Chi ha paura dello ius soli?

CHI HA PAURA DELLO IUS SOLI?

CHI HA PAURA DELLO IUS SOLI?

 La nuova legge sulla cittadinanza che introdurrebbe nel nostro Paese una forma di Ius soli temperato, già approvata dalla Camera nell’ottobre del 2015  e ora arenatasi al Senato sotto il fuoco di fila degli emendamenti presentati soprattutto dalla Lega (non più Nord, dopo la svolta nazionalista di Matteo Salvini) continua a dividere la nostra classe politica tra una destra fieramente contraria e un (centro)sinistra tendenzialmente favorevole ma, tanto per non smentirsi, poco coeso al suo interno e per niente determinato (vedi i ventinove senatori assenteisti del Pd e l’astensionismo di Alternativa Popolare).


E’ vero che questo non è un tema che appassiona un’opinione pubblica preoccupata da ben altri problemi: il lavoro, l’incertezza del domani, la corruzione e la criminalità dilagante, la guerra tra poveri nelle periferie degradate, il rincaro delle bollette o il mutuo da pagare, la pressione fiscale che grava in prevalenza sui percettori di reddito fisso e, come se questo già non bastasse, spaventata  da chi ogni giorno grida, dai telegiornali e giornali di destra (non saprei come altro definirli), e da leader politici come il su ricordato Salvini e la pasionaria sovranista Giorgia Meloni: “Al lupo! Al lupo!”, cioè “All’immigrato ‘economico’ e nullafacente mantenuto dallo Stato e potenziale delinquente!” o, con un’espressione  che in retorica si nomina iperbole: “All’invasione! All’invasione!”. Ma è anche vero che esistono, paradossalmente, tanti piccoli italiani  di fatto – circa ottocentomila – che sono ancora privi di cittadinanza. Ora, se almeno la maggioranza parlamentare che sostiene il governo Gentiloni avesse votato compatta per lo Ius soli temperato, cioè per dare la cittadinanza italiana a bambini nati in Italia da genitori stranieri, di cui almeno uno in possesso del permesso di soggiorno,  e residenti nel nostro Paese da almeno cinque anni e per lo Ius culturae ,tramite il quale i minori stranieri nati nel nostro Paese o arrivatici entro il dodicesimo anno di età possano diventare italiani dopo aver frequentato regolarmente almeno cinque anni di un  percorso formativo in una scuola italiana, non ci ritroveremmo ancora qui a discutere e a dividerci su un disegno di legge che, in buona sostanza,  registra e regolarizza  situazioni di fatto presenti e future, niente di più e niente di meno.


Eppure, malgrado questa evidenza, a nulla è valso il manifesto sottoscritto da trenta filosofi italiani (primi firmatari, ricordiamolo, Remo Bodei, Donatella Di Cesare, Roberto Esposito), a nulla sono valsi gli appelli di intellettuali come Carlo Ginzburg, Erri De Luca, Goffredo Fofi, Moni Ovadia e Roberto Saviano, che ha scritto sull’ultimo numero dell’Espresso di quest’anno un indignato  articolo di cui vale la pena  citare almeno il  primo capoverso: “Non approvare la legge sulla Ius soli è un’aggressione all’infanzia; in un Paese sempre più vecchio, bloccare questa riforma significa innanzitutto fermare ogni possibilità di crescita demografica, umana e quindi culturale”. E a nulla è valso (se non a provocare i lazzi scontati e i consueti sarcasmi contro i radical-chic da parte delle più rinomate firme del Giornale, di Libero e della Verità di Maurizio  Belpietro) il digiuno a staffetta proposto dal Partito radicale e dal maestro elementare e scrittore Franco Lorenzoni, rilanciato dal senatore Luigi Manconi a cui hanno aderito, oltre al ministro Graziano Delrio,  uomini di scuola e scrittori  come  Eraldo Affinati – autore, fra l’altro, di una biografia di Don Lorenzo Milani (L’uomo del futuro, Mondadori, 2016) e artisti scrittori come il funambolico showman bolognese Alessandro Bergonzoni. 


Niente da fare. Siamo (tanto per cambiare) sotto elezioni e soltanto pochi temerari osano infischiarsene dell’impopolarità di una legge che va verso l’integrazione e l’eguaglianza dei diritti e dei doveri  anziché verso l’esclusione e la diseguaglianza giuridica tra i minori che vivono nel nostro Paese e frequentano le nostre scuole. Gli avversari dello Ius soli  temperato preferiscono, evidentemente, lisciare il pelo di quello che Simone Weil, sulle orme di Platone, chiama “il grosso animale”, cioè la massa suggestionabile e manipolabile dai persuasori di turno, la folla cieca  di coloro che “la ragion sommettono al talento”.


Solo con una massiccia dose di malafede, infatti, è possibile sostenere che estendere i diritti e i doveri della cittadinanza in una società plurale e multietnica come è ormai anche la nostra, costituisca un pericolo…Per chi? Per chi è già cittadino italiano? Per l’integrità della stirpe italica? Per la già debole coscienza identitaria degli italiani? Per la Chiesa cattolica, apostolica e romana? Per la sicurezza nazionale? Diciamo piuttosto che, in un’ Italia sempre più vecchia e i cui cittadini sempre meno esercitano il loro diritto di voto, fanno paura i ragazzi scesi in piazza per lo Ius soli – come sostiene – in un’intervista rilasciata alla giornalista Brunella Torresin di Repubblica il 24 dicembre 2017- il sopra citato Alessandro Bergonzoni, che era giunto al quarto turno di digiuno a staffetta: “Questo movimento è nato dalle aule delle scuole e si spegne in un’aula del Parlamento.


Dagli insegnanti ho Imparato non il divide et impera bensì l’ ‘unisci e impara’. Ma alla politica, a tutti i partiti, manca la cognizione della complessità, dell’insieme, del tutto. Prevale la logica del ‘mi piace’ o ‘non mi piace’ votato con un clic sui social. Che cos’è il potere: comandare o dare possibilità? Per me il potere è poter fare studiare i ragazzi, è poter fare a meno di mandarli in Questura se il permesso di soggiorno è scaduto…”. Già, ma Bergonzoni è un artista impegnato nel sociale; Salvini, la Meloni, Berlusconi, Di Maio, Alfano, Renzi  sono leader politici  che aspirano a ottenere la maggioranza dei voti da elettori per i quali lo Ius soli , più o meno temperato che sia, è l’ultimo dei  pensieri. 

FULVIO SGUERSO 

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