Cinema: Fellini-Satyricon

 
RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
Fellini-Satyricon
Al cinema nel Settembre 1969

RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO

Fellini-Satyricon

 

Titolo Originale: FELLINI SATYRICON

Regia: Federico Fellini

Interpreti: Hiram Keller, Capucine, Lucia Bosé, Fanfulla, Max Born, Salvo Randone, Martin Potter, Luigi Montefiori,Magali Noel, Alain Cuny

Durata: h 2.15

Nazionalità:  Italia 1969

Genere: commedia

Al cinema nel Settembre 1969

Recensione di Biagio Giordano

 Fellini – Satyricon” è un film di letteratura romana antica le cui qualità  risiedono soprattutto nella vivace coralità di costume dei personaggi, inseriti su uno sfondo scenografico molto suggestivo con colori materici. La sceneggiatura a contrasti forti che interpreta il famoso omonimo testo di Petronio Arbitrio (I secolo dopo Cristo) soprattutto in chiave moderna risulta poi ricca di situazioni ben contrastate.


Fellini gira un film fuori dal comune, calandosi in un genere come quello letterario latino di non facile consenso  di pubblico. Il film passerà alla storia del cinema come una delle migliori pellicole ispirate  a un’opera letteraria  dell’antica Roma.

La narrazione ricca di personaggi animati da desideri passionali e violenti non risparmia nulla della vivacità di costume dell’epoca presa in considerazione, la trivialità e la poesia quasi convivono, sono due facce della stessa medaglia,  funzionali una all’altra nonostante il loro separato apparire.

Fellini  sale decisamente in cattedra proponendo, nelle scene liriche, erotiche  e più cruente, un modello di racconto e raffinatezza scenografica unici nel cinema che coinvolge per potenza espressiva, quest’ultima assai rara nel genere.

Il film è uscito nel 1969, in un contesto culturale fervido di novità  sui modus vivendi della società italiana, un periodo animato anche da grandi contestazioni al sistema economico e istituzionale del paese. L’Italia vedeva protagoniste proteste violente, ma competenti, coerenti,   sostenute da un vasto consenso sociale, sulla scia di una crisi dei tradizionali valori politici e dei simboli di consumo, crisi che era senza pari dal dopoguerra, e che lasciava intravedere ideologie e valori  decisamente rivoluzionari.


Tutto ciò ha avuto un riverbero sul “Fellini-Satyricon“, riscontrabile nel tono stesso della narrazione filmica, nel suo linguaggio verbale dalle cadenze assordanti sempre teso e diretto, a volte esplosivo, che configura un conflitto drammatico, inventando un reale più vero sostenuto paradossalmente dalla magia della finzione.

Un riverbero leggibile nel film nelle scene più frenetiche e passionali, trasgressive o tendenti al subbuglio sovversivo verso un’autorità immaginaria, non sempre ben precisata,  presente a volte solo nella fantasia dei due giovani protagonisti Ascilto ed Encolpio.

Fellini si è ispirato liberamente alla omonima opera del 60 d.c. attribuita allo scrittore latino Petronio Arbitro, un libro romanzo di genere avventuroso-erotico, scritto in latino e ambientato a Pozzuoli e Crotone, un testo di impossibile ricostruzione, incompleto, giuntoci in modo lacunoso, con meccanismi letterari difficili da comprendere perché frammentari, e una scrittura smagliata da dove emergono profili di personaggi incerti, le cui identità appaiono in sospeso,  lasciando all’oscuro a volte le loro caratteristiche più significative.


Il film è ambientato nella Roma imperiale, in una città in piena decadenza morale e sociale; la prima parte della narrazione si svolge nella zona della famigerata Suburra delle terme dell’Insuleta Felicles, luogo di molte dissolutezze e ritrovo di sventurate, indigenti persone.

I protagonisti sono Ascilto (Hiram Keller) ed Encolpio (Martin Potter), due giovani letterati dalle tendenze sessuali più diverse, amanti della vita libera e avventurosa, sempre alla ricerca di ambienti o situazioni in grado di suscitare passioni,  luoghi dove i due mettono in gioco la loro bellezza e la soverchiante astuzia letteraria per intrecciare relazioni senza precisi confini.

I due letterati si invaghiscono dell’efebo Gitone (Max Born), dalla bellezza delicata, soffice e quasi femminea, le cui attrattive estetiche vengono in principio divise dai due finché Gitone al termine di varie peripezie, costretto a una scelta da Ascilto, decide per quest’ultimo.


 

Encolpio deluso, prosegue i suoi viaggi senza meta, conosce il poeta Eumolpo (Salvo Randone) e diverrà erede della sua poesia; si sposerà con Lica (Alain Cuny), un omosessuale raffinato al servizio del tiranno di Taranto, che lo rapisce su una spiaggia mentre sogna portandolo a bordo di una nave dall’aspetto funebre, squadrata, surreale insieme ad altri giovani destinati a procurare piaceri carnali e diversivi all’imperatore tarantino,  come la lotta libera all’ultimo sangue.

Sfuggito da Lica, che verrà ucciso da soldati ribellatisi alla dittatura tarantina, Encolpio diventa oggetto di una burla, viene costretto a combattere in un labirinto con un uomo mascherato da Minotauro (Luigi Montefiori). Quando il giovane ha la peggio chiede grazia, viene salvato ma fallisce poi nella prova di dimostrazione di potenza sessuale con Arianna. Encolpio diventa allora oggetto di assordanti risate dalla corte e dal pubblico: la burla allo straniero inaugurava infatti le celebrazioni dell’anno in nome del Dio Riso.

Encolpio ritrova la sessualità perduta con una specialista del caso Enotea (Donyale Luna), con cui ha un magico amplesso, ma perde Ascilto che aveva ritrovato insieme a Gitone nella nave di Lica: il suo amico viene ucciso da un misterioso soldato.


Morto il poeta Eumolpo, che nel frattempo era diventato ricco e famoso, Encolpio assiste alla lettura del suo testamento, che prevede si il lascito dei suoi beni agli eredi ma soltanto per chi mangerà il suo corpo, una pratica allora molto diffusa in alcune regioni dell’impero romano. Encolpio rifiuta il macabro banchetto e parte con la nave appartenuta ad Eumolpo verso nuovi lidi, in Grecia, imbarcandosi sul bastimento come un semplice uomo dell’equipaggio.


Da sottolineare ancora altre scene, come quella del giovane ermafrodito (Pasquale Baldassarre), che viene rapito dai due giovani insieme a un predone (Gordon Mitchell) per sfruttare i suoi poteri di guarigione, ma il ragazzo morirà dal caldo durante il trasporto; poi le succulente scene del banchetto con Trimalcione (Mario Romagnoli), il commovente suicidio per debiti del patrizio (Joseph Wheeler) che prima della confisca dei suoi beni scioglie i suoi schiavi dal vincolo della schiavitù, l’incontro nella sua sontuosa villa dei due giovani Encolpio e Ascilto con la bella e giovane di colore con la quale i due giovani si eserciteranno in lunghi giochi d’amore, il racconto della bella e virtuosa vedova che impicca il marito morto per salvare l’amante vivo posto a guardia di un altro impiccato il cui corpo verrà rapito dai parenti durante le effusioni d’amore del giovane soldato con la vedova.
Per finire da evidenziare anche la scena-teatrale con l’attore Vernacchio (Fanfulla) da cui Encolpio riacquista Gitone venduto da Ascilto a Vernacchio per trenta denari.

 Biagio Giordano

       

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