Come la burocrazia ostacola la competizione elettorale

Come la burocrazia ostacola
la competizione elettorale

Come la burocrazia ostacola la competizione elettorale

Siamo entrati nel vivo del procedimento elettorale preparatorio, periodo iniziato con lo scioglimento delle camere. Il 24-25 febbraio si procederà alle consultazioni elettorali per il rinnovo della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Ma è così facile presentarsi alle elezioni? Poter partecipare alla competizione elettorale?

Vi racconterò il tutto, vissuto personalmente da me in questi giorni col M5S Savona, cercando di spiegare come questo processo sia tutt’altro che democratico. Infatti il combinato dell’art. 3, comma 2, della Costituzione (è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese) e dell’art. 49 (Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale), pare decisamente non rispettato.

Preparazione

 
Per iniziare abbiamo bisogno di trovare un nome alla forza politica, un simbolo e, ovviamente, i candidati.
Il territorio italiano, per la Camera, viene diviso in circoscrizioni, spesso coincidenti con la regione (per le più grandi ci sono più circoscrizioni) ognuna con la sua lista di candidati, mentre per il Senato (poiché il voto viene espresso su due schede differenti), per l’art. 57 della Costituzione, le circoscrizioni non esistono più, perché si elegge su base regionale, quindi ci saranno dei candidati per ogni regione.
Bisogna quindi avere dei delegati per ogni circoscrizione, che saranno quelli che si faranno carico per la propria forza politica, di portare a termine il complesso macello burocratico che si creerà.
I primi problemi giungono con la produzione di una valanga di moduli per l’accettazione della candidatura, che devono essere autenticati da un notaio (in materia elettorale non si possono produrre autocertificazioni), nonché la corretta compilazione del modulo in cui verranno raccolte le firme.

Carta, carta, carta e ancora carta

Quando tutto è pronto, le forze politiche fuori dal Parlamento che non si alleino con altri già presenti al suo interno, procedono alla raccolta firme. La legge richiede che ogni circoscrizione/regione raccolga un tot. di firme per potersi presentare alle elezioni. Questo perché bisogna valutare se c’è “rappresentanza”. Cosa che in Germania o in Olanda farebbe scoppiare a ridere pure il peggiore dei burocrati di palazzo.

Ci vogliono firme sia per il Senato che per la Camera. Quindi occorre compilare con cura i moduli con le generalità e il comune di iscrizione alle liste elettorali (di residenza, quello in cui si vota). Il tutto deve avvenire per tempo, perché poi bisogna andare in ogni singolo comune a raccogliere i certificati di iscrizione alle liste elettorali di quella persona per allegarle ad ogni singolo modulo. I moduli con le firme devono essere autenticati da un soggetto riconosciuto dalla legge (consiglieri comunali, notai, giudici ecc.). I certificati devono essere poi in originale, timbrati e firmati da un funzionario comunale. E qui c’è il grosso del lavoro: se non hai una struttura alle spalle, devi fare tutto con le tue forze, con l’aiuto di altri attivisti. Trovando spazio tra impegni di lavoro, di studio con gli altri, ricontrollando ogni singolo modulo e allegandovi quindi questi certificati. E poi l’aver cura di comunicare ai firmatari che possono sottoscrivere solo le liste di un partito, movimento. Perché, oltre ad annullare la firma al secondo che le presenterà in ordine di tempo, l’autore delle firme multiple riceve delle pesanti multe.

La corsa agli uffici

Uno penserebbe “benissimo, faccio lista, simbolo, delegati, firme e presento il tutto”. No, troppo facile. Difatti prima si raccolgono le firme (con la lista fatta), sotto un simbolo, un nome e dei delegati. Poi avviene il deposito del contrassegno al Ministero dell’Interno, in questo caso tra il venerdì ed il sabato appena trascorsi. Una corsa a sgomitare per affiggere il tuo simbolo prima degli altri, col rischio che qualcuno possa fregartelo.
A nulla vale brevettare il simbolo, perché le leggi elettorali derogano alle altre (è una legge speciale, rispetto a quella dei marchi). Quindi, paradossalmente, potrei presentarmi col simbolo della Coca-Cola alle elezioni. Poi mi faranno causa civile e dopo anni mi spenneranno vivo, ma è lecitissimo farlo. Cosa che è successa, con il deposito dei simboli farlocchi del Movimento 5 Stelle e di Rivoluzione Civile. Contestualmente al simbolo si depositano i programmi e le liste dei delegati di lista. Poi il Ministero (non il ministro) decreterà i simboli ammessi, con l’accortezza di escludere i simboli confondibili, come chiede la legge (alla lettera vale quello depositato prima, in ordine di tempo), oppure quelli depositati solo per precluderne l’utilizzo ad altri. Comunque va molto a discrezione della commissione adibita. Il Ministero può importi di presentare un altro simbolo, poi si possono fare ricorsi. Nel caso di accettazione, si procederà, circa 10 giorni dopo, al deposito delle firme, presso le Corti d’Appello di ogni regione. Entro un paio di giorni il tribunale dirà se quella lista, con quel simbolo, con quelle firme, potrà presentarsi alla competizione.
Tutto questo solo per un semplice simbolo su una scheda.

Come semplificare, in maniera logica
 
Pare quindi una corsa più che ad ostacoli poter partecipare alle elezioni. Non sembra che proprio tutti possano parteciparvi. Un modo per semplificare il tutto potrebbe essere rivoltare questi procedimenti.
Intanto si potrebbe prevedere una sorta di database dei contrassegni, in modo che ogni forza politica, rappresentata o meno, abbia il suo. Oppure che il simbolo sia presentato come primissima cosa, prima di tutto il resto, insieme ai candidati ed ai nomi dei delegati e del programma. Poi la raccolta firme, una volta pronto tutte le fasi precedenti. Più facile ancora sarebbe abolire completamente la raccolta firme: la “rappresentanza” la si verifica nelle urne. Certo, ci sono i rimborsi elettorali che vengono distribuiti al raggiungimento del 2% dei voti validi alla Camera, ma basta alzare questa soglia alla pari della soglia di sbarramento o, cosa a mio avviso migliore, abolirli. Se mantenuta la raccolta firme, ci vorrebbe un sistema per impedire le raccolte “false”, quelle classiche dei partiti, che fanno firmare anche i morti.

Questo procedimento può sembrare semplice, ma in realtà è debilitante. Si accumula nervosismo, stress, frutto di un attenzione minuziosa al non fare errori, per evitare invalidazioni della lista, non solo della firma.
Inoltre rappresenta un freno enorme a chi vuole concorrere alla politica nazionale, il che non è per niente rassicurante in una “moderna democrazia occidentale”. Senza dimenticare tutte le norme a cui bisogna far riferimento per la propaganda, la raccolta fondi, le spese.

E mentre all’estero ridono di noi anche per queste cose, torno a continuare ad smistare certificati elettorali!
 

 Manuel  Meles  da Il cittadino frustrato

 

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