Cinema: il pianeta degli uomini spenti

 
RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
Il pianeta degli uomini spenti
Film reperibile in rete e in Dvd

RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO

Il pianeta degli uomini spenti

 

Titolo Originale: BATTLE OF THE WORLDS

Regia: Antonio Margheriti

Interpreti: Claude Rains, Bill Carter, Umberto Orsini, Renzo Palmer, Maya Brent, Jaqueline Derval, Giuliano Gemma

Durata:

h 1.42 Nazionalità:

Italia 1961 

Genere: fantascienza

Al cinema nel Giugno 1961

Recensore Biagio Giordano

Film reperibile su You Tube

  Antonio Margheriti,  alias  Antony M. Dawson, si avvale per questo riuscito film di fantascienza, uscito nel 1961, di un soggetto accattivante,  originale  in quasi tutti i suoi aspetti rispetto ai tempi in cui è stato girato. Il testo è  scritto da Ennio De Concini, un autore dallo stile ricercato che usa  lo pseudonimo di Vasilij Petrov.

Margheriti mette in campo una squadra di attori di alto livello professionale, comprensiva anche di qualche  esordiente di  talento, una mossa quest’ultima che risulterà decisiva per la riuscita del film in quanto i giovani contribuiranno a dare all’opera un’atmosfera nuova per la fantascienza, aggiungendo quei toni di freschezza innovativa nelle immagini che animano quasi tutte le sequenze sceniche dei film di Antonio Margheriti.


 

Tra gli attori giganteggia Claude Rains(famoso soprattutto per Notorius e Casablanca),  che è da apprezzare per la credibilità e il vigore che dà al personaggio del dottor Benson: un professore geniale e paranoico che nella narrazione si impone subito su tutti per l’influenza che esercita la sua personalità  di studioso, in grado di dare alla sua immagine-personaggio una capacità di ammaliamento  fuori dall’ordinario.

 Il Pianeta Degli Uomini Spenti è uscito nel mezzo della parabola discendente del neorealismo che lasciava in eredità nuove e illimitate risorse cinematografiche fatte di idee, energie, e desideri esistenziali di girare con molta più frequenza film di un certo valore problematico. Questo film fa parte dei mitici anni ’60 del cinema italiano, quelli che hanno stupito l’intero mondo cinematografico per invenzioni artistiche, innovazioni tematiche, nuove meditazioni sociali e culturali, ed emozioni di pancia fuori da ogni schema del già visto (emozioni di pancia che  il geniale fotografo McCurry  dichiara in un intervista essere l’anima della fotografia).

Si è assistito e partecipato ad una indimenticabile età dell’oro del cinema italiano, fatta di protagonismo  e riconoscimenti internazionali conquistati con diversi generi filmici, girati da numerosi registi che erano spesso anche artisti militanti.  Era infatti un’età che ha visto un’esplosione  sorprendente di opere filmiche dalla composizione autoriale,  pregnanti di meditazioni ed emozioni di vario genere. Film capaci di  divertire, di rinnovare le forme estetiche del cinema,  di trasmettere per empatia i fertili risultati di un impegno  culturale sovente sopra le righe.

 

Film che riflettevano o interpretavano, con la commedia, il thriller, la fantascienza, il dramma, il comico, la parodia, la satira, l’horror, questioni e contrasti sociali nonché di costume in forte movimento. Il tutto curando  aspetti salienti del presente italiano di allora e della sua storia, con un attenzione particolare anche alle periferie del mondo osservate e analizzate nelle loro problematiche sociali più drammatiche o significative per costumi in evoluzione.

Dal punto di vista scenografico e iconografico  Il pianeta degli uomini spenti faceva parte, a buon diritto, di quel  pregevole contesto storico-artistico, in quanto il film rappresentava una tappa evolutiva importante nella storia mondiale del linguaggio visivo legato al cinema di fantascienza.

L’opera di Margheriti è stata  studiata e apprezzata anche dallo stesso Kubrick il quale allora era un po’ a digiuno di codici visivi fantascientifici e desiderava apprenderne di nuovi per realizzare al meglio i suoi progetti filmici.

Il film per certe innovazioni tecniche fotografiche e rappresentazioni iconiche di pregnante suggestività  inconscia, come lo sbarco in posa sul pianeta alieno del gruppo di astronauti terrestri e le sequenze spaziali silenziose con lo sfondo del buio dell’universo, ispirerà addirittura alcune inquadrature importanti del film 2001 Odissea nello spazio uscito nel 1969,   considerato il maggior capolavoro  della storia cinematografica della fantascienza.


 Il pianeta degli uomini spenti è divenuto col tempo un vintage cult, perché è animato figurativamente da una misteriosa bellezza postmoderna: seppur per ragioni tecniche appaia non molto ben definita. Questa costruzione estetica innovativa e precorritrice dei futuri tempi cinematografici,  ha consentito al film di reggere bene il trascorrere degli anni  conservando  toni  artistici  che evocano tuttora per similarità di forma  aspetti non secondari dell’arte moderna.

Sorprende quindi che questa opera di Margheriti  abbia preso dei voti molto bassi dalla critica cinematografica  più influente, stupisce il fatto che essa non abbia  preso in considerazione l’oggettivo valore culturale del film, sia per la forma che per i suoi contenuti storici ed estetici.

Da quel che si legge dai libri di cinema sembra che ciò sia dovuto a un giudizio negativo, dato su un fondamentale del cinema, cioè su alcuni particolari tecnici importanti riguardanti gli effetti speciali della seconda parte del film ritenuti non all’altezza rispetto alla prima parte. La critica al soggetto filmico come sceneggiatura e alla sua realizzazione pratica è stata invece positiva. 

Questa carenza  sugli effetti speciali sembra sia stata riconosciuta anche dallo stesso Margheriti, tanto che in seguito prenderà la decisione di diventare responsabile primo degli effetti speciali dei suoi film e di firmare  alla fine il  lavoro  svolto con uno pseudonimo affinché  il pubblico si convinca di un lavoro su tutte le parti del film svolto  in equipe.  

Ma questo aspetto  critico-tecnico del film è da considerare quasi marginale rispetto al funzionamento  complessivo dell’opera, perché nell’insieme gli effetti speciali del film e la storia si amalgamano bene trasmettendo sempre una sensazione di scorrevolezza priva di ombre.

I critici avrebbero dovuto sottolineare altri aspetti più importanti del film, soprattutto la sua nuova portata iconografica, cioè la conquista con il linguaggio visivo creativo di Margheriti di uno stadio espressivo originale che arricchiva notevolmente la profondità della comunicazione trasmessa dai codici visivi di fantascienza, diventando un punto di riferimento importante per altri cineasti.

Questo filmdi Margheriti si basa su un’idea narrativa assai stuzzicante: narra di  un piccolo pianeta, a forma di luna ma molto ridotta, programmato da alieni intelligenti di un sistema solare sconosciuto,  che sta per raggiungere la Terra  con scopi misteriosi. Esso si avvicina paurosamente  alla nostra atmosfera scortato da numerosi e bellicosi dischi volanti.

Tutti gli extraterrestri presenti in quel pianetino minaccioso, esecutori  di un progetto  che appare ambizioso ma di cui non si conoscono i fini, risultano deceduti, ma il pianetino, guidato da logiche inserite su grandi memorie ad alta tecnologia,   facenti capo a un super computer,  cerca di portare a termine lo stesso  l’oscura missione,  ciò terrorizza gli umani perché non sanno come organizzarsi.

A contrapporsi alla minaccia del corpo-straniero, che entrando nella nostra atmosfera sconvolgerebbe l’equilibro gravitazionale con successive catastrofiche conseguenze, ci proveranno, tra disaccordi anche gravi che porteranno a degli omicidi, le forze dello Stato Maggiore militare  e un equipe  di grandi scienziati, coordinati dall’anziano,  geniale e coraggioso Dottor Benson.

I dialoghi che vedono come protagonista il professor Benson con i suoi interlocutori sono  di una comunicatività ben vigorosa, a cui si aggiunge una misteriosa grazia espressiva dovuta per lo più al carisma dell’attore, aspetto quest’ultimo molto importante negli effetti filmici generali dell’opera perché  copre altre piccole imperfezioni del linguaggio visivo legato al montaggio, consentendo al film di non mostrare grosse smagliature nella difficile realizzazione della sceneggiatura.


L’opera di Margheriti per come riesce a costruire certi personaggi e per come allestisce alcune iconografie nelle sequenze sceniche chiave, sembra ispirarsi al Flash Gordon di Alex Raymond.

Da sottolineare anche in questo film il buon esordio nel cinema di Giuliano Gemma fatto di disinvoltura ed espressione artistica già vicina alla maturità.

Il pianeta degli uomini spenti (distribuito negli anni ’70 anche con il titolo di Guerre planetarie) è il secondo lungometraggio di fantascienza di A. Margheriti, il primo si intitolava Space Men (1960).

Dal punto di vista psicoanalitico è interessante la figura del professor Benson, un personaggio che si carica gradualmente lungo la narrazione di un profilo impreziosito da note letterarie, ricco di spessore culturale, assai raro nel cinema di fantascienza.

La sua genialità lo rende solitario e un po’paranoico, nel film il ruolo da protagonista che si è assunto come personaggio superiore e che è stato anche riconosciuto dalla comunità scientifica in cui vive, lo costringe a privilegiare nei rapporti con le persone la formalità, tanto che il potenziale investimento libidico diventa a un certo punto quasi del tutto privo di oggetti reali su cui spostarsi e ripiega quindi sull’Io euforizzandolo a dismisura, facendogli perdere cioè la capacità di distinguere il suo mondo formale-fantastico dal reale: racchiudente quest’ultimo i modi necessari per difendersi dai pericoli che insidiano la propria vita.

 

 Biagio Giordano

 

   

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