CINEMA: Die Hard – Un buongiorno per morire

RUBRICA SETTIMANALE DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
In proiezione nella Sala 2 Diana Savona
Die Hard – Un buongiorno per morire

RUBRICA SETTIMANALE DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
In proiezione nella Sala 2 Diana Savona
Die Hard – Un buongiorno per morire
 Titolo originale: A Good Day to Die Hard
Regia: John Moore
Nazione e Anno: U.S.A., 2013
Genere: Azione, Thriller
Durata: 96 minuti.
Cast: Bruce Willis, Jai Courtney, Amaury Nolasco, Cole Hauser, Patrick Stewart, Sebastian Koch, Aksel Hennie, Pasha D. Lychnikoff, Megalyn Echikunwoke, Mary Elizabeth Winstead
Recensione di Biagio Giordano
In proiezione nella Sala 2  Diana Savona

    Bruce Willis, agile cinquantasettenne  si propone, con questo quinto film della serie Die Hard, in una veste psicologicamente nuova che lo vede padre accanto al figlio in situazioni estreme ad alto rischio di vita. Bruce riconferma in questa opera diretta da John Moore (autore de Il volo della fenice del 2004) le  doti di grande attore d’azione sempre ben espresse nell’abituale  ruolo di un poliziotto di successo.

Il suo personaggio è protagonista pieno del film, il regista John Moore  compensa il calo di velocità fisica di Bruce Willis facendogli assumere una parte in cui balza in evidenza  una maggior messa in pratica  della sua intelligenza. Nella narrazione il personaggio interpretato da Bruce Willis dopo un rapido studio della situazione in cui viene di volta in volta a trovarsi compie  infatti, nelle circostanze più critiche,  la prima mossa offensiva, cosa che ha l’effetto di  disorientare  gli avversari consentendo, grazie alla tempestività dell’anticipo di  tempo, di  poter  sferrare  il primo pesante colpo.

Bruce Willis è un poliziotto  tutto di un pezzo, motivato da certezze etiche e moralistiche di ferro, privo di paure, nelle scene di gruppo è quello che ha sempre il tono di voce  più alto quasi a dimostrazione  di essere dalla parte obiettivamente più giusta.

Bruce Willis svolge il ruolo affidatogli nella pellicola  con cura e forte determinazione non lesinando qualche sortita extra prevista dal copione, come quando sembra voler ammiccare al pubblico con uno sguardo e qualche battuta fuori dal contesto narrativo, probabilmente per ricordarci il tasso adrenalinico alto, raro, che il film emana.

L’autore del film John Moore  ci riporta con questa sua opera al cinema d’azione vero.

Il film è il migliore della serie,  tutto  quello che balza sopra le righe è frutto  dello staff del film e  di un budget  di produzione molto elevato;  l’azione curata nei minimi dettagli visivi e sonori non è mai banale, o ordinaria,  né  piatta, perché il gioco fotografico è  ben calibrato sia nella regolazione della profondità di campo sia nelle riprese in prospettiva che sono effettuate da angolazioni impossibili tanto da rendere le composizioni strane,  sempre diverse dal modo abituale che abbiamo di vederle nel reale; tutto ciò va a vantaggio della vivacità e suggestività di ogni scena.

Il film è animato da una  forte dose di sarcasmo, qualcosa che all’interno della narrazione sembra avere a un certo punto l’effetto di stemperare le scene di violenza più cruente. Quest’ultime appartengono solitamente  a quelle parti del film che appaiono maggiormente dettagliate,  caratterizzate da ricche  gestualità,  talmente ben articolate da far pensare che quanto più si raffina nel cinema il male tanto più esso diventa raccapricciante, agghiacciante e purtroppo inconsciamente anche seduttivo.
 
 

 Inseguimenti, esplosioni spettacolari e sparatorie ben assortite tra un suspense e l’altro, sempre  di grande qualità filmica azzerano ogni giudizio aprioristico di banalità così come comunemente si usa additare nella stampa italiana  ai film d’azione americani.

Queste sequenze narrative  d’azione in film come Die Hard trovano poco interesse negli studi dei critici italiani, perché essi tendono a trattare i film come se fossero  libri, mettendo spesso in evidenza solo una critica sui meccanismi narrativi.

In realtà queste nuove azioni filmiche, con le loro innovazioni stilistiche impreziosite dalla tecnologia della post-produzione, rappresentano qualcosa di estremamente interessante proprio ed esclusivamente dal punto di vista visivo-artistico.

Oggi l’azione nel suo modo di essere concepita e realizzata nel cinema americano, ha il difficilissimo compito di sedurre in forme nuove uno spettatore già assuefatto e stanco dai molti film precedenti sul genere, tanto che   il principale motivo conduttore dei film di questo genere, è diventato dal fine millennio in sù un’azione molto diversa, a forte impatto estetico-creativo.

Ciò obbliga i più scettici a ripensare tutto quello che può  apparire ai loro occhi di banale nel cinema  d’azione.

Il film d’azione  dischiude, grazie allo spirito riformista del cinema americano e alle nuove tecnologie digitali, un’altra vista, un altro orizzonte, un altro spazio e  tempo inconscio non cronologico, appartenenti a  un mondo che per un verso ci riguarda direttamente nel senso che è lo stesso che fornisce elementi alla realtà rappresentata nel film, ma che per un altro verso ci sorprende del tutto perché ci appare trasfigurato con effetti  estetici nuovi, vissuto dallo spettatore in un altro ritmo mai da lui direttamente sperimentato nella vita e un’altra angolazione visiva anch’essa mai  direttamente percepita dalla sua vista nel reale di tutti i giorni.

Mentre negli anni precedenti, prima dell’era digitale, la fotografia cinematografica del film d’azione stupiva per luce, riproduzione semplice e fedele della realtà quotidiana, oggi con i nuovi strumenti a disposizione essa è in grado di inventare sui medesimi elementi di base del reale movimenti turbolenti del soggetto e punti di ripresa visiva sempre più difficili e quasi impossibili, tali da portare lo spettatore a percepire il mondo che vive nel cinema in una dimensione altra, a volte  straniante  a volte piacevolmente surreale.

Siamo in presenza quindi con questo film di un’immagine nuova, non banale ma profonda, capace di togliere ogni familiarità alle cose e a rendersi maggiormente idonea alla spettacolarizzazione formale inedita con una cospicua valenza artistica.

BIAGIO GORDANO

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