Creare -o ricreare- nuovi posti di lavoro

 FAINE A GUARDIA DEL POLLAIO?

FAINE A GUARDIA DEL POLLAIO?

Il primo obiettivo che Monti si propone di affrontare è di stimolare la crescita, per superare l’attuale stagnazione. Ciò significa produrre più beni, quindi creare -o ricreare- nuovi posti di lavoro, e rinvigorire così la capacità di spesa dei singoli, insomma la domanda, quindi la produzione e così via, in un circolo tanto “virtuoso” quanto contraddittorio: vedi in chiusura l’elenco delle prime misure, tutte depressive.

Questo traguardo è tutt’altro che innovativo: è la prosecuzione del mito dell’ultimo mezzo secolo, che ha fatto del lavoro la stessa ragione di esistere di ogni cittadino. Un mito che cozza sempre maggiormente contro la rarefazione della necessità del lavoro umano. “…È diventato impossibile – afferma Luciano Gallino- continuare a creare nuovo lavoro salariato. (…) A una espansione di massa di lavoro salariato mai vista nella storia [sottratto all’agricoltura con un inurbamento forsennato, NdR] corrisponde l’insufficienza della produzione, giusto quella che, aumentando senza posa, dovrebbe assicurare l’assorbimento di tali masse. Perciò a una frazione crescente delle masse di salariati si prospetta un destino di esuberi permanenti: esse risultano ormai semplicemente superflue.” (1)

“L’economia contemporanea –aggiunge Benjamin Barber- produce troppe merci e troppo pochi consumatori, visti come individui in grado di acquistare quelle merci. Nel tentativo di ristabilire un miglior equilibrio tra l’eccesso di produzione e il deficit di consumatori, il mondo ha speso nel 2009 circa $ 550 miliardi in pubblicità. (…) Il fatto è che se la manifattura di bisogni piuttosto che di beni è un compito primario del capitalismo di consumo, i massicci e apparentemente insensati bilanci di pubblicità e marketing diventano comprensibili.” (2)

Potrei condensare queste illuminanti considerazioni dicendo che la nostra è una società drogata; non solo in senso stretto, con la ben nota diffusione delle droghe fisiche, quanto con il ricorso a incentivi artificiali per sopperire alle intrinseche storture sistemiche. Una droga ben evidenziata sia dalla succitata invasione pubblicitaria che dal supporto ad essa fornito dalla creazione di denaro fasullo, a debito verso le banche, onde spingere la gente a spendere, cioè illusoriamente a “far girare l’economia” oggi, ponendo le premesse per azzopparla domani: gli stessi effetti delle droghe fisiche.

Ogni mutuo bancario è un’incursione nel futuro collettivo, che il mutuatario pretende di acchiappare con la lenza e trascinare nel suo presente personale: perché risparmiare e spendere in base al gruzzolo accumulato, quando posso godere l’agognato bene subito e pagarlo poi? Questo capovolgimento ha una sua logica, sancita dall’inflazione, principale nemico del risparmio e causata in buona parte proprio dall’interesse che le banche chiedono sui mutui: quei mutui le cui rate avrebbero dovuto sostituire, nel caso di alloggi, i canoni d’affitto, con l’aggravante però di seguire i capricci di indici finanziari remoti come l’Euribor.  

Tra i punti base di Monti c’è poi l’equità sociale. Negli ultimi vent’anni si è avuto un trasferimento dai redditi da lavoro a quelli da capitale di almeno 9 punti di PIL, grazie all’appropriazione da parte dei manager d’impresa dei proventi generati da ricerca e sviluppo tecnologico senza condividerli con i lavoratori; nonché dai banchieri, attraverso operazioni di pirateria finanziaria ai danni della società tutta. L’equità sociale potrebbe raggiungersi solo attraverso un’inversione di questo flusso. Come? Con una riforma fiscale che contempli una patrimoniale sui grandi patrimoni e sui beneficiari dei redditi da capitale, ossia sulla classe capitalistica transnazionale, come la chiama Gallino, “i cui membri si possono stimare in una decina di milioni di persone in tutto il mondo, sostenuta sul piano politico e ideologico da una classe parallela, di grandezza forse doppia, formata da politici, dirigenti delle organizzazioni internazionali, intellettuali, accademici, editori, giornalisti, professionisti di successo, alti funzionari dello Stato [insomma quell’1% di cui parlano gli indignati di Occupy Wall Street].” (2) 

 Ma proprio in questa classe Monti ha scelto i suoi collaboratori di governo. Riuscirà a varare misure che ridimensionerebbero pesantemente i loro redditi, a vantaggio della classe lavoratrice alla quale li hanno sinora largamente sottratti, riducendo i salari italiani ai più bassi e tassati d’Europa?

Queste sono le grandi contraddizioni inerenti a un governo composto di persone provenienti dalle stesse fasce di reddito che si dovrebbe andare a colpire.

 Qualcuno, infatti, è disposto a scommettere sul taglio delle spese militari (27 miliardi nel 2010) o sull’annullamento del progetto di 17 miliardi previsti per 131 caccia-bombardieri (!) da parte del nuovo ministro della difesa, ammiraglio Gianpaolo di Paola? O sulla rinuncia alla ridicola lotta ai contanti -col pretesto del riciclaggio- da parte di Passera, ex ad di Intesa Sanpaolo: lotta che si riduce a un immenso favore alle banche, che non avranno più niente di fisico, neppure cartaceo, con cui confrontarsi, anziché colpire i canali occulti che esse usano per trasferire nei paradisi fiscali i proventi del signoraggio: proventi peraltro esenti da tasse, alla faccia del rigore e della lotta all’evasione fiscale? E quando le banche pignorano una casa, che arriva loro dal cielo, è pure esente da tasse, poiché le pagano  sugli interessi, ma non sul capitale.

(Quanto al ministro dell’ambiente, complimenti per la scelta: simpatizza per il nucleare e gli OGM. Roba da deportarlo a Fukushima a farsi un bagno di radiazioni).

Nella storia non esistono esempi di classi privilegiate che decidano, senza pressioni di popolo, di ridursi i privilegi. Monti ha promesso che “farà dare di più a chi sinora ha dato di meno”. Peccato che i primi provvedimenti certi siano: la reintroduzione dell’Ici sulla prima casa; l’aggiornamento delle rendite catastali, per cui l’Ici stessa sarà ben maggiore di prima; l’aumento dell’Iva; l’aumento delle già esorbitanti accise sulla benzina. Tanto per cominciare. Sempre dal basso, per non perdere il vizio. Per i ricconi e la casta che fretta c’è? Magari è sufficiente la ventilata macelleria sociale: espressione che turba le beneducate orecchie di questo felpato governo, al pari di “staccare la spina” e “mettere le mani nelle tasche degli italiani”. A Monti disturba anche ogni accostamento ai “poteri forti”, che sarebbero solo negli USA. Ma le sue credenziali lo danno per membro della Trilateral Commission e del Club Bilderberg, voluti da David Rockefeller e quintessenza di tali poteri. Vedremo fino a che punto riuscirà a distaccarsene, visto che il suo programma segue le ricette dell’FMI (certo non un “potere debole”) per tutti i Paesi in crisi, con esiti sempre peggiorativi.

  

1) L. Gallino, Finanzcapitalismo, Einaudi, 2011

 

2) B. R. Barber, Consumati. Da cittadini a clienti, Einaudi 2010

 

 

Marco Giacinto Pellifroni                                          20 novembre 2011

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