, garanzia sicura per continuare a godere della copertura politica dei loro privilegi.


Tuttavia, stavolta il giochetto non ha funzionato; anzi, credo che la gente a son di vedere la faccia di Renzi, del prete Martina, dei preti veri e dei vari saccenti targati P.D. su tutti i canali televisivi, che ci narravano che senza di loro il Paese sarebbe andato in rovina ogni giorno, ad ogni ora  si è ancor più  convinta che bisognava buttarli giù dalla torre e far loro pagare i misfatti compiuti in questi ultimi anni di loro mal governo – altro che salvatori della Patria! – e infatti il popolo, chiamato alle urne, puntualmente li ha buttati giù.

Correva l’anno 2011 quando un Governo democraticamente eletto veniva defenestrato da un colpo di Stato targato Merkel-Napolitano-fini (si! fini in piccolo e minuscolo, come ha dimostrato di essere). La scusa era che l’Italia era sull’orlo del baratro!

Già il 1° luglio di quell’anno veniva diffuso un bollettino di Standard & Poor che bocciava la manovra finanziaria dell’allora Governo, per via della crisi economica, peraltro presente in tutta Europa, che avrebbe impedito al bel Paese di ridurre il grande debito pubblico che si era accumulato negli anni precedenti, a partire dagli anni ‘70, per le politiche clientelari di tutti i partiti che avevano governato da allora, nessuno escluso.

In verità, con una dichiarazione che aveva fatto il giro del mondo, Mario Draghi confidava invece che la manovra, messa in campo dal Ministro Tremonti, avrebbe portato al pareggio di bilancio e a una riduzione del debito già a partire dal 2014; tuttavia, alla fine il  Governo Berlusconi, democraticamente eletto, fu costretto dal Presidente della Repubblica Napolitano a passare le consegne al nuovo premier Mario Monti, con la benedizione dell’establishment europeo capitanato dalla Cancelliera tedesca.


Alle lacrime e sangue del Governo Merkel-Monti sono poi subentrati i Governi di sinistra Letta-Renzi-Gentiloni che hanno portato il debito Pubblico, in soli sette anni, da 1.898 miliardi a 2.256 alla fine dello scorso anno, mentre oggi stiamo viaggiando rapidi verso quota 2.300 miliardi!

Quelli che ci raccontano di aver salvato l’Italia che era vicino al baratro per colpa del Governo di centrodestra, in sette anni hanno aumentato il debito di oltre 6.000 € a testa per ciascun cittadino, bebè compresi, malgrado, nello stesso periodo, con Mario Draghi alla BCE, il mercato sia stato inondato di miliardi di Euro per acquisto di debito pubblico; una colossale iniezione di danaro fresco mai verificatasi nella storia dal dopoguerra a oggi, che purtroppo finirà con il prossimo anno.


Ma i regali che ci hanno lasciato i governi P.D. non finiscono qui; contemporaneamente, infatti, la forbice fra ricchi e poveri dal 2011 è raddoppiata e la disoccupazione è aumentata, in considerazione anche della grande emigrazione di giovani diplomati e laureati verso gli altri Paesi Europei come mai si era vista in passato. In compenso, i Cattocomunisti ci hanno regalato più di 600.000 baldi giovani coloriti che ci tengono compagnia durante le nostre passeggiate nei centri storici di tutta Italia, sui treni, sugli autobus, nei parcheggi e fuori dai supermercati, tutti felicemente a nostro carico; insomma, un disastro totale su tutti i fronti, che ha inevitabilmente creato una rivolta generale, espressasi con un gigantesco pollice verso il basso nei confronti del Partito Democratico, unico e vero responsabile politico non solo della difficile situazione economica, ma della ancor più grave situazione sociale.


Stavolta il popolo non si è fatto abbindolare dagli incantatori di serpenti. Tuttavia, siccome la speranza è dura a morire, il tentativo dei pifferai dei mass media continua, ora cercando, da una parte, di mettere zizzania fra i partiti di centrodestra, mentre dall’altra comincia a fare l’occhiolino ai Grillini perché hanno individuato in Di Maio il nuovo democristiano, degno erede e versione digitale del suo conterraneo De Mita, il quale, in perfetta sintonia con la famosa affermazione di Tancredi nel Gattopardo (‘se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi’) a sua volta sta strizzando l’occhio al vecchio establishment per sostituirsi al P.D. – specialmente nel Mezzogiorno.

Già abbiamo ascoltato attori e cantanti dichiarare di aver votato al Senato P.D. e alla Camera 5 Stelle o viceversa (dalla Berti alla Ferilli passando per molti altri che non sto a citare), giusto per iniziare un avvicinamento al carro di quei vincitori che sembrano essere i più simili al P.D. di oggi e alla DC di ieri, e poter quindi continuare a godere della pacchia che tali partiti hanno sempre garantito ai loro allineati rappresentanti del mondo culturale.


Peccato per loro che, il Nord produttivo, paziente e generoso, mentre spesso tollera il  mantenimento di situazioni inaccettabili  nella misura di poterle sopportare senza danni, si ribella quando queste situazioni minano la propria sopravvivenza; e siccome si è arrivati al limite della sopravvivenza – e della decenza, diciamolo pure – e con la globalizzazione non possono essere più tollerate tasse e balzelli dovuti a sprechi e malversazioni delle risorse prodotte col sudore per lo più dei Padani, cercherà questa volta di non far passare la nuova ondata di gattopardismo portata dai 5 Stelle, che, non a caso, hanno come roccaforte le regioni meridionali.

I vari Fazio & C. con la loro ‘cultura’ caviale e champagne, se ne facciano pure una ragione!

   SILVIO ROSSI  Consigliere LEGA NORD

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