Che fare, dopo?

 Sarebbe bene che le “formichine” almeno  a livello locale, le persone ancora interessate al bene comune, all’ambiente, al lavoro, alla vivibilità urbana, si attrezzassero con un armamentario di idee nuove  e nuovi modelli di sviluppo sostenibile, o meglio di “decrescita-progresso”.
Che fare, dopo?

Sarebbe bene che le “formichine” almeno  a livello locale, le persone ancora interessate al bene comune, all’ambiente, al lavoro, alla vivibilità urbana, si attrezzassero con un armamentario di idee nuove  e nuovi modelli di sviluppo sostenibile, o meglio di “decrescita-progresso”.
Che fare, dopo?

La domanda appare lecita, vista la situazione politica, sia a livello locale sia nazionale.
E’ innegabile che siamo di fronte a una grossa crisi.
Non crisi di governo, non solo crisi istituzionale, ma di sistema. Molti grossi nodi irrisolti stanno inopinatamente e precipitosamente venendo al pettine. Quegli stessi nodi che finora erano camuffati sotto la compattezza della “casta” o  dietro quella che un politologo ha chiamato la bolla dell’informazione, all’interno della quale tutto è sfumato, ovattato, e si coltiva una idea artificiale di realtà nella quale cullarsi.

Ci si aspettava che dovesse succedere, prima o poi. Ma a dir la verità si pensava che sarebbe stata la crisi economica a far saltare il coperchio, a mettere in luce tutte le bugie, i camuffamenti, le mezze verità, le rimozioni nascoste dietro il teatrino dei media e della politica, la propaganda e i vari falsi bersagli mediatici, le distrazioni di ogni tipo o il clamore strumentale su certe vicende per offuscarne altre.

Invece no, non è stato così, o per lo meno, non solo e non del tutto: la crisi c’è e si sente, a livello di disoccupazione, di perdita di potere d’acquisto, di prosieguo del capitalismo di rapina e della cupola finanziaria, di insostenibilità di tutto questo, per non parlare del debito pubblico (e privato). Contribuisce a dare un forte nervosismo di fondo, una tensione, una sensazione di urgenza, come quella che si avverte a volte prima di un disastro.

 Ma non è ancora la causa scatenante, no.  Il sistema sta entrando in crisi per una sorta di evoluzione e di implosione interna.

Contraddizioni che non si possono più soffocare, debolezze e inadeguatezze di fondo che paradossalmente emergono dopo un apparente successo, ma che erano già presenti.

 Al di là delle propagande e delle dichiarazioni stentoree, non erano contenti, no, Berlusconi e i suoi, dopo gli esiti delle politiche, così come dopo le successive elezioni europee e regionali.

Perché a dispetto di quello che proclamano in pubblico, non potevano essere lieti del risultato  “troppo” favorevole, del divario con il PD, eccessivo per giocare all’unità nazionale e far digerire i peggiori rospi, della scomparsa delle sinistre dal Parlamento, che faceva loro perdere una importante “sponda” di opposizione nonché capro espiatorio. Li volevano ridimensionati, ma non assenti. Difficile tuonare contro i “comunisti” riferendosi al PD. Difficile che qualcuno ancora possa crederci.

Quanto allo stesso PD, va bene una opposizione morbida.  Ma nulla e incolore, a tratti scandalosa, come quella vista in questi due anni,  alla lunga è stata un danno anche per la maggioranza. Nel gioco delle parti, c’è bisogno che ciascuno faccia un minimo il suo mestiere.

A breve il dilagare fa comodo, ma nel tempo, paradossalmente, corrode. Sfoglia la cipolla degli alibi, delle accuse, delle scuse. Infatti quando il B. ha tentato di recitare la vecchia parte “contro le sinistre”, a fronte di qualche belato appena più deciso del PD, è risultato poco credibile e quasi ridicolo.

 Per non parlare dei continui schiaffi al bipartitismo presi da lì in poi. Il calo del PDL, l’emorragia devastante del PD, l’aumento dell’astensionismo.

Ma soprattutto, il pericolosissimo successo della Lega. Quando, in un equilibrio già di per sé precario, si inserisce pesantemente una forza che tutto è tranne che equilibrata, che ha dei grossi limiti di fondo, e crescendo li denuncia sempre più, l’effetto è dirompente.

Di questo il  B. può ringraziare solo se stesso e le sue tv, che hanno fatto anche troppo bene il lavoro programmato, di azzeramento dei cervelli e della cultura, di caccia all’immigrato, di ossessione per la sicurezza.  Finendo per avvantaggiare non il loro padrone, ma coloro che di questo pauroso arretramento erano massimo baluardo ed espressione vigorosa, con il “merito” di andare a parlare direttamente alle pance delle persone imbesuite, e che hanno risucchiato voti al partito alleato.

 

Qui si inserisce Fini, con i suoi sempre più frequenti segnali di dissenso, fino alla clamorosa rottura attuale.

Qualsiasi cosa si possa pensare del politico e dell’uomo, senza dimenticare o mettere da parte le sue pesantissime responsabilità pregresse nella situazione, senza scomodare giudizi morali positivi o negativi, gli va dato atto dell’intelligenza, se non altro, di rendersi conto del pericolo che l’evoluzione prevista comporta

Il B. può anche fregarsene, “dopo di me il diluvio”, il suo scopo è continuare a imperversare, risolvere i suoi guai personali a costo di concedere tutto ai bossiani, nella sua spregiudicata, cinica e utilitaristica politica da affarista, ma chiunque pensi al futuro sa che andiamo incontro a irreversibili disastri per il Paese.

Dall’altra parte, purtroppo, la desolazione. La sinistra, a parte il caso Vendola, è ancora dispersa. E i media, avendola praticamente cancellata dalle scene, certo non aiutano.

L’IDV ha incanalato in parte il consenso degli indignati, specie degli indignati sui temi della corruzione, delle leggi ad personam, degli attacchi alla giustizia.

Ma come dicevo l’altra volta, alcune scelte sbagliate, il personalismo eccessivo di Di Pietro, infiltrazioni e candidati dubbi hanno in parte smorzato le sue possibilità.

Senza contare che, se ha nella legalità (argomento non necessariamente di sinistra, ma anche e soprattutto di una destra “pulita”) il suo punto di forza, è debole su altri temi specifici,  e mostra tutta la sua goffaggine quando si schiera su discorsi, ad esempio, ambientali. Nonostante l’indubbio attivismo e buona fede di alcuni esponenti locali, non riesce a convincere.

Il PD…si potrebbe parlarne per ore, ma si può riassumere tutto in un allargar di braccia, sconforto e desolazione. E lo dicono persino molti iscritti e simpatizzanti, ormai, frustrati e disperati.

Non ne azzecca una, né a livello locale né nazionale. Perde qualsiasi occasione buona; quanto alle cattive, pare se le cerchi col lanternino. E’ burocratico, ingessato, autoreferente, servo dei poteri economici, privo di anima e di identità, di contatto, non diciamo con la classe operaia, ma con le persone in generale.  E con la realtà. Ai vertici, ma anche in molte sedi locali, e la nostra non fa eccezione, anzi… Si potrebbe dirne anche di peggio.

Burlando sta decisamente esagerando: lo si potrebbe soprannominare Bullando. Gli era andata più che bene, in fondo con lo schieramento di cui teoricamente disponeva ci si sarebbe potuti aspettare una vittoria non di misura, è stato favorito dall’assenza di liste civiche, MoVimento a Cinque Stelle in primis, o avrebbe fatto tranquillamente la fine della Bresso.

 E lui che fa? Invece di accontentarsi, ringraziare la buona sorte e magari, che so, provare a trovare nuovi contenuti, una politica che possa ricuperare gli scettici, si vanta, si pavoneggia anche a vanvera, afferma di aver messo d’accordo tutti “anche i grillini”, addirittura si mette in cattedra in sede nazionale per dire che il PD per ricuperare consensi deve imparare dal modello Liguria, tutti insieme dall’UDC alla sinistra!

Sì, con una UDC più ragionevole della media e delle sinistre rassegnate e rese inoffensive.

Io mi limiterei a dire che il Potere per ora è salvo. Ma terrei un profilo più basso e realistico, se fossi in lui. Perché certe rese dei conti sono solo rimandate.

 Che fare, dunque? Nella speranza, o forse pura utopia, o miracolo, che so,  che il centro sinistra si compatti e trovi qualche nuovo leader, nell’attesa dell’evoluzione della crisi nel centro destra, pura cacciata di Fini o esplosione, sarebbe bene che le “formichine” almeno  a livello locale, le persone ancora interessate al bene comune, all’ambiente, al lavoro, alla vivibilità urbana, si attrezzassero con un armamentario di idee nuove  e nuovi modelli di sviluppo sostenibile, o meglio di “decrescita-progresso”. Non c’è bisogno di inventare, basta seguire gli esempi di Comuni Virtuosi e lungimiranti pionieri che già hanno messo in atto idee interessanti e progetti ben riusciti.

Per offrirli come proposte, o magari sfide, costringendo perlomeno i partiti in campo a parlarne, a non far finta di niente, e dare appoggio ai pochi che, all’interno dei partiti, già lo fanno.

Oppure per gestirli in proprio, sotto forma di liste civiche e forme evolute di democrazia, nella speranza di scatenare nuove speranze, fiducia ed entusiasmo almeno in quelle parti della popolazione, specie giovane, che attualmente non si sentono coinvolte  dalla politica, stufi di un teatrino destra-sinistra condotto ormai con discorsi obsoleti. La quale politica, comunque, in ogni caso, si occupa di loro, che a loro piaccia o no.

 Che sia spada di Damocle ineluttabile o vero strumento di qualità di vita, che sia imposizione dall’alto di una ristretta casta di affaristi dalle lucrose prebende, o torni ad essere impegno di persone attente al proprio intorno sociale e civile, dipende da loro, dipende da noi. E da ciò che sapremo e vorremo costruire.

Il MoVimento Cinque Stelle offre già, su scala nazionale, un modello di idee nuove su temi importanti, come acqua, rifiuti, connettività, trasparenza della politica, al servizio del cittadino, e non il viceversa. Offre esempi nelle amministrazioni locali, la popolarità di Grillo, simbolo e altoparlante ma non leader, e una rete su cui contare, di persone e idee solidali.

 Si può partire da lì, è un’ottima base, è una proposta concreta e immediata, non un volo pindarico nel futuro.

Oppure no, non è obbligatorio. Qualsiasi consesso allargato di persone di buona volontà, che riescano a essere convincenti, come è accaduto a Vado, può andare bene.  L’importante però è muoversi, perché è in gioco il futuro.

L’alternativa? La conosciamo. Ancora cemento, magari pure incompiuto e ancor più inutile, perché la crisi incombe, sia di alloggi sia di parcheggi box e strade, sia portuale, senza dimenticare (ce la risparmino gli dei!) la sciagurata piattaforma, sulla quale il comune vadese non va assolutamente lasciato isolato. Tagli ai servizi sociali e agli aiuti al cittadino. (Si dice che sulle mense scolastiche Savona stia seguendo il poco onorevole esempio di Adro. Ma con dei distinguo di principio, come piace al PD meno elle.)

Più carbone ed energie obsolete. Insufficienti incentivi all’ecoedilizia e alle rinnovabili. Sempre privilegi all’auto privata e nessuna attenzione al trasporto pubblico, alle zone pedonali e alle piste ciclabili.

Politiche dei rifiuti che ne incoraggiano la produzione per lucrare sul cdr. Niente di concreto e positivo per incentivare agricoltura locale e turismo sostenibile e alberghiero. Indifferenza sul verde, se non devastazione. Incuria o svendita dei beni pubblici.

Devo continuare? Mi pare che questi accenni bastino. 

Dipende da noi. Intanto è partita l’importante campagna referendaria per evitare la privatizzazione dell’acqua. (Anche qui, le posizioni dei vari partiti dicono di più di un intero libro, sulla situazione politica attuale. )

Firmate numerosi! Ecco l’elenco e gli orari dei banchetti nel savonese: http://www.facebook.com/event.php?eid=112922565409058&ref=mf

 Milena Debenedetti  

Il mio ultimo romanzo  I Maghi degli Elementi

  

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