Commemorare la guerra

Commemorare la guerra

Sono ormai cominciate le commemorazioni ufficiali per l’anniversario della Grande Guerra. Eppure c’è ancora molto da conoscere e da capire

Commemorare la guerra

Sono ormai cominciate le commemorazioni ufficiali per l’anniversario della Grande Guerra. Eppure c’è ancora molto da conoscere e da capire, sulle cause, sugli avvenimenti, quale sia stato il contesto storico per cui l’Europa si cacciò in quella carneficina, e poco sappiamo come hanno vissuto le popolazioni civili quel terribile periodo.


Parlo quindi di Storia Locale, quella che generalmente si occupa dei castelli, dei marchesi o tutt’al più di Napoleone. Delle donne, dei vecchi e dei bambini lasciati nei paesi della provincia di Savona (che allora ancora non esisteva) non ne sappiamo praticamente niente.

Conosciamo vagamente la storia della SIPE, il dinamitificio di Cengio che diventerà ACNA, e che era stato riconosciuto come “zona di guerra” essendo di importanza strategica. Chi poteva entrare al lavoro nello stabilimento, evitava la trincea. Ma non sappiamo quanto questa fosse una condizione desiderabile, effettivamente, se è vero che in uno dei pochi epistolari salvati dall’oblio, dalle nostre terre, un soldato scrive alla moglie:

Zona di guerra: 9 2 1917

[…] mi dici ancora che sevoglio che mifai la domanda per il cencio a questo riguardo nonso io cosa dirti se da una parte e triste e dall’altra non tanto bona e sempre sifà più triste questa tremenda guera

(Il soldato in questione, Pantaleo Casazza, mezzadro di Cortemilia, ha scritto numerose lettere alla moglie, che sono arrivate fino a noi anche grazie all’Archivio Ligure per la Scrittura Popolare).


È evidente l’italiano incerto, e questo ci ricorda anche la difficoltà di espressione e di linguaggio, la scolarizzazione ancora scarsa per quegli anni. Ma questo nulla toglie alla sofferenza, al terrore, alla disperazione crescenti in quegli anni, per un contadino sbalzato improvvisamente nella caotica distruzione della prima guerra. La prima ad essere figlia dei tempi moderni, industrializzati anche nella battaglia, al cospetto di macchine tecnologiche mai viste (dagli automezzi agli aeroplani, dalle mitragliatrici al gas tossico) e al sacrificio di masse di uomini per guadagnare pochi centimetri di rocce sterili.

Un altro soldato, Alessandro B. , pure lui di Cortemilia, ci ha lasciato un quaderno su cui ha fissato numerosi ricordi dei suoi anni di guerra.

Erano le cinque circa il sole spuntava, io ero occupato al comando di Batteria, quando una scarica di fucileria eseguita a breve distanza dal luogo ove io mi trovavo colpì il mio orecchio. Scattai in piedi e mi portai alla finestra e vidi dei soldati che venivano verso l’abitato gesticolando. In quella entrò nella camera ove io mi trovavo l’attendente del capitano, con una faccia terrea e tremava tutto. […] “Hanno fucilato or ora un soldato di fanteria, che chiamava moglie e figli, chiedeva perdono, che lo lasciassero vivere” […] il plotone gli scaricò addosso sei colpi che lo fece stramazzare a terra dalla sedia dove lo avevano legato.

Ecco un brevissimo resoconto di quel che è stata poi chiamata giustizia sommaria, per cui era possibile, grazie alle disposizioni del generale Cadorna, istituire processi immediati, presieduti e partecipati solamente da ufficiali, che avevano lo scopo di punire ogni insubordinazione, tentativo di fuga, di disfattismo, di vigliaccheria, anche per dare l’esempio agli altri soldati.

In Italia, su 4.200.000 soldati, furono condannati a morte in 4000 circa (3000 in contumacia, perché emigranti). 750 le condanne eseguite a seguito di un regolare processo. Mancano i dati delle esecuzioni sommarie, su cui non esiste quasi documentazione, in quanto pesava molto la discrezionalità degli alti ufficiali. Secondo recenti studi queste condanne furono almeno 300.

  

Per fare un paragone diremo che in Francia, su 6 milioni di soldati, furono eseguite 700 fucilazioni. In Germania (avendo però dati poco attendibili) ci sarebbero state solo 50 fucilazioni.

Condannare a morte un contadino perché cerca di scappare dall’inferno della trincea è molto discutibile. Come se non bastasse gli assassinati erano dei normali soldati, talvolta decimati giusto “per l’esempio”, senza che avessero commesso reati, e neanche tentato di scappare.

Molto ci manca ancora della Prima Guerra, dicevamo. Sia per quel che riguarda la storia delle trincee e di chi era costretto ad aspettarci la morte, quanto per le spose, i genitori, i figli di quei soldati destinati a carne da macello per la grandezza della nazione.


Ancora grande è la retorica su questa vicenda. Ancora risuonano celebrazioni favolistiche di una guerra giusta, condotta con eroismo e sprezzo del pericolo contro l’invasore austroungarico, per la difesa del sacro suolo. Dimenticando però tutta la sofferenza inutile perpetrata da italiani su italiani, da ricchi borghesi ufficiali, su contadini e mezzadri delle fanterie. E ancora sento parlare della ricorrenza del 24 maggio come di “festeggiamenti per ricordare la Prima Guerra”.

No, una guerra non si festeggia. Casomai si commemora. Le parole sono importanti, ed è ancora più importante costruirsi un bagaglio di informazioni a riguardo, cancellare dalle nostre visioni la retorica: “Cimitero delle realtà umane, o nel migliore dei casi ospedale degli invalidi”
(J. Ortega y Gasset, La ribellione delle masse).

A riguardo dei fucilati, recentemente è stata avanzata una proposta di legge per restituire l’onore a quei militari accusati e giustiziati ingiustamente o sommariamente durante la Prima Guerra Mondiale. Ecco la notizia:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/04/14/grande-guerra-legge-per-riabilitare-i-soldati-fucilati/1588937/

Consigliamo quindi alcune letture per integrare la conoscenza della Grande Guerra:

In ambito locale:

Davide Montino, Uomini in guerra. Esempi di scrittura popolare in Valle Bormida tra XIX e XX secolo. In Storie della Valle Bormida, riflessioni e ricerche sulla storia locale tra XIX e XX secolo, a cura di D. Montino, Millesimo 2006.

In ambito più generale:

Fabio Caffarena, Lettere dalla Grande Guerra. Scritture del quotidiano, monumenti della memoria, fonti per la Storia. Il caso italiano. Unicopli, Milano 2005

E. Forcella, A. Monticone Plotone di esecuzione. I processi della Prima Guerra Mondiale. Laterza, Bari 1972.

Alessandro Marenco

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.