CINEMA: Stranger within (L’inganno)

RUBRICA SETTIMANALE DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
in sala nella provincia di Savona
 Stranger within (L’inganno)

 RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
Il sala nella provincia di Savona
Stranger within (L’inganno)
 
Regia: Adam Neutzsky-Wulff

Genere: Thriller
Attori: Katia Winter, William Baldwin, Estella Warren, Sarah Butler, Kim Bodnia, Jeffrey Pierce, Claire Ross-Brown, Vivienne McKee, Ole Dupont
Produzione: 2013 Danimarca
Casa di Distribuzione: Universal
Produttore: Sony Picture
Durata: 87
Pellicola: Colore
Recensore: Biagio Giordano
In sala in provincia di Savona, ad ottobre anche in DVD

 Stranger within (L’inganno), è un thriller psichiatrico di rilievo, ricco di effetti drammatici ben modulati che sorgono inaspettati da situazioni di intensa familiarità in grado di accenderne a dismisura i toni. Un film con intrecci  di notevole plausibilità letteraria che ne innalzano l’interesse.

Questi esiti estetici sono sfumati da alcune forme recitative teatrali che ne accentuano la  spettacolarità verbale e  l‘emotività suscitata dagli sguardi enfatici molto ricercati dei protagonisti, lungo una dimensione inter culturale-onirica delle scene di pregevole fattura analitica visiva.

Questi risultati filmici provengono anche da una sceneggiatura ben imbastita, frutto di una paziente ricerca clinico-psicanalitica,  le cui trascrizioni logiche per la narrazione visiva appaiono subito efficacemente trovate, sintetizzate nella forma visiva specifica più idonea al  cinema.  

Stranger within è un ottimo film supportato qua e là, nelle scene chiave, da una interpretazione  psichiatrica del disagio, con filosofia annessa, di una certa profondità e coerenza.


Splendide le location del film, girato in Spagna, New York, Copenhagen, da cui scaturiscono immagini preziose per inquadrature e contenuti, selezionate con cura, di grande effetto, simili alla forma nota del meraviglioso, immagini che si assimilano felicemente con la storia creando un contrasto vita-morte che affascina, e coinvolgendo le profondità più recondite della psiche dello spettatore: là dove accennano a diventare sogno-incubo.

 La sceneggiatura è originale, ed è scritta dallo stesso regista, Adam Neutsky-Wulff, all’esordio nel cinema legato ai grandi circuiti distributivi che  hanno, sorprendentemente, subito apprezzato il valore dell’opera e la sua alta predisposizione a circolare nel  mercato più commerciale.

Stranger Within vede la brillante partecipazione dello statunitense William Baldwin nel personaggio di Robert e la carismatica canadese Estella Warren nel ruolo di Emily. Essi recitano nel film la parte di una coppia sposata di grande successo professionale, infastidita da terzi sconosciuti, perseguitati fino al punto di diventare oggetto di attenzioni maniaco-criminali prima e ambigue intrusioni di estranei in casa dopo.

 Emily è un’attrice famosa e bella, una sera nel garage quando è ancora dentro la propria automobile viene da un uomo, vestito di nero e incappucciato, selvaggiamente aggredita, poi rapita e in seguito stuprata. L’uomo è un individuo dai desideri sessuali sadici, forse un suo vecchio ammiratore psicotico o un ambiguo ex amico protagonista con lei nel passato di una storia passionale degenerata in follia vendicativa.


 

Per fortuna la polizia riesce in breve tempo ad individuare il luogo dove si trova la star dl cinema rapita e a liberarla prima di ulteriori evoluzioni della violenza fisica e psicologica sulla donna: che  avrebbero potuto esserle fatali per la vita.

Ritornata a casa  Emily, dopo la spaventosa esperienza, non è più la stessa, soffre di allucinazioni e pensieri ossessivi che limitano la sua libertà personale coinvolgendo anche il marito  in  preoccupazioni molto stressanti. Col passare del tempo Robert  appare, nonostante il suo notevole selfcontrol da medico psichiatra, sempre più angosciato,  nevrotizzato   da una atmosfera familiare di vera e propria follia.

In un momento di lucidità Emily, d’accordo con il marito Robert,  decide quindi di lasciare New York per passare una vacanza insieme a lui in una splendida villa isolata in una incantevole isola del Mediterraneo.

Durante il primo giorno  sull’isola arriva presso la loro abitazione una giovane ragazza di nome Sara (Sarah Butler), con le mani insanguinate e molto provata psicologicamente a causa della morte del suo fidanzato: precipitato al suolo da un punto assai alto mentre scalavano una scogliera. L’isola non ha un ospedale e Sara sembra essere rimasta sola, perché non vuole far sapere niente, di quanto le è accaduto,  alla famiglia. Robert molto sensibile allo sfortunato evento umano persuade la moglie, dapprima reticente, sulla necessità di  offrire ospitalità e cure mediche-psicologiche alla ragazza.

Il comportamento di Sara verso Emily in principio è ossequioso e riconoscente, per poi diventare sempre più ambiguo, contorto, supponente e infine chiaramente ostile, tanto da far credere alla povera Emily che tra la donna ospitata e il marito Robert potrebbe esserci  una ambigua intesa.

Quando in un film come questo i problemi psichici-esistenziali dei personaggi passano da una dimensione che potrebbe richiedere l’attenzione della psicanalisi ad un’altra collocabile più verso la sfera psichiatrica, il coinvolgimento emotivo dello spettatore viene per qualche istante stravolto, deluso da  aspettative legate  al godimento  voyeuristico da lui immaginato al cinema,   assumendo toni nuovi, di grande apprensione sintomatica.


 

Si passa infatti da qualcosa che riguarda un possibile enigma psichico-storico biografico a un ignoto causale di tipo psicotico, il cui meccanismo è di caotica provenienza inconscia: è qualcosa che priva lo spettatore di ogni certezza, di ogni pulsione attendista costruita in precedenza, impedendogli qualsiasi possibile nuova configurazione visiva nella sua mente rispetto alle cose misteriose messe in gioco fino a quel momento dal racconto: è un ignoto di fronte al quale egli si sente  completamente impotente, sconfitto nel suo investimento psichico del momento sul cinema.

Il suo io viene per qualche attimo sconvolto, disorientato, perché là dove stava per arrivare  uno scioglimento degli intrecci messi in campo dalla prima parte della sceneggiatura, avviene invece qualcosa di spaventoso, che distrugge ogni significato, ciascun senso costruito in precedenza: la psicotizzazione  dei personaggi. Essa rilancia infatti la storia del film verso un nuovo nodo di questioni psichiche, che appare non più drammatico ma aggrovigliato senza via di uscita nel tragico.

Ciò avviene  nella psiche dello spettatore in una modalità particolarmente amara, che vede l’annullamento di tutte le sue precedenti identificazioni e proiezioni  avute sui personaggi e la storia narrata. La sua psiche diventa una sorta di tabula rasa rimanendo per qualche istante annichilita e sbigottita, fino a quando un nuovo desiderio identificativo si forma, meno modulato, più passionale e sintetico, denudato da ogni immaginazione civile: e proprio per questo per certi aspetti oscuro. Un desiderio che si muove autonomo tra le pieghe delle nuove rivelazioni narrative  tendenti alla tragedia, lasciandolo dapprima affranto e in seguito ammutolito per lungo tempo.

   BIAGIO GIORDANO
 

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