Dei selpolcri imbiancati

DEI SEPOLCRI IMBIANCATI

 

DEI SEPOLCRI IMBIANCATI


Guai a voi, scribi e farisei, ipocriti, che innalzate i sepolcri ai profeti e adornate le tombe dei giusti e dite: se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non ci saremmo associati a loro per versare il sangue dei profeti; e così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli di quegli assassini…” (Matteo 23, 29-31)

Cosa diresti oggi, Signore,

a questi nuovi scribi e nuovi farisei,

adoratori di idoli feroci dai piedi d’argilla,

mistificatori  delle storie che narrano

le  gesta  dei loro padri contro l’umanità,

odiatori di chi glielo  ricorda,

negazionisti delle testimonianze

che li inchiodano alle loro menzogne.

Cosa diresti oggi, Signore,

a questi nuovi scribi e nuovi farisei

che innalzano sepolcri non ai profeti

ma ai loro assassini e adornano le tombe

non dei giusti ma dei loro persecutori?

Cosa diresti a questi figli di padri ciechi,

solo capaci di odiare chi li mette di fronte

al loro superbi disvalori?

 Che cosa hanno letto,

di che cosa si sono nutriti nella

loro  gioventù  e nella loro età matura?

Sicuramente non di storici (a proposito

di storie) come Marc Bloch, resistente,

torturato dalla Gestapo e infine  fucilato

a Saint-Didier-De-Formans, il sedici giugno

del millenovecentoquarantaquattro,

o come Angelo Del Boca che primo

rivelò agli italiani di che lagrime grondassero

e di che sangue la guerre  del Duce in Africa.

Non di scrittori come Primo Levi,

scomodo testimone e narratore dell’inferno

del Lager; come Elie Wiesel e il filosofo

tragico Jean Améry; e nemmeno

di  come Anne Frank

ed Etty Hillesum, le grandi anime

 i cui Diari sono assurti

a icone della volontà di vivere nonostante tutto

e della forza dell’amore contro l’odio.

Non so che cosa abbiano letto

questi nuovi scribi e farisei,

ma so che cosa non hanno letto:

Modernità e Olocausto,

 dell’ebreo polacco Zygmunt Bauman,

né i Quaderni di Simone Weil,

né il Nuovo Testamento,

perché se avessero letto

con intelletto d’amore quei testi,

saprebbero riconoscere da quale utero

ancora fecondo è nata la cosa immonda

di cui parlava Brecht. 

          FULVIO SGUERSO 

 

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