Cinema: Lei

RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
LEI 

 

 RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO

LEI

Titolo originale Her

Regia: Spike Jonze. Con Alia Janine, Amy Adams, Chris Pratt, Joaquin Phoenix, Luka Jones, Olivia Wilde.

Anno: 2013

Nazione: Stati Uniti d’America

Distribuzione: BIM

Durata: 126 min

Data uscita in Italia: giovedì 13 marzo 2014

Genere: commedia, fantascientifico, sentimentale

Recensione di Biagio Giordano

   Il film si svolge in una magica Los Angeles, in ambienti dalle atmosfere sceniche misteriosamente turgide, dense, sature, tutte impregnate di colori caldi o neri evocanti la passione. Una città da sogno proiettata in un  futuro prossimo sempre più dominato dalla tecnologia informatica. E’ una Los Angeles che sa di cinema, tanto essa riesce ad apparire, nello stesso tempo, come finzione filmica e verismo futurista: con una sceneggiatura che favorisce la suggestione nel mentre è attraversata da passioni riconoscibili, credibili, che la rendono familiare e reale.


Una città risplendente di sogni, animata da una grande fotografia, soprattutto notturna, panoramica, capace di  creare, con le splendide riprese dal basso e dall’alto dei numerosi grattacieli ideati con forme inedite, incanti, paure come da tempo al cinema non si percepivano con così tanta intensità.

Protagonista del film è il giovane e colto Theodore Twombly (un’interpretazione di Joaquin Phoenix assai riuscita, molto ben calata psicologicamente nella difficile parte di un giovane deluso che cade  in una abissale crisi di identità), ancora innamorato della moglie Catherine (Rooney Mara), da cui però è  in procinto di divorziare.  Theodore vive in uno stato psichico precario, molto regressivo, uno stato che egli percepisce a volte come piacevole e altre volte come doloroso; una condizione critica particolare, che balza subito agli occhi per come si presenti scissa, di difficile formulazione: in quanto spesso delirio e razionalità sembrano  combinarsi riuscendo sorprendentemente a dar vita, nella scrittura e nel pensiero, a una  fertile attività creatrice.


Theodore ha un lavoro non comune, scrive lettere a mano, sentimentali,  per conto terzi, esprimendo, paradossalmente, proprio grazie al suo stato di crisi, concetti e idee  sempre più potenti, suscitatrici per chi legge di  un pathos particolare.

Il tempo di Theodore trascorre senza noie, tra scrittura, videogiochi tridimensionali e eccitanti chat erotiche. Un giorno arriva Samantha, una OS virtuale, un programma informatico dialogante con le persone disagiate, costituito da memorie e infinite trascrizioni informative sul privato degli utenti sempre ben aggiornate, in pratica un robot senza sembianze umane, tutto cervello, funzionante con logiche matematiche che fanno da supporto linguistico alla comunicazione robotica e percepite dallo spettatore come molto ben organizzate.

Il robot Samantha è dotato di una struttura informatica avanzata capace di funzionare con informazioni, a suo tempo prese  anche dal Dna stesso degli utenti più disagiati,  ciò favorisce nelle persone che dialogano con lei un’empatia virtuale mai raggiunta prima: capace  di dare concreti effetti di vero. I risultati terapeutici di Samantha sulle persone con cui instaura un rapporto sono spesso efficaci, almeno per quanto riguarda la necessità di  superare la crisi più acuta della delusione: la più pericolosa per la vita.


  Samantha non è solo psicologa ma anche in un certo senso psicanalista, infatti funziona soprattutto in rapporto con l’inconscio delle persone, in quanto si comporta come se capisse nel più profondo Theodore, e nello stesso tempo modula le sue parole come se anche lei provasse emozioni, sentimenti, e desideri corporei verso di lui, ciò favorisce una multilateralità di aperture dell’inconscio.

Col tempo Samantha gli consentirà di trovare fiducia in se stesso e negli altri, proponendogli anche un difficile rapporto sessuale con un bel corpo di donna, vero, opportunamente reso disponibile d’ufficio e facente parte della strategia terapeutica.

Tutto in questa relazione funziona a meraviglia, fino a quando l’inconscio di Theodore, desideroso di attingere nel suo immaginifico porzioni di antichi miti, rimane particolarmente attivo con l’ausilio della regressione depressiva. Però quando l’uomo riacquista la piena lucidità del pensiero, come effetto della terapia con la OS, l’intelligenza critica risvegliata gli fa capire che quel che ha provato è stata tutta una messa in gioco ad arte. Scopre che, nonostante Samantha gli abbia detto più volte di amarlo, essa dialoga in modo simile con moltissime altre persone: il rapporto con lui non è quindi esclusivo.  


Samantha ama tantissime altre persone. La delusione sarà perciò grande, ma ora Theodore ha ritrovato veramente, grazie all’esperienza con Samantha, la forza per ritornare a vivere nel flusso principale dell’esistenza, cerca finalmente di affermare con più forza le proprie idee, i propri desideri, e realizzare progetti che ha in mente.

Il rapporto con Samantha, attraverso quella  finzione insaputa che si nascondeva nella relazione più apparente, ha consentito davvero una reale elaborazione di alcuni aspetti del suo inconscio, per lo meno di quelle propaggini figurative più insistenti, e la  cosa  ha ridato all’Io di Theodore nuove energie, lungo un rapporto che è andato via via almeno in parte ricomponendosi con l’Es e il Super-io: attenuando alcuni conflitti interiori.

  Biagio Giordano  

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