Cinema: Ucciderò un uomo

RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
Ucciderò un uomo

RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
 Ucciderò un uomo
 

 Titolo Originale: QUE LA BÊTE MEURE (Muore la bestia)

Regia: Claude Chabrol

Interpreti: Caroline Cellier, Michel Duchaussoy, Jean Yanne, Anouk Ferjac

Durata: h 1.51

Nazionalità: Francia, Italia 1969

Genere: drammatico

Recensione di Biagio Giordano

 Il film è tratto dal romanzo The Beast Must Die (Muore la bestia) (1938) di Nicholas Blake, adattato per il cinema da Paul Gegauff e C. Chabrol.

Charles Thénier (Duchaussoy), vedovo, profondamente sconvolto dalla morte del figlio piccolo, ucciso da un pirata della strada, decide, dopo il fallimento nell’individuazione del colpevole da parte della polizia, di farsi giustizia da sé. Promette quindi a sé stesso che se rintraccerà il pirata lo ucciderà.

Dopo diverse e fallimentari peripezie indagatrici, la fortuna aiuta Charles. Egli scopre in Paul Decourt, garagista egocentrico e violento nonché misteriosamente sadico nei confronti del figlio 13enne Philippe, l’assassino del suo bambino.


 Attraverso una relazione intrapresa con una giovane e stretta parente di Decourt, Charles riesce ad entrare nella casa del malvagio Decourt e a partecipare alla sua vita quotidiana più intima. Charles però a contatto con l’assassino comincia ad essere indeciso sul da farsi, tanto che nel frattempo scrive un diario dove trascrive alcuni suoi stati d’animo relativi al desiderio di giustizia vendicativa che lo pervade da tempo nei confronti dell’assassino del figlio.

 Il cattivo Decourt scopre il diario e con esso, quindi, i retropensieri omicidi di Charles, al che lo affronta violentemente facendoli capire che non lo teme; ma il diario potrebbe essere stato messo volutamente nel luogo dove è stato rinvenuto, affinché fosse scoperto con una certa facilità: tutto ciò forse al fine per Charles di confondere le indagini che dopo la vendetta lo avrebbero senz’altro riguardato da vicino.  


 Successivamente l’infame  Decourt muore avvelenato; il decesso è avvenuto subito dopo che l’uomo ha preso la  sua medicina quotidiana. In essa  era stato infatti versato del potente veleno. Come era prevedibile, la polizia interroga Charles, che era ultimamente frequentatore assiduo della casa del morto, ma a differenza di quanto da lui  probabilmente auspicato si rende conto che il diario così messo da lui ben  in vista al fine di scagionarlo dall’omicidio in quanto sarebbe parso  assurdo uccidere un uomo che in qualche modo era stato preavvisato dall’assassino, è diventato per la polizia un forte indizio accusatorio nei suoi confronti.

Charles viene accusato dell’omicidio e dichiarato in arresto. Ma, al momento del fermo, il figlio martoriato dal cattivo Decourt, Philippe, confessa al commissariato di essere lui l’assassino del padre. Philippe, vessato quotidianamente dal genitore, in qualche modo era entrato a far parte dell’immaginario vendicativo di Charles, infatti, in una precedente occasione, il giovane aveva intuito le pulsioni omicide di Charles verso suo padre il signor Decourt, e si era dimostrato molto solidale con le sue intenzioni sanguinose.

 Ma Charles non sopporta di pensare che la vita di quel ragazzo sia distrutta per sempre, e scrive quindi una drammatica lettera alla sua fidanzata, parente stretta del defunto Decourt. E’ una lettera che discolpa Philippe dall’omicidio del padre e che dichiara la piena colpevolezza di Charles nel fatto vendicativo, una lettera che è da consegnare urgentemente alla polizia.

In Charles la sua precedente idea di uccidere Decourt senza essere scoperto e continuare poi a fare una vita degna di essere vissuta, naufraga di fronte a quanto realmente avvenuto, le sorti drammatiche per il futuro  che riguardano ora l’altra vittima di Decourt, il figlio giovane Philippe, lo hanno reso triste e colpevole.

Questo film di Chabrol sembra voler dire che la vendetta non paga, cioè non soddisfa ciò che promette, forse perché essa non è mai come la si immagina, cioè semplice e ben determinata dall’odio, in realtà il suo processo esecutivo è  complesso, animato com’è spesso da pulsioni impreviste che scuotono tutta la struttura dell’inconscio facendo emergere legami con  il passato ancora molto forti che rendono impossibile quel futuro nuovo, fatto di serenità e ritorno intenso alla vita, prospettato dall’Io lungo il progetto esecutivo della vendetta.

La vita di Charles a questo punto è distrutta, egli prende la sua barca a vela e si inoltra in mare aperto, lo aspetta l’ergastolo per la premeditazione dell’omicidio o una silente morte in mare, quest’ultima scelta come liberatrice da ogni sofferenza.

Con l’azione singola il male ha vinto. Ecco allora delinearsi nel film di Chabrol il paradosso della giustizia.

Solo una giustizia istituzionale, burocratica, avrebbe consentito, seppur con la sua circospetta e lenta applicazione, quel compromesso tra legge comunitaria e legge personale che avrebbe consentito a tutti di ritornare a vivere dignitosamente, seppur con una certa amarezza nel cuore.

      Biagio Giordano  

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