Cose (buone?) dal mondo

Ero e resto convinta che non si esca dalla crisi con le stesse meccaniche che l’hanno generata. Che stiamo posponendo la resa dei conti e peggiorando il male.
Cose (buone?) dal mondo

Ero e resto convinta che non si esca dalla crisi con le stesse meccaniche che l’hanno generata. Che stiamo posponendo la resa dei conti e peggiorando il male.

Cose (buone?) dal mondo

Non so se ve ne rendete conto, ma mentre noi qui ci deliziamo con battute involontarie di pseudoministri e un teatrino sempre meno grottesco e sempre più intollerante e violento, dal manganello e dall’intimidazione facile, ci sarebbe quella cosa… quella storia della marea nera, una perdita devastante, una sciagura di proporzioni epocali tuttora in corso. Una bazzecola.

Anche se ce ne dimentichiamo o se ne parla poco, non è che sparisca per miracolo. Adesso ci sono voci che il petrolio avrebbe spezzato la Corrente del Golfo, alterando un equilibrio di milioni di anni…LEGGI

Non so voi, ma io sono agghiacciata. Si parla del mondo intero, che non solo per le comunicazioni, ma anche per gli equilibri naturali, è sempre più piccolo.

 

Intanto il Tg1 e i suoi sodali ci informano che, siccome è luglio, pare faccia caldo.

Bisogna bere tanto, anche cani e gatti vanno in vacanza, l’ultimo film di una presunta divetta, l’ultimo disco di qualche cantante sfiatato, dissolvenza, titoli, pubblicità.

 

E ci vorrebbe un bavaglio, per costoro? Con buona pace delle tante lodevoli e coraggiose eccezioni, per molte testate funziona già benissimo l’autocensura.

Inutile strillare contro quel famoso singolo responsabile di ogni male, quando poi si applicano cautele e ossequi e un occhio di riguardo non solo nei suoi confronti, ma anche di qualsiasi centro di potere economico, mercantile e industriale.

Come, appunto, rifiutando di far capire fino in fondo il disastro insito nelle fonti non rinnovabili. Rifiutando di scioccarci come si conviene.

Per il nostro bene? Dobbiamo rimanere quieti, passivi, inconsapevoli, e, soprattutto, consumatori?

Almeno questo disastro ci insegnasse qualcosa. Del resto, ragionandoci, era anche prevedibile. Con le petroliere ogni tanto qualcosa va storto, ma almeno è un carico limitato. Era ovvio che potesse succedere anche con le piattaforme, provocando un flusso.

 

Ovvio e prevedibile, ma ci ha colto impreparati. Il profitto, i tagli alla sicurezza o semplicemente la nostra smisurata imperizia umana.

 

In compenso qui in Italia si trivella alla grande. Ma con un occhio alla sicurezza e all’ambiente: vietate trivellazioni a meno di cinque miglia dalla costa, secondo le ultime direttive.

 

Così, se il petrolio sfugge, lo fermiamo non sul bagnasciuga, ma a distanza. E se non basta la Prestigiacomo, visto che è sporco, clandestino e nero, invocheremo la Bossi -Fini. Geniale. Noi siamo sempre avanti, non c’è che dire.

 

Almeno imparassimo, dicevo, dal disastro. Almeno ci fosse un ripensamento a questo modello suicida di società, energivoro e inquinante, che segue solo le leggi del profitto scavalcando umanità e natura.

Chissà. Altri studi dicono che ci estingueremo in centocinquant’anni. Per la Natura mi verrebbe da dire: magari.

 

Eh, sì, l’altra volta ero troppo ottimista, oggi devo compensare.

 

Penso al potenziamento della centrale a carbone di Vado, a qualunque costo e contro ogni discorso, non dico di salute e ambiente, ma anche di necessità energetica. A quello che molti definiscono “l’incubo cdr”, e comunque alla scarsissima o nulla propensione dei politici che hanno in mano la situazione decisionale a scegliere strade migliori,più moderne e lungimiranti, ad esempio per il trattamento rifiuti.

Con dichiarazioni spesso di una protervia, di una disinformata arroganza che rifiuta qualsiasi dialogo o si rifugia in argomentazioni capziose, da scoraggiare.

Quando si ricorre a questo? Quando si sa anche troppo bene che dall’altra parte, dalla parte dei cittadini informati e dei tecnici, altro che ambientalisti, altro che utopia, ci sarebbero ragioni ed esempi da vendere.

Allora ci si arrocca nel potere. Ci si fa arroganti. Purtroppo ci tocca subire anche questo, se non troviamo il modo di invertire la tendenza.

Se non riusciamo a coinvolgere più persone, a farci protagonisti di una democrazia diretta, più equa e più vicina alla base della società. Se ci pensiamo, noi stessi per primi, come sudditi. 

Ero e resto convinta che non si esca dalla crisi con le stesse meccaniche che l’hanno generata. Che stiamo posponendo la resa dei conti e peggiorando il male.

 

Che tagliare i servizi e i salari per ripianare il debito e pensare solo agli interessi della finanza non sia solo miope, ma semplicemente suicida.

 

E non lo penso solo io povera tapina, iniziano a lanciare l’allarme anche gli economisti…LEGGI

 

Ma qui continuo a sentir parlare di piattaforma, di poli logistici, di bretelle (che almeno tenessero su i pantaloni…).

 

Di centri commerciali, altri centri commerciali, spuntano come funghi velenosi, e di imprecisato sviluppo.

Immaginiamo pervicacemente il futuro come proiezione del passato.

 

Basta tornare a quel passato, quello del boom, e stiamo a posto. Non ci sfiora il sospetto che forse dovremmo attrezzarci per un futuro ben diverso.

E il Comune di Savona, non potendo farsi sponsorizzare dalla BP, si accontenta della TP, per le manifestazioni estive. Ottimo esempio di coerenza e opportunità.

 

Tornando al mondo, visto che oggi ce l’ho con gli Usa. Ho letto di Detroit. La città un tempo capitale dell’auto è ovviamente in crisi, fabbriche chiuse, perdita di posti di lavoro.

Interi quartieri di villette di una piccola borghesia impiegatizia si spopolano.

Vetri rotti, giardini incolti, muri cadenti, assi inchiodate. Abbandono e illegalità. Uno scenario da incubo, post-catastrofico.

Impossibile mantenere una rete di servizi efficiente su un territorio tanto esteso come quello di una megalopoli in declino.

Che ha deciso, il sindaco? Che occorre salvare il salvabile. Intere zone saranno lasciate a se stesse, considerate extraurbane. Chi ci abita sappia che non deve più ritenersi in città, ma in aperta campagna.

In compenso, in altre zone si stanno studiando forme di recupero innovative. Si realizzano orti urbani, persino pensili.

Ecco, quando le diciamo qui queste cose ci prendono per matti o arretrati, tanto miopi come sono da non capire che è quel loro famoso futuro e sviluppo, la vera arretratezza. Che in realtà siamo noi che guardiamo avanti. Che presto non potremo più sostenere questi livelli, proprio come la rete fognaria di Detroit.

 

Chissà, se questo disastro insegnerà, almeno, agli statunitensi a essere un po’ più umili e a considerarsi cittadini del mondo.

 

Su Obama non ho ancora sciolto il giudizio. Troppo contraddittorie le informazioni che giungono dalla nostra liberissima informazione, giustamente indignata del bavaglio. (Secondo il Corriere della Sera, il Presidente USA avrebbe dichiarato che il B. è un ottimo premier. Ma l’ha detto davvero, o era ubriaco, oppure in realtà era Bondi, tinto di lucido da scarpe per fare l’”abbronzato”?)

 

Non so, dicevo, che livello di buona fede abbia, se sia comunque creatura delle lobbies anche lui, la faccia perbene del potere, se lo abbiano opportunamente ridimensionato e riconvertito, oppure sia un benintenzionato che si scontra con una realtà impossibile da padroneggiare in quattro e quattr’otto, per chiunque.

 

Ma un episodio, più di ogni altro, dovrebbe far riflettere. Dimostrare che non bastano le buone intenzioni, se rimangono velleitarie, se non si prende coscienza dello spaventoso problema generale, la nostra povera madre Terra ridotta a colabrodo infetto, i danni ereditati dal passato e quelli che si continuano a fare.

 

All’indomani dell’insediamento presidenziale, la First Lady fra le prime cose decise di sfruttare una parte di giardino della Casa Bianca come orto biologico, dare l’esempio, lodevole, di come crearsi un minimo di autosufficienza e almeno una parte di consumi agricoli a km. zero.

 

Be’, ha dovuto presto desistere. Le analisi hanno dimostrato quanto quel terreno fosse contaminato, tra l’altro anche per i pesticidi e i fertilizzanti del giardino precedente.

 

Insomma, l’impronta, letteralmente, che lasciamo sulla Terra non si cancella tanto facilmente.

Le buone intenzioni fini a se stesse non bastano, e se continuiamo così, potrebbe esserne lastricato, come da proverbio, l’inferno del nostro non-futuro.

  

Milena Debenedetti  

Il mio ultimo romanzo  I Maghi degli Elementi 

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