Cinema: Alba tragica

 
RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
Alba tragica
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RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO

Alba tragica

 

Titolo Originale: LE JOUR SE LÈVE
Regia: Marcel Carné
Interpreti: Jean Gabin, Jules Berry, Arletty, Jacqueline Laurent, Bernard Blier
Durata: h 1.27
Nazionalità:  Francia 1939
Genere: drammatico
Pellicola in bianco e nero
Al cinema nel Giugno 1942
Recensione di Biagio Giordano
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Grigia e proletaria periferia di Parigi, 1939, vigilia della seconda guerra mondiale. Un giovane operaio, Francois (Jean Gabin), orfano e solitario ma capace di relazionare sentimentalmente con belle donne, lavora in una fabbrica di motori per mezzi stradali,  operando in uno dei reparti più gravosi per la salute, quello addetto alla verniciatura dei pezzi costruiti.


 Francois svolge il suo lavoro indossando una gigantesca  maschera-filtro che lo protegge solo parzialmente dalle numerose particelle dannose presenti nell’aria. Dopo la stampatura al forno dei pezzi, egli procede alla loro pulizia con  sabbia pressurizzata, dopo di ché dà inizio alla verniciatura vera e propria. Nelle brevissime pause, per disintossicarsi beve latte.

Francois sembra sopportare la pesantezza e la pericolosità del suo lavoro con molta forza interiore, forse ciò sarà possibile finché al suo orizzonte non comparirà qualcosa di nuovo, di straordinario,  in grado di prospettargli un cambiamento di vita vero. Nel frattempo egli crede all’utilità per sé e per gli altri di quello che fa, fino al punto a volte di avvertire una forma di misteriosa soddisfazione che sembra rafforzare la sua identità di classe.


Un giorno capita per sbaglio nel suo reparto una giovane e bella fioraia Francoise (Jacquelin Laurerit), che porta il suo stesso nome, anche lei orfana e solitaria, la donna è lì per consegnare un mazzo di fiori alla moglie del vicedirettore della fabbrica che festeggia l’onomastico del marito.

Tra i due, dopo una breve conversazione sulla loro condizione di vita, che appare subito per certi aspetti assai simile, nasce l’amore; ma i fiori in mano a Francoise nel frattempo sfioriscono:  intossicati dai veleni del reparto, e la cosa per gli spettatori del film sembra un triste preannuncio metaforico di ciò che accadrà in seguito.

Francoise e Francois si frequentano, si vedono in casa, vanno insieme a spettacoli di intrattenimento, si vogliono bene.


 

Ma un giorno l’anziano Valentin (Jules Berry), con cui Francois condivideva inconsapevolmente per un certo tempo l’amante Clara, un uomo di spettacolo ammaestratore di cani, raffinato  e colto, gran seduttore di donne, cerca di mettersi in contatto con lui per un colloquio riguardante proprio la  fioraia Francoise.

Valentin mette l’accento su come la situazione sentimentale tra Francois e la fioraia Francoise, e tra lui,Valentin, e Francoise, sia alquanto complessa. Anche Valentin infatti frequenta la fioraia cercando al pari di Francois approcci  coinvolgenti. Lo sviluppo della vicenda renderà chiaro in seguito che la fioraia ama, corrisposta, Francois ma che sente una oscura attrazione anche per Valentin: per lo più su un  piano di piacere più difficile da sublimare.

Francois non accetta tale situazione, comunica quindi il suo tormento alla fioraia, la quale comprende, angosciata, il turbamento di Francois e per amore di lui lo rassicura che non vedrà più Valentin. Il vecchio Valentin, abbandonato dalla fioraia, rimane sconvolto, decide con una pistola in tasca,  di andare in casa di Francois, ritenuto responsabile della decisione della ragazza, e ucciderlo.


 

L’ultimo colloquio tra Valentin e Francois  nella piccola abitazione dell’operaio, è turbolento, ma Valentin non se la sente di sparare a Francois, preferisce umiliarlo dall’alto della sua cultura e posizione sociale sottolineando come alle donne piacciano anche gli uomini che danno sicurezza e  sono capaci di affascinare con la raffinatezza e l’eleganza, aspetti che in passato tra Valentin e la fioraia hanno avuto buon gioco e che quindi potrebbero  ripresentarsi.

Francois, avverte che quanto detto da Valentin potrebbe essere vero, ma tutto ciò è per la sua morale integra inaccettabile, offensivo, e preso quindi da una pulsione incontrollata di gelosia, si appropria della pistola di Valentin, lasciata imprudentemente incustodita sul tavolo, e gli spara urlandogli: “sei spacciato”.  Valentin sorpreso, ferito a morte, prima di aprire l’uscio e andare a morire sulle scale trova  la forza per dirgli: “anche tu sei spacciato”.

Questo film ebbe un grande successo di pubblico e di critica, la sua seriosità sfociante nella tragedia, animata dalla poesia realistica è tipica della cinematografia di Marcel Carnè di quel periodo. Un realismo poetico costruito con la suggestiva fotografia del bianco e nero a ricchissime varianti di tonalità del grigio e da dialoghi semplici ma penetranti, di grande profondità umanistica e spessore comunicativo (scritti per lo più dal grande poeta inquieto Jacques Prevert).


 Il film per gli spettatori più popolari diventa un feticcio morale, un baluardo del buon senso, uno specchio della propria condizione, sollecitando una sorta di rassegnazione catartica per il destino e la condizione sociale dagli estremi contrasti responsabili della violenza umana più tragica, quella ineluttabile, giustificata da passioni inconciliabili tra di loro. Passioni sorgenti da una presenza diffusa del male desiderante, alimentato, rafforzato,  da un sociale esasperatamente competitivo legato ad un’economia capitalista cinica, disumana, sempre più esigente nelle fabbriche e  in forte espansione nel mondo con le sue guerre, e con tutte le sue inconciliabili contraddizioni economiche.

L’atmosfera visiva, psicologica, sociale del film con la sua sfumatura linguaggio  basata sui contrasti luce-ombra, e la semplificazione dei concetti di bene e male, presente quest’ultima in forma di simbolo  in quasi ogni dialogo, sembrano preannunciare in una forma di esorcismo semantico, l’inizio di quella che sarà di lì a breve la spaventosa seconda guerra mondiale, un’era di disastri immani in cui per sopravvivere sarà indispensabile  sapere nel più breve tempo possibile da che parte sta la persona che incontri per caso o quella che hai di fronte per necessità, rispetto a canoni etici precostituiti, imposti da logiche belliche. 

  Biagio Giordano 

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