Cinema:ON THE ROAD

RUBRICA SETTIMANALE DI BIAGIO GIORDANO
In sala nella provincia di Savona
ON THE ROAD

 

RUBRICA SETTIMANALE DI BIAGIO GIORDANO

In sala nella provincia di Savona

ON THE ROAD

 REGIA: Walter Salles

 
USCITA CINEMA: 11/10/2012
GENERE: Biografico, Drammatico, Avventura
SCENEGGIATURA: Jose Rivera
ATTORI:
Sam Riley, Garrett Hedlund, Kristen Stewart, Kirsten Dunst, Viggo Mortensen, Amy Adams, Tom Sturridge, Danny Morgan, Alice Braga, Marie Ginette Guay, Elisabeth Moss
FOTOGRAFIA: Eric Gautier
MONTAGGIO: François Gédigier
MUSICHE: Gustavo Santaolalla
PRODUZIONE: American Zoetrope, Film4, Mk2 Productions, Videofilmes
DISTRIBUZIONE: Medusa
PAESE: Usa 2012
DURATA: 137 Min
FORMATO: Colore
Recensione di Biagio Giordano
Film in sala nella Provincia di Savona

 
 
[…] Sal, dobbiamo andare e non fermarci mai
finché non arriviamo.
– Per andare dove, amico?
– Non lo so, ma dobbiamo andare. […]
(On the road)

Il film è tratto dalla famosa opera narrativa pubblicata  nel ’57, Sulla strada (On The Road), di Jack Kerouac, che rappresenta un vero e proprio manifesto della Beat generation, ed è ambientato negli Stai Uniti, nel 1947.

La pellicola si sofferma su alcuni aspetti del libro giudicati  idonei a sostenere un’andatura narrativa  di tipo visivo. E’ noto che  il racconto cinematografico di un film, tratto da un romanzo scritto, si discosta nelle dimensioni spazio-tempo-immaginario  da quello cartaceo per via di un diverso effetto del contenuto  che  nel cinema si offre ai sensi  della vista e dell’udito.

 

Toccando direttamente due dei cinque sensi umani,  il cinema  amplifica gli effetti estetici di un racconto  perché va  a interessare  un altro versante  percettivo, su una superficie maggiormente interfacciata con lo psichico, in grado quindi di far partecipare allo spettacolo componenti corporee più estese. Grazie  alla straordinaria impressione di realtà rilasciata dalle immagini in movimento, gli  aspetti  più emozionanti di una situazione narrativa, vengono quindi percepiti dallo spettatore cinematografico praticamente in quasi tutta la loro portata.

Ciò  è possibile in misura maggiore o minore a seconda della capacità tecnica del regista, che deve saper tradurre per il cinema  il suspence scritto e le  tensioni del libro più significative che animano gli episodi sviluppati in forma di contrasti di parole. Quando ciò riesce in misura ottimale è come se nascesse con il cinema una lingua nuova, altra, che funge per lo spettatore da specchio fantasmagorico  in grado di suggestionarlo  in una direzione emozionale imprevedibile, spesso di portata artistica e per certi aspetti poetica.

 In questo senso, in On the road, il lavoro svolto dal regista  Walter Salles è da apprezzare perché il film convince, avvince e trasporta, avvalendosi anche di una ricostruzione eccellente degli ambienti postbellici. Addirittura Salles  gira il film imitando gli effetti-colori delle  riprese da commedia drammatica di quegli anni,  simulando gli stessi toni di quelle tinte, notoriamente caratterizzati da colori caldi e freddi  un po’ mescolati, che attenuavano ogni contrasto cromatico,  allontanandosi molto dagli sfavillanti colorazioni di oggi.

 Il termine Beat generation” (Palpito di generazione),  che in Italia all’epoca  veniva  tradotto ironicamente  dalla cultura di destra come “Gioventù bruciata”,  viene coniato dallo stesso  Jack Kerouac nel 1947, ma secondo affidabili notizie di rete l’atto di nascita ufficiale sembrerebbe essere del 1952, che è poi anche l’anno di pubblicazione del famoso libro Go di  John Clellon Holmes, unanimemente considerato il primo racconto beat, e dell’articolo This Is the Beat Generation apparso lo stesso anno sul New York Times Magazine che informa il pubblico di questo nuovo e importante movimento culturale giovanile, caratterizzato da idee di libertà, pacifismo, emancipazione sessuale e ricerche di modi di vivere alternativi  alla famiglia.

 

Un movimento che inventa per di più  una diversa cultura del viaggio, sempre inteso  come  divertimento legato all’osservazione di  cose belle e culturalmente interessanti, ma apprezzabile soprattutto in quanto possibilità di una partecipazione attiva, in uno scambio interattivo, con le varie realtà sociali che si incontrano  sulla strada, lungo un non mai ben precisato itinerario. Per non dimenticare infine  di questo grande fenomeno culturale le numerose sperimentazioni con gli allucinogeni, proposti senza remore di sorta dai giovani del movimento.

Gli stupefacenti, che creavano per lo più benesseri-estatici, venivano intesi  finalmente, con la Beat generation,  in una maniera nuova, concettualmente più articolata in positivo: cioè come possibilità di   estendere la conoscenza a parti di sé prima sconosciute, cosa che secondo il movimento avrebbe  amplificato e dilatato negli usufruitori la percettibilità  della propria sfera inconscia, in particolare per quanto riguarda  quelle  istanze  normalmente del tutto represse dai costumi dominanti della società dei consumi e dallo sfruttamento selvaggio psicofisico operato dalla tecnologia del profitto che già negli anni ’40 trovava una importante elaborazione teorica con i testi di Herbert. Marcuse.

Il film On the road tratta dell’incontro fra il giovane Sal Paradise (Sam Riley), che come nel libro è lo stesso Jack Kerouac, con Dean Moriarty (Garrett Hedlunt).

 Quest’ultimo è il personaggio del film che interpreta  Neal Casady  amico famoso di Kerouac, incontrato dallo scrittore nel 1946,  che diventerà una persona molto  importante nella sua esistenza. Neal era un giovane assai problematico, inquieto, desideroso di imparare a scrivere bene, già segnato pesantemente dalla vita  a causa della triste esperienza del carcere minorile.

 
 

 Quell’incontro con Neal cambiò la vita a Kerouac  che divenne un famoso scrittore prendendo come oggetto di studio e di ispirazione un tipo di giovane simile, considerato l’emblema un po’ da avanguardia di tutta una generazione post-bellica difficile, sempre alla ricerca, dopo la spaventosa guerra mondiale, di una propria identità e aspirazione alla felicità. Una generazione secondo Kerouac dotata di una grande energia artistica, altamente spirituale,  sensibile ad ogni forma di male o malizia tanto da  sembrare impossibile che giungessero a qualsiasi tipo di  compromesso con le negatività sociali. Essi infatti proponevano la costruzione di un nuovo mondo civile lontano finalmente da ogni guerra e sfruttamento, nonché da qualsivoglia forzata  finalità utilitaristica di vita, che spegnesse la gioia di vivere.

 

La guerra così già aspramente patita nell’adolescenza  soprattutto nel proprio immaginario: sia con ricordi spaventosi che attraverso le esperienze dei propri genitori, aveva lasciato un segno indelebile nelle loro menti.

 

Kerouac   incontrando il giovane Neal aveva scoperto un amico fedele e insperati impulsi letterari, caratterizzati quest’ultimi da una forte significato inventivo, perché originali nel loro saper prendere forme stilistiche e simboliche nuove, tra le più svariate e  coinvolgenti, sempre ben intrecciate e armoniose con la realtà più prosaica della vita.

 

Un’amicizia dalla complicità molto stabile, misteriosa per certi aspetti,  ricca di condivisioni di vita e di affetto, che liberava energie nel campo dell’espressività più eloquente tanto da  indurre Kerouac a un impegno letterario straordinario legato ai problemi e alle aspirazioni della gioventù della strada. Una scrittura che lo porterà all’inaugurazione, insieme a John Clellon, del genere  di grande successo “la mia vita sulla strada”, un’ idea-visione che prende corpo nel film anche per l’influenza in Kerouac del libro di Marcel Proust La strada di Swann, che è il primo volume dell’opera in sette tomi del grande scrittore francese dal titolo: Alla ricerca del tempo perduto uscito nel 1913.  Nella terza sezione del libro, il narratore  immagina quasi sognando, di viaggiare, visitando  località lontane dal suo paese natio, dopo aver vissuto l’infanzia in un mondo piccolo e iperprotettivo.

 

Ma il film sembra voler dare al racconto di Kerouac, pur riconoscendone la portata culturale completamente innovativa, un valore  interpretativo non del tutto positivo, perché il regista Salles si sofferma insistentemente sugli aspetti più  maschilisti dell’opera di Keruoac.

 

In evidenza nella narrazione filmica di On the road appaiono infatti sempre più i profili maschili, indubbiamente ben delineati, ricchi anche di un certo spessore culturale soprattutto  per via dei loro numerosi pensieri  letterari e poetici espressi con  un atteggiamento ispirato, ma che lasciano fortemente intendere, per l’eccesso di protagonismo manifestato più volte nel film dai giovani personaggi,  un atteggiamento dei ragazzi verso le donne di tipo snobistico, di indifferenza verso i loro aspetti di pensiero più profondi, tanto da dare a un certo punto  l’impressione chiara allo spettatore che il loro interesse per le donne fosse quasi esclusivamente legato al  desiderio sessuale.

 

Nel film rimangono del tutto in ombra i profili psico-culturali delle donne, sia sotto l’aspetto  intellettivo sia per quanto concerne la personalità, che appare sfuocata rispetto alla necessità, puramente esistenziale, di acquisire una  autorevolezza nella vita di tutti i giorni; tanto che, un po’ amaramente,  tutta l’emancipazione femminile finisce per essere rappresentata nel film solo dalla possibilità, tra l’altro accettata in pieno dai ragazzi, di compiere ogni genere di trasgressione sessuale o disubbidienza civile. Forse ciò rispecchia davvero  un aspetto importante di quel movimento, ma occorre dire che già allora prendevano corpo in altre situazioni istituzionali  e sociali pensieri artistici e filosofici femminili di lungimirante portata storico-culturale, e appare strano quindi che non ci siano stati dei contatti importanti, di un certo effetto intellettuale, da parte del movimento beat con quelle realtà femminili  impegnate molto seriamente sulla questione della donna.

BIAGIO GIORDANO

 

 

 

 

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