Chi me l’ha fatto fare? Dieci anni…

Chi me l’ha fatto fare?

Dieci anni…

A volte, nei momenti di tensione, di stanchezza cronica,
di deliranti attacchi, la domanda si pone. 

 
Chi me l’ha fatto fare?
Dieci anni…

 Ripercorro il passato, ed è una storia che dura da più di dieci anni.

In momenti di ozio su internet,  sentii parlare del blog di Beppe Grillo, trovai il link, incominciai a leggere, e mi ci riconobbi moltissimo. Nel tempo, a volte, è successo persino di ritrovare nel suo pensiero quel che avevo a mia volta scritto o pensato tempo prima, un parere che coincideva col mio, una ipotesi su qualche fatto appena avvenuto con lo stesso punto di vista, il classico “mi hai tolto le parole di bocca”, a dimostrazione che non si tratta di essere plagiati, di subire un condizionamento progressivo, ma solo di trovare finalmente una comunanza di idee, di rado espresse ma condivise da molti, nel profondo. Molti che forse avevano finalmente trovato una “casa di pensiero” differente dai canoni correnti. Sempre a sfatare altri miti e calunnie sul M5*, presentato come un sistema dittatoriale e intollerante,  non è che fossi proprio proprio sempre d’accordo su tutto, come chiunque, del resto, dotato di testa propria. Infinite volte ho espresso pubblicamente totale dissenso su alcune scelte, idee e decisioni, e mai sono stata isolata, o peggio, cacciata. Qualche volta sono stata anche ascoltata.


La differenza, rispetto ai tanti vittimisti dissidenti, da Favia fino a Pizzarotti? Ovvio, la buona fede. Solo quella. E il disinteresse. Chi ha animato il dibattito interno in modo leale e non pretestuoso non ha mai subito conseguenze.

Iniziai a commentare, divenni uno dei commentatori “storici”  apprezzati e riconosciuti da molti. Il commentario di quel blog, al netto di provocazioni, intemperanze, protagonismi e infiltrati vari, era una fucina di idee, di pensieri, di proposte, di una nuova visione del mondo, con opinioni e commenti che in qualche caso non sfigurerebbero affatto né fra gli opinionisti di una testata giornalistica, né fra i partecipanti a un congresso su qualsiasi argomento. Era una sorta di magma che si muoveva, affascinante, in evoluzione continua, una sorta di entità unica, a saperla ritrovare fra le righe, cogliendo lo spirito di un pensiero comune, continuo, di fratellanza emotiva e razionale. Si respirava il futuro, il vero futuro. Fu il magma su cui poi si innestò e crebbe il nostro MoVimento.

Nascono i meetup, mi iscrivo a quello di Savona, di cui non sono fra i fondatori, ma di sicuro fra i primi arrivati e i pochi superstiti. Mi iscrivo alla piattaforma, leggo, condivido idee su vari argomenti, mi affaccio alle riunioni, timidamente. E mi trovo benissimo: avevo rinunciato a qualsiasi idea di politica attiva, in tanti anni, perché mai in sintonia con ambienti dove si discute del nulla per ore con esagerato sussiego. Qui si parlava sempre di temi vivi e concreti, con semplicità, fra persone che, pur diverse per età, cultura, provenienza, si ponevano e si riconoscevano da eguali.

Furono tempi eroici e bellissimi. Volantinaggi sul carbone, sul cemento, su Margonara, sui problemi della città. (A dispetto di chi oggi tratta il M5* come fosse uscito dall’uovo di Pasqua, succhiando come un parassita il lavoro altrui).  Attivismo a tutti i livelli, banchetti, iniziative, interazioni con vari personaggi che animano comitati, gruppi, con personalità locali. Discussioni, proposte, pensieri. In piena libertà. Che bella quella libertà.

  

I primi due V-day furono un successone inebriante. Già allora si capì l’antifona: ben pochi parlarono dell’evento epocale, autoorganizzato, poco pubblicizzato, che raccolse in un solo giorno tante firme di cittadini in lunghe file ordinate, in tutta Italia. Ben pochi citarono le proposte positive espresse, le leggi di iniziativa popolare e poi i referendum.  Tutti a concentrarsi sul Beppe violento, aggressivo, maleducato.  A dire che volevamo distruggere e non costruire, quando i fatti stessi lo smentivano. A tentare immediatamente di demolire ciò che sfuggiva al controllo del sistema.

Non ci riuscirono. Ci furono alti e bassi, di attivismo, di partecipazione. Ancora oggi, purtroppo, scontiamo le conseguenze di quel pregiudizio iniziale in tante brave persone che avrebbero tutto l’interesse a partecipare o a darci fiducia, ma sono ancora condizionate da quella propaganda e terrorizzate da una minaccia che non c’è.

Ancora adesso leggo costantemente, persino qui su Trucioli, articoli con commenti talmente disinformati, superficiali su di noi, da farmi cascare le braccia. No, non riesco a spiegare, a replicare. Non ne ho più le forze e credo che a questo punto non ne valga neppure la pena. Certi pregiudizi di base sono troppo radicati.

A parte la presentazione della carta di Firenze, con i primi punti alla base dei nostri programmi (e tant’è c’è chi a ogni singola elezione sostiene che non abbiamo idee, non abbiamo programmi…), presenziai  a molti incontri  del M5*:  a Milano per la presentazione delle prime liste civiche, al teatro Smeraldo; a Cesena per la “Woodstock” a 5 stelle,  una festa esaltante, allegra, bambini e famiglie e divertimento, non solo musicisti ma anche esperti di caratura internazionale, su temi ambientali, politici, tecnologici. E nessuno, e sottolineo nessuno, che lo abbia rimarcato sottolineandone il carattere e il successo, tutti a cercare di farla passare sotto tono, tranne il PD che registrò un documentario per studiarci, come insetti sotto la lente, come un fenomeno da baraccone,  bizzarro ma passeggero, a cui ispirarsi. Se il risultato è stato Renzi, direi che hanno capito tutto.

Cosa c’era, cosa c’è, del resto, di non chiaro e condivisibile in una nuova idea del mondo?  I temi sono sempre stati gli stessi: una politica più sana, vicina ai cittadini,  sottratta a intrallazzi e professionismi, in transizione verso la democrazia diretta. Lotta agli sprechi, alla corruzione, alle mafie, alla burocrazia, efficientamento  e modernizzazione della macchina amministrativa.

Rispetto e tutela dell’ambiente non banalmente conservativo, ma rivalutandolo anche come preziosa risorsa, economica e di qualità di vita,  substrato indispensabile per noi e per le generazioni che verranno.  Tecnologia, informatica, progresso, ricerca, al servizio delle persone e della comunità, in chiave evolutiva, e non devoluti a malsani interessi finanziari, consumistici, devastanti, autodistruttivi. Un nuovo senso di comunità e dei beni comuni. 


E molto altro.

Cosa c’era, ditemi, di sbagliato o assurdo in tutto questo, nel cercare di realizzare un mondo migliore per i nostri figli? Cosa c’entravano, ditemi, in tutto questo, i deliri su fascismi, comunismi, Casa Pound, razzismi, omofobie, e il prezzemolo su tutto, l’etichetta di demagogia e populismo a prescindere? Dove li vedevate, dove li vedete, questi pericoli, nelle persone assolutamente sorridenti e pacifiche che da sempre animano ogni nostra iniziativa?

Venne poi la trasformazione in M5*. Forse Beppe non l’avrebbe voluta, e lo capisco, lo capisco quando ripenso alla allegra libertà delle origini.  Ma un po’ la reale impossibilità di dialogare e di cercare supporto nella politica esistente, come avremmo voluto fare da gruppi di opinione,  e la constatazione che il sistema era davvero troppo marcio e autoreferenziale per poter essere corretto,  un po’ lo stato di crescente peggioramento del nostro Paese, lo spinse e ci spinse a provare a fare direttamente politica, in modo più coordinato e incisivo delle precedenti liste civiche.

Alle elezioni savonesi si parlava di scegliere il candidato Sindaco, di allargare e consolidare il gruppo. Io dissi: bisognerebbe che la politica la facesse solo chi non ha voglia di fare politica. 

Fu la maledizione: mi scelsero. Accettai soprattutto per senso del dovere, per spirito di gruppo, per inevitabile necessità di andare avanti. Affrontai l’impegno con la serenità di chi non ha niente da perdere né da dimostrare.


La campagna elettorale fu stressante, molto più delle precedenti  a cui avevo assistito, con molti più dibattiti, anche se niente a che vedere con il delirio assurdo e irragionevole cui ha dovuto partecipare il nostro coraggioso Salvatore, in una degenerazione progressiva che premia sempre di più il protagonismo comunicativo e le distorsioni mediatiche a spese di concretezza, innovazione vera, estraneità ai giochi precedenti  e serietà.

Cinque anni di lotte, di studio di documenti, di comunicazione, di scambi coi cittadini, di idee e proposte, di interventi seri e puntuali nostri praticamente su ogni pratica in discussione, hanno lasciato il segno, in me, ormai non più giovanissima e non motivata da ambizione personale né da interessi economici. (Ricordo che abbiamo sempre devoluto il gettone di presenza.)

Molto meno sui media ufficiali e non. Anzi, in qualche caso ho scoperto con stupore che avrei praticamente scaldato la sedia, come un manichino immobile, nella realtà parallela creata da qualcuno.  Un Ostinato  in un suo scritto ci definì una volta, ilare: “due pensionati che svernano in ciabatte infradito”.  Per dire. E non sono neppure pensionata.

  

Alle politiche del 2013 una telefonata di Casaleggio (unica volta che lo sentii, e lo vidi solo di persona una volta a un incontro, a smentire chi ci crede telecomandati) chiese proprio a noi consiglieri di Savona e al nostro gruppo di fare da referenti per tutta la Liguria.  Evidentemente un po’ di considerazione almeno da loro c’era…

Un ruolo difficile, da garanti. Mi è costato sul piano umano e della tensione, ma a dispetto di tutte le baggianate che circolano, non mi sono mai pentita di averlo svolto insieme col gruppo nel modo più rigoroso e corretto di verifica, dialogo e confronto coi candidati, almeno con quelli che l’hanno accettato.

Guardandomi intorno, visti i risultati immediati,  sono sempre più convinta che se altri meetup, altri garanti avessero  agito con lo stesso rigore e le stesse verifiche interne,  ci saremmo evitati la figura penosa di chi, appena eletto e avendo assaporato la cadrega, ha iniziato a strillare sul Beppe dittatore, con grande enfasi dei media, per fuggire poi fra le braccia del PD o di Scelta Civica.

Noi invece in quell’occasione fummo e possiamo tuttora essere orgogliosi dei tre deputati, tutti savonesi, che sono andati a Roma, del rispetto rigoroso dei principi di base e del gran lavoro che svolgono e che ci rende fieri.

Ecco, arriviamo al punto.

Vi salto per carità di patria le ondate di isterismi successivi che il M5* ha dovuto subire, gli alti e bassi, la desolazione delle europee (farei una intervista fra gli allora votanti di Renzi per sapere chi, 80 euro a parte, è ancora convinto),  la nuova costante crescita, le regionali, le comunali,  le trasformazioni, non tutte positive, alcune forse inevitabili, fino al fuoco massivo  scatenatosi sul Comune di Roma e la Raggi.

Di cui è arrivato qualche piccolo schizzo a Savona, che ci fa felici, perché vuol dire che allora non è che non contiamo proprio nulla. Allora un pochino di paura, in un Comune sull’orlo di quel dissesto da noi tante volte preannunciato, nel momento in cui i nostri allarmi trovano conferma,  dobbiamo pure farla, se non altro di sparigliare le carte, di scoprire qualche altarino…


Ecco, torniamo al principio: chi me l’ha fatto fare?  A parte le emozioni di dieci anni vissuti, i sorrisi,  la gioia di essere utili a qualcosa e qualcuno,  le esaltazioni, le commozioni, gli amici veri,  le battaglie, vinte e perse…

A volte sull’altro piatto della bilancia pesa tutta la negatività umana di singole persone che pure ho conosciuto e che non credevo potesse esistere, così profondamente radicata. Immaginavo, certo, che lealtà, amicizia,  onestà intellettuale e coraggio fossero merce rara,  soprattutto in certi ambienti, ma così rara, davvero così rara no.

Del resto, forse,  solo così si può spiegare perché non riusciamo a progredire, come specie, perché le lotte, tutte le lotte, sono sempre faticose,  mai vinte del tutto, sempre a rischio, e come tanti piccoli Sisifo scaliamo sempre le stesse montagne, con la fatica di trascinare ognuno il suo sasso, oppure di cercare furbescamente di affibbiarlo ad altri per andare più spediti verso il nulla. Mai con un accordo che consenta di fare meno fatica, arrivare tutti felici in cima, e rimanere lì a godersi il sole.

Va be’ , trascendo nel filosofico a sproposito.

Dunque ecco, il bilancio di dieci anni di vita, due piatti in equilibrio, a volte dubbi, a volte stanchezza, a volte crisi di identità.

Poi, in pochi giorni, accadono cose, piccole e grandi cose. Il nostro deputato Matteo Mantero lavora duro alla Commissione Affari Sociali dove, viste le polemiche sulle unioni civili (polemiche a cui io non ero estranea, in dissidio coi parlamentari)  decidono di applicare ai temi etici, testamento biologico ed eutanasia, il voto della rete, e di attenersi a quello.

La Sindaco Raggi comportandosi, non esito a dirlo, con eroismo, a dispetto di qualsiasi altra critica si possa porre su di lei o sul suo operato, e ce ne sono state davvero troppe, a dispetto delle inumane pressioni a cui è stata sottoposta, mantiene l’impegno dato agli elettori, mantiene i principi del nostro programma, e dice no alle Olimpiadi. Il nostro deputato Simone Valente è accanto a lei, studia con lei i documenti autorevoli dell’università di Oxford che spiegano l’antieconomicità e i rischi di tali manifestazioni, risponde alle interviste battendo colpo su colpo.

Un personaggio che aveva minacciato la deputata Maria Edera Spadoni per aver nominato un mafioso in un comizio, viene condannato.

Nel frattempo, i nostri deputati, parlando di revisione della legge elettorale, pur se avrebbero tutto l’interesse, per “prendere il potere” a mantenere l’Italicum  col ballottaggio,  depositano ugualmente la legge elettorale voluta dalla rete, col proporzionale.

Perché il nostro scopo non è e non deve essere “il potere” , ma una vera rivoluzione civile, un percorso che non sia miope, che non arraffi l’immediato, che non si fermi a metà, costi quel che costi, valga quello che valga, duri quel che duri. Questo volevo, fin da principio.  Questo ho contribuito a creare.  Questo e nient’altro, solo per questo sarebbe valsa la pena di tanti sacrifici personali a fondo perduto. Non per una nuova generazione di carriere politiche.

Ma vallo a spiegare ai delusi che vorrebbero Verdi, Sinistra o PD  di tipo 2.0, e ci attaccano indemoniati a ogni occasione, come fosse colpa nostra se non siamo quello che hanno in mente loro. Peggiori dei nostri stessi aperti nemici.

Ecco, allora alla fin fine, pur se sono personalmente stanca e con qualche problema, mi sento quasi una chioccia, una nonna di questo MoVimento che comunque esiste, e come quel calabrone che non rispetta le leggi della fisica, vola.

Mi rispondo che  sì, ne sarà valsa la pena, sempre e comunque. In pace con me stessa, a testa alta di fronte a tanti che abbassano lo sguardo, serena nella consapevolezza della mia linearità. Se  io, per età e stanchezza, mollerò la prima linea, so che ci sono comunque altri, più giovani, a prendere il testimone, e che comunque vada continuerò a essere e sentirmi, con orgoglio,  “grillina” e non rinnegherò questo esaltante percorso.

Il M5* è più vivo e vegeto che mai, e comunque vada, ha lasciato e lascerà una traccia indelebile. Dovete farvene una ragione.

 

  Milena Debenedetti  Consigliera del Movimento 5 stelle

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