CINEMA: Gloria (2013)

 
RUBRICA SETTIMANALE DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
In sala in provincia di Savona, in proiezione anche al Nuovo Film Studio 
Gloria (2013)

RUBRICA SETTIMANALE DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
In sala in provincia di Savona, in proiezione anche al Nuovo Film Studio di Savona
Gloria (2013)

Titolo Originale: GLORIA

 

Regia: Sebastián Lelio

Interpreti: Paulina García, Sergio Hernández, Diego Fontecilla, Fabiola Zamora, Coca Guazzini, Hugo Moraga

Durata: h 1.45

Nazionalità: Cile 2013

Genere: drammatico

Al cinema nell’Ottobre 2013

Recensore Biagio Giordano

In sala in provincia di Savona, in proiezione anche al Nuovo Film Studio di Savona

  Il film ha una certa andatura verista come da tempo non se ne vedeva nella catena della distribuzione cinematografica italiana che appare  legata a un mercato  filmico sempre più  dominato da politiche strettamente commerciali.

In questa pellicola dell’argentino Sebastian Lelio il simbolismo, le metafore, le metonimie si riducono a poche inquadrature, a   qualche immagine sporadica  qua e là incaricata per lo più di sintetizzare o sottolineare qualcosa del senso a cui il film rimanda o a formulare per il pubblico la cifra del reale dei rapporti umani in gioco nel racconto.

Quindi  prevalentemente i contenuti delle inquadrature, le cose in esse raffigurate intese come unità minime del linguaggio visivo (Pier Paolo Pasolini) dicono quello che effettivamente sono nella vita di tutti i giorni a vantaggio di uno scorrimento narrativo a tratti invidiabile.


 Gloria, la protagonista del film, è un personaggio pienamente riuscito, con cui è facile identificarsi ed entrare in un rapporto empatico potente in grado di rafforzare nello spettatore  attese e previsioni che rafforzano il suo rapporto emotivo ed intellettivo con il racconto. Il personaggio è interpretato magistralmente dalla cilena Paulina García.

Gloria vive a Santiago, è una persona dinamica e indipendente, ricca di affetti, amante della solitudine di lusso, quella più ricercata, che appare colorata di sapienza, meditativa, mai lontanamente paragonabile con la solitudine imposta da circostanze esistenziali negative.  

La donna è divorziata, prossima ai sessant’anni, con due figli ormai divenuti adulti.

La sua vita è esplosiva, Gloria non sembra proprio volersi rinchiudere nel vuoto rimuginare della donna separata con figli, né adagiarsi nel torpore del disagio psichico segnato dalla colpevolezza, un sintomo quest’ultimo così frequente nelle donne separate  cilene costrette a rimanere a contatto con la sottocultura maschilista  anche nella difficile gestione della separazione stessa.  

Gloria afferma  coerentemente il suo diritto al piacere e alla felicità, ricercandoli sempre con inesauribile ostinazione, coadiuvata da una forza caratteriale particolare, prorompente, che agevola in ogni circostanza la possibilità di soddisfare la sua spontanea sensualità, del tutto priva di forme inibitrici.

La donna si è alleggerita, con la separazione, di quella parte più ipocrita del suo abituale pudore, che si manifestava  nelle ambigue e doverose relazioni istituzionali del passato così pesantemente condizionate  dal costume di una tradizione  nevrotizzante per le nuove generazioni che  appare sempre più fuori dai tempi.

Ma nel presente, al culmine dei diversi percorsi relazionali con gli uomini  da cui è attratta, fatti di passioni erotica e sentimenti labili mai del tutto maturati, la donna giunge a manifestare un cinismo insospettato, separa violentemente e paradossalmente il sesso dall’amore non chiarendo in tempo al partner ciò che in lei sta accadendo, cosa che spinge l’uomo con cui sta relazionando  verso l’angoscia più devastante.


Gloria  inconsciamente non è tanto interessata a un nuovo equilibrio psichico, quanto a una liberazione violenta, densa di passioni dirompenti ed egoistiche, dalle catene che la rendono una donna socialmente condizionata.  Questo lei, a un certo punto, sembra quasi avvertirlo,  ma  avendo solo relazioni caratterizzate dalla sensualità, prive di interrogazioni culturali che portino a una elaborazione del suo sentire più profondo, non lo comprende e alla fine di ogni rapporto d’amore non sa bene dove andare.

Allora la liberazione dalle catene non potrà che avvenire  solamente nell’immaginario, con il rischio di rimanere pura fantasia, superficialmente trasversale rispetto a realtà sociali profondamente radicate, condizionanti, restie ad ogni modifica con la sola forza della trasgressione sensuale individualistica.

La partecipazione a feste, eventi serali e discoteche nelle quali poter incontrare qualcuno della propria età, faranno quindi sempre parte per Gloria di un mondo troppo suggestivo, astratto,  che non sarà mai in grado di favorire, con gli uomini che lì incontra,  una nuova svolta progettuale della sua vita.

Scioglierà questi nodi il finale del film? E se lo farà quali indicazioni realiste traccerà per il futuro di Gloria?

Questo splendido film di Sebastian Lelio, nato a Mendoza in Argentina, nel 1974, che ricordiamo in The Year of the Tiger e Navidad, sta avendo ottimi riconoscimenti di pubblico e di critica in Italia e all’estero (Orso d’argento a Berlino per l’interpretazione di Paulina Garcia), cosa che fa ben sperare  a breve per il ritorno del grande pubblico verso  film che possono soddisfare soprattutto il versante del gusto culturale proposto da un’opera, molto più che la sua parte da intrattenimento, da evasione, che appare oggi eccessiva per estensione e dominio nel mercato, tanto da risultare spesso di qualità mediocre, fatta di  ridondanze: con codici visivi logori e ripetitivi.


Sul piano più estetico Gloria è un film che sta facendo discutere e polemizzare molto, in effetti è una pellicola che può anche non piacere, o addirittura deprimere. Le scene erotiche avvengono tra corpi segnati dal tempo,  con la macchina da presa  che insiste su particolari  antiestetici come se volesse  provocare nello spettatore un disgusto, una ripugnanza, forse  del tutto funzionale a uno spostamento dell’attenzione dello spettatore dal basso verso l’alto, dal feticismo nevrotico di una sessualità-erotica maschilista che non può essere più spontanea, sana, perché si cala in una scena priva  di bellezze attrattive dirette, ai sentimenti d’amore cui gli amanti aspirano che paradossalmente per maturare non possono fare a meno di essere accompagnati da una idea fantastica di soddisfazione erotica prossima alla realizzazione.

Quindi avviene un gioco, negli amanti, di desideri impossibili temporalmente imprevedibili. Gli amanti  nel loro non voler rinunciare alla bellezza gradualmente perduta con gli anni, ne costruiscono una pulsionale, nella mente, protetta da sguardi indiscreti, fatta di stordimenti sensuali musicali, immaginazioni fortemente cinematiche animate da forti pulsioni nevrotiche, creatività di situazioni relazionali ambigue, e odi rispolverati rimessi in gioco per favorire contrasti erotici che portano ad una certa soddisfazione  riuscendo a mettere la bellezza perduta in secondo piano.

BIAGIO GIORDANO

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DI BIAGIO GIORDANO

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