Cinema: Mystic River

RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
MYSTIC  RIVER

RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
Mystic River

 Mystic River, di Clint Eastwood, 2003,  USA, drammatico, 137 minuti, con Kevin Bacon, Tim Robbins, Sean Penn  

 Clint Eastwood si supera proponendo un film di denuncia, inoltrandosi nell’altra faccia del sociale statunitense, quello delle periferie, del sottoproletariato urbano, dei bambini che giocano per strada senza poter pensare a un futuro migliore (fatto di maggior sicurezze e sogni realizzabili e non legati a vincite di lotteria o doti fenomenali da campione sportivo). Un sociale oggetto di attenzioni benevoli da parte delle istituzioni religiose cristiane ma dove qualche ecclesiale eccessivamente frustrato può agevolmente, come non poche volte già accaduto, commettere ignominiosi reati.

Un mondo senza difese, fatto di vita umana sempre bisognosa di tutto, e da cui altre classi sociali più fortunate possono costantemente trarre vantaggi di ogni genere: dai facili profitti legati allo sfruttamento selvaggio, alla vessazione dei minori in forme diverse. Un mondo di poveri che reagisce ai torti sociali subiti non tanto con una vendetta personale o scontri di piazza contro le istituzioni, cose che i cittadini poveri temono perché può procurare loro altri guai, ma cercando spesso, tra i propri miserabili concittadini, pretesti per sfogare contro alcuni di loro la propria rabbia e impotenza senza più cercare, ad esempio per un furto o un omicidio, i veri colpevoli.

Questo è il mondo che rappresenta il film di Eastwood, un film straordinario, di eccezionale carica drammatica eseguito con criteri narrativi professionalmente già ben collaudati, di grande capacità comunicativa, e in grado di sollecitare nello spettatore il richiamo delle emozioni più forti legate a un’etica secolare infranta che lo riguarda da vicino, pulsioni a largo raggio, anche  le più disparate, come quelle che vanno dall’indignazione per ciò che accade di violento, di ingiusto, ai modi con cui i fatti vengono presentati dal film: sempre impossibili da intuire nella loro completa sequenza se non nello splendido finale, che giunge con soluzioni dal sapore amaro ma del tutto inaspettate e artisticamente innovative, donando allo spettatore un altrove meditativo, di pensiero, dissacrato e privo di sogni.

        Biagio Giordano  

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