Contea Italia

CONTEA ITALIA

CONTEA ITALIA

 Come altro chiamare oggi l’Italia? È forse ancora una repubblica o non assomiglia di più ad una contea alle dipendenze di un più vasto reame? A guidarla c’è il signor Conte che, affiancato da un viceré (PD), opera in accordo con le direttive del reame.

Questo flash è meno fiabesco di quanto appaia a prima vista, se pensiamo che i provvedimenti che la compagine governativa emana sono improntati a favorire, più che i sudditi della contea, interessi “superiori”.  Interessi che puntano indefessamente a limitare la spesa pubblica, quando è proprio tramite essa che la contea può prosperare. E come giudicare i miseri oboli post-virus stentatamente e tardivamente concessi a una sparuta platea di beneficiari, invitando gli esclusi a rivolgersi al buon cuore delle banche, indebitandosi; lasciando senza soldi milioni di cassintegrati; marciando verso l’abolizione del contante, che mantiene costante il suo valore nel tempo, sostituendolo con i pagamenti elettronici, limati ad ogni operazione dalle commissioni bancarie; e, ancor più smaccatamente, pilotando i Titoli di Stato (TdS) verso le grandi banche d’affari. Per non dire, al di fuori dei provvedimenti economici, della superficialità con la quale si pilota l’introduzione massiccia del 5G, nonostante gli irrisolti dubbi circa i suoi effetti sulla salute della popolazione. Idem dicasi per quanto riguarda il proposito di vaccinazioni obbligatorie di massa, violazione della privacy con Immuni, ecc. In ogni caso gli interessi “altrui” prevalgono sempre su quelli dei cittadini. [VEDI]

  

Banche d’affari e Agenzie di rating: un indistricabile groviglio di interessi

 

Approfondiamo questo punto. L’Italia, dopo 3 mesi di fermo, ha un disperato bisogno di soldi per ridare fiato a famiglie e imprese. Il signor Conte dà mostra di essere animato dalla miglior volontà di far fronte a questo disperato bisogno del Paese, confidando nella task force da lui stesso scelta, la quale soppesa i pro e i contro di varie forme di finanziamento pubblico, dal MES al Recovery Fund, dal FMI agli eurobond. In questa sua apparentemente solerte ricerca di fondi per il bene dell’Italia, sembra avere un occhio bendato, onde vedere soltanto ciò che  l’occhio libero vuole vedere, oscurando l’altro.

Mi spiego: le varie opzioni summenzionate hanno tutte un vizio di fondo, esiziale per l’Italia: le ormai famigerate condizionalità, come del resto è logico che sia. Nessuno dà i propri soldi a qualcuno se non dietro precise garanzie di rimborso. 

Questa situazione mi ricorda il principe fiabesco che gira il mondo intero alla ricerca della sposa più acconcia al suo status, finché, rientrato in patria, la trova all’interno del suo reame, anzi del suo castello: umile fantesca, sempre presente, ma mai considerata.

Infatti, al MEF (Ministero Economia e Finanza, ex Tesoro, che sembrava un termine troppo concreto) il plotone di economisti, che in passato dimostrarono la propria valentia riempiendo l’Italia di derivati per decenni a venire, sta dando prova di caparbia ottusità, andando a cercare all’estero ciò che abbiamo in abbondanza in Italia, del tutto inutilizzato: il risparmio privato. Siamo il terzo Paese al mondo come propensione al risparmio: la bellezza di 4400 miliardi. E dove si trovano questi soldi? In depositi o titoli di immediata liquidità, del tutto inerti e con interessi nulli o addirittura sotto zero.

 

Banche d’Affari e MEF: un ambiguo rapporto preferenziale, che fa male all’Italia

 

Mentre questa montagna di soldi si trova nella disponibilità delle banche, che in buona parte lo usano per speculazioni finanziarie, grazie alla mancata divisione tra banche di credito e banche speculative, lo Stato è alla disperata ricerca di soldi dai soliti “investitori istituzionali”, le ben note banche d’affari (loro) come JP Morgan, Morgan Stanley, Deutsche Bank, Goldman Sachs, HSBC, ecc., e poche italiane, come IMI e Unicredit, ai quali cede i suoi Titoli di Stato ai tassi “di mercato”. Di qui nasce l’orco moderno: lo spread, che tanto male ci fece nel 2011 e che viene fatto minacciosamente balenare in caso non si rispettino le regole ammazza-Italia imposte dal reame.

Sembra incredibile che non ci sia un “ponte” diretto tra risparmio privato e debito pubblico, senza dove passare attraverso le forche caudine delle banche d’affari di Wall Street, con la relativa emissione di derivati di copertura come IRS (Interest Rate Swap) CDS (Credit Default Swap), che tanto danno ci hanno causato e causeranno.

Sembra che il Tesoro, pardon il MEF, preferisca arrampicarsi sugli specchi di questi colossi internazionali o, in alternativa, pensi di ricorrere ai succitati MES, Recovery Fund, ecc. quasi non ci fossero altre strade, meno dolorose, e anzi di vantaggio per un’economia in deflazione come quella italiana, accentuata dall’impatto del Covid-19.

La strada che il MEF non prende neppure in considerazione è quella seguita con successo dal Giappone già da decenni: l’emissione di TdS riservati ai soli residenti, utilizzando pertanto il risparmio domestico. Teniamo presente che il Giappone ha un debito pubblico superiore al 230% del PIL, ma è una partita di giro esclusivamente nazionale, senza che incombano minacce di spread rispetto ad altre nazioni e i ricatti messi in atto nei nostri confronti a più riprese dalle agenzie di rating, site fianco a fianco con le banche d’affari che dovrebbero giudicare, così come giudicano i vari Paesi debitori. 

C’è una bella differenza tra l’avere i nostri TdS nelle mani di banche speculative o invece in quelle di nostri risparmiatori, che non hanno nessun interesse a veder colare a picco la loro stessa economia!

 

  

Quattro economisti “disallineati” raccontano come il MEF operi contro gli interessi degli italiani, privilegiando le grandi banche d’affari nelle aste di Titoli di Stato

 

 A dimostrazione dell’inspiegabile preferenza del MEF per trattare con le grandi banche di Wall Street, nonostante la maggior convenienza di collocare quegli stessi titoli sul mercato italiano, il MEF ha emesso il mese scorso alla chetichella, senza pubblicità alcuna, dei BTP Italia, con un appetibile tasso d’interesse, scadenza breve (5 anni), premio di fedeltà per chi li tiene fino alla scadenza, e garanzia contro un aumento dei tassi all’insù: ideali per i risparmiatori italiani, che infatti li hanno richiesti per 108 miliardi, solo in minima parte (14 miliardi) soddisfatti, mentre, inspiegabilmente, una sostanziosa fetta (€ 8,3 miliardi) è stata riservata ai soliti “investitori istituzionali”. Va aggiunto che, fino a 200 miliardi di emissioni, c’è la garanzia della BCE di acquisto degli eventuali titoli invenduti, salvandone così il valore e mettendoli al riparo dalla speculazione e dai relativi sbalzi di spread. In sostanza, il governo, tramite il MEF, ha detto no a 100 miliardi di risparmio italiano, che avrebbero permesso di far fronte agli impellenti bisogni di famiglie e imprese, dopo il lungo lockdown. [Per equità di informazione, segnalo peraltro che il Sole-24 Ore fornisce un importo della domanda molto lontano da quanto esposto da Micalizzi: meno di 20 miliardi]. [VEDI]

A questo punto c’è da chiedersi se il popolo del MEF non andrebbe spazzato via senza tanti complimenti, da un governo attento ai nostri interessi e non a quelli dei caimani di Wall Street. Il MEF che spinge per avvalersi dei pelosi soldi del MES, perché rifiuta i soldi degli italiani, offrendo loro, senza limiti, i BTP Italia a condizioni molto migliori per i risparmiatori e per lo stesso Stato? Abbiamo traditori al MEF, oltre che nel governo?

Anche il signor Conte, infatti, contrariamente alle concrete richieste della gente, continua a fingere di arrovellarsi per trovare i soldi per un’Italia in ginocchio, fidandosi ciecamente del MEF, pur essendo evidente anche a un ingenuo che gli interessi dei suoi dirigenti vanno in senso contrario ai nostri, che pur paghiamo i loro lauti stipendi. Una divergenza che va avanti da parecchi anni, senza che nessuna testa sia mai saltata.

Allora, invito chi mi legge a sottoscrivere la Petizione per la nazionalizzazione del debito pubblico attraverso i BTP Italia [VEDI], lanciata dai 4 economisti più sopra citati, lontani dalla visione dannosa del MEF, compreso il suo Ministro europeista Roberto Gualtieri, naturalmente PD.  

 

Marco Giacinto Pellifroni                     14 giugno 2020

 

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