DESOLATA!

DESOLATA!
Ispirato all’ultima canzone di Enzo Jannacci

DESOLATA!

Desolata se non credo che tutto sia lecito e ogni cosa permessa. Che in virtù di una realtà economica causata da un’oligarchia imperante si debba accettare l’annullamento di conquiste sociali e civili, frutto di un’eredità lasciataci da filosofi, scienziati, pensatori, letterati, artisti e scrittori, facendoci tornare a un medioevo storico senza precedenti.

Desolata se faccio solo quello in cui credo. Così era a vent’anni, così era a trenta, così è oggi.

Se sono nauseata da una forma di narcolessia collettiva culturale prodotta anche dal suicidio intellettuale di chi ha pensato fosse furbo e funzionale alla classe politica di oggi, azzoppare le potenzialità di giovani pensanti, sopprimendo le capacità culturali di un Paese che ha finito per declassare il merito e la qualità per produrre servi analfabeti.

Desolata se non credo nello sfogo facebukiano frutto di una tecnocrazia irreggimentata del dissenso, che finisce per diventare chiacchiera da bar e lascia a i più un avvilimento spaesato di chi sa di non poter, con quello sfogo, incidere su nulla.

  

Desolata se pur non sentendomi moralista, credo ancora nella moralità. A trecentosessanta gradi.

Se, viviamo in un Paese dove la pornografia dei sentimenti fa spettacolo, dove un concetto distorto di sessualità ci riporta al concetto di schiavitù al quale, anche le più giovani e le minorenni, non si sottraggono, io mi ribello.

Mi ribello a tutto quello che viene, così, annullato, cioè il frutto e le conquiste di battaglie e di convincimenti che la mia generazione di donna pensava di lasciare a quelle più giovani.

Desolata se credo ancora in valori che oggi potrebbero sembrare apparentemente sorpassati, ma che per me restano alla base dell’identificazione della persona parte di una collettività. Se sono convinta che la causa del vuoto che opprime molti giovani sia nell’incapacità della famiglia di trasmettere quei valori umani, sociali e morali che una volta erano ritenuti indispensabili.

Se non parlo di “femminismo” quando penso alla superficialità con cui i mass media parlano delle escort del potente di turno o del professionista “disturbato” , diventate status symbol e degradate a un livello più infimo del marciapiede, sostenute spesso dalla famiglia che giustifica il bisogno di conquistare a qualunque costo , danaro, potere, classe sociale (!?).

Desolata se rifiuto il modello di classe sociale superiore, in quanto al di sopra delle parti, della legge, della normale vita di chi lavora, studia, produce. Che ha diritti di casta e privilegi sociali ormai impunemente tollerati.

Desolata se, mentre è in atto una manomissione delle menti, mi ritengo una mente pensante, ricalcitrante e ribelle, nonostante abbia pagato molto per esserlo stata.


Intenzionalmente e piacevolmente isolata, tagliata fuori dalla vita di partito, dagli “equilibri delle segreterie” prospettatemi un tempo, dai calcoli elettoralistici che nulla hanno a che fare con la competenza, la serietà e l’onestà del candidato di turno. Intenzionalmente e piacevolmente lontana dalla classe politica ormai estranea alla collettività di cui non riesce più a interpretarne le istanze, in un delirio di onnipotenza da cui non riesce , volutamente a sottrarsi, io mi sento veramente libera.

Desolata se penso che in una società civile siano importanti: gli artisti, gli intellettuali, i poeti, gli scrittori.

Che un Paese potrà dirsi tale se investirà sulla cultura, la scuola, i musei, la ricerca.

Se nelle tv e nei quotidiani, al posto di economia, spread, valore del denaro si dia spazio a chi parla di scienza, musica, architettura, territorio e ambiente per togliere da default il cervello degli italiani.

Desolata se non mi ritengo una visionaria, quando insegno ai miei allievi che nel fare architettura bisogna occuparsi di sociologia, filosofia, storia e geografia di un territorio, nonché di rispetto delle esigente ambientali che si ha il dovere di non ignorare.


Non c’è stato cambiamento o rivoluzione che non sia stata preparata da visionari. Dalla rivoluzione francese a quella bolscevica e tante altre nel mondo, non è esistito movimento politico che non abbia avuto alla base un’esigenza di rinnovativa democratizia con un forte programma culturale che lo sorreggesse.

Desolata se continuo a pormi domande, se ho ancora tanti dubbi sui problemi ambientali che attanagliano il mio Paese. Se continuo a non capire l’atteggiamento attendista, e in qualche caso “menefreghista”, di Sindaci e Amministratori, che pur avendone il potere, non agiscono per salvaguardare la salute dei loro cittadini: da Vado Ligure e i Comuni limitrofi ai 42 comuni tra Napoli  e Caserta, dalla Sicilia alla Sardegna , tutti accomunati da un unico obbiettivo, non ostacolare , ma continuare a garantire le inviolabili intenzioni di profitto di alcuni.


Desolata se continuo a credere nella decrescita, soprattutto in questo momento, non solo di crisi economica ma soprattutto di crisi politico-culturale, dove diventano anacronistici i drogati di produttivismo, i fautori della crescita, di quella illimitata che, sostenuta da detentori del capitale, tanti danni ha provocato all’ambiente e all’umanità.

Desolata se non mi ritengo una persona triste o monotona quando sostengo l’urgenza di cambiare politica e stili di vita per averne una qualità migliore; quando critico il consumo di territorio come nuova forma di speculazione edilizia; quando chiedo che anche nel mio paese si raccolgano i rifiuti porta a porta, che si sostenga il riciclo, il riuso delle cose e che ci si adoperi per una riduzione dei rifiuti; che si progetti in modo deciso un miglioramento della viabilità tra e per le città , che non significhi solo costruire grandi opere, ma ridurre il numero delle automobili per dare spazio ai mezzi pubblici, alle biciclette e alle zone pedonali come avviene  nel resto d’Europa. Che si abbandoni una volta per sempre l’uso di combustibili fossili, dannosi alla salute e all’ambiente e che si educhi la popolazione a un uso consapevole del mercato e dell’economia finanziaria.

Desolata se sono rimasta la stessa , quella che tredici anni fa, in qualità di amministratore del mio Paese, sosteneva queste stesse, identiche  cose.

ANTONIA BRIUGLIA

Il titolo è ispirato all’ultima canzone di Enzo Jannacci

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