C’è poco da rivendicare

 Lo scorso Consiglio Comunale del 30 aprile, il secondo in videoconferenza con tutti i disagi del caso, è passato alle cronache (minime, in verità) per i penosi tentativi della maggioranza di non discutere neanche, non ammettendoli con parere negativo degli uffici, gli emendamenti della minoranza per portare qualche sollievo alla tassazione dei savonesi, sostituendoli con una mozione fuffa che impegna la Giunta a spostare una scadenza e nulla più. Mozione che difatti la minoranza si è rifiutata di votare. Con tanto di numero legale prima dichiarato valido, poi scoperto non raggiunto quando tutti si erano ormai scollegati. E frettoloso ricollegamento in serata. Una seduta consiliare, diciamo, creativa. L’ennesima conferma che le pratiche arrivano belle confezionate, con pochissima possibilità di influire da parte dei consiglieri, men che meno di minoranza, ma anche della maggioranza stessa. Sono passate invece sottotraccia due pratiche simili fra loro, urbanistiche, tanto per gradire, presentate e approvate nello stesso Consiglio.

Consiglio comunale

Si sa, un cementino è per sempre. E persino in questi tempi di ristrettezze e urgenze ben più gravi, perché perdere l’occasione di infilare qualche variante?

Il vicesindaco e assessore all’urbanistica Arecco, comunque, si è mostrato fiero di averle proposte, rivendicandole fin dalla loro approvazione in Commissione Seconda a colpi di comunicato stampa. Dando per scontata, evidentemente, la successiva approvazione consiliare che non era ancora avvenuta.

E certo: chi non vorrebbe vedere finalmente sistemare a dovere due aree degradate? 

Ma è proprio così? Noi dubitiamo vi sia alcunché da rivendicare. 

Primo, perché è difficile di questi tempi che progetti di là da venire vedano la luce a breve: le aree molto probabilmente rimarranno così ancora a lungo. 

Secondo, perché si è trattato dell’ennesima pratica in cui il Comune fa da ossequioso passacarte di interessi privati, anzi, che in questo caso non sarebbero neppure tanto privati, rivendicando briciole.

Ma andiamo con ordine.

 Stiamo parlando dei due ex distributori, dismessi già da parecchi anni, proprietà Eni, di corso Vittorio Veneto di fronte ai giardini S.Michele, e di via Nizza di fronte al Mare Hotel.

Noi avevamo iniziato ad occuparcene già da tempo, anche a fronte di articoli di giornale che parlavano del degrado e di cittadini che sollecitavano risposte sulle future destinazioni. 

Nel mandato precedente avevamo chiesto e ottenuto informazioni, visionando un carteggio fra l’ex vicesindaco Di Tullio e i funzionari Eni preposti. 

In Commissione, citando il pregresso, ho parlato di una interpellanza presentata nel precedente mandato. 

Invece mi sbagliavo: le informazioni e l’accesso agli atti erano relativi alla scorsa amministrazione, l’interpellanza l’abbiamo presentata all’attuale, nel Consiglio del 14 maggio 2017.

Errore che ho rettificato nel discorso dell’ultima seduta, e che è del resto totalmente giustificabile. 

Perché riguardo l’urbanistica e i progetti, fra questa e la passata amministrazione, non si è notata alcuna differenza. Se non in peggio, in qualche caso. Solo la crisi che frena gli improvvidi sviluppi ha impedito che la famosa ruspa leghista si trasformasse definitivamente in betoniera.

 Avanti con il terrificante cementone della Romana al Santuario, a un passo dall’essere ripresentato in Consiglio e incombente come spada di Damocle. 

Avanti con la variante sul Crescent 2, dicendo che non era più possibile fermarla.

Avanti con villette a Madonna del Monte, un presidio agricolo con idromassaggio.

Avanti con l’orrendo progetto di passeggiata di via Nizza, ripreso pari pari dal concorso estivo benedetto da Di Tullio, il più frustrante spreco di soldi pubblici sia dato immaginare, spezzoni a zig zag e legno destinato a marcire ed essere divelto sulla battigia. 

Avanti con prospettive di aumenti di altezze e/o volumi in zona cantieri Solimano.

Avanti con un nuovo masterplan di levante che riporta al peggio del peggio qualsiasi ipotesi in zona Margonara. 

Questi solo i primi che mi vengono in mente. E ripeto, meno male che la crisi ne ha fermato alcuni dalle definitive approvazioni. 

Del resto, nell’ultima seduta di Commissione il vicesindaco Arecco ha fatto outing, e ha finalmente e apertamente ammesso di essere quasi del tutto d’accordo con la politica edilizia del suo predecessore. 

Alla buon’ora. Ce ne eravamo accorti. 

Rispetto a ciò che ho menzionato, le due delibere attuali sono poca cosa, inezie.

Ma se si guarda a metodo e merito, l’imprinting c’è tutto. 

Di cosa si occupava, la nostra interpellanza del 14 marzo 2017, e cosa chiedeva?

Eravamo preoccupati del discorso bonifica, visto che alcune leggi proposte da Forza Italia e approvate durante l’ultimo governo di centrodestra sembravano voler favorire, a fronte dei tanti distributori dismessi, i colossi petroliferi, rendendo più blandi e meno stringenti i vincoli per ripulire le aree e rimuovere le cisterne. 

Chiedevamo che si evitasse il degrado e che si mettessero in sicurezza aree ed edifici. Ed è stato fatto. 

Per essere obiettivi dobbiamo giudicare positivamente che il vicesindaco Arecco si sia attivato per ottenere almeno dei parcheggi provvisori in comodato. Lo abbiamo riconosciuto in Commissione. E sta bene.

Ma anche le idee speculative ci allarmavano, specie per i toni del carteggio fra Di Tullio ed Eni.

Invece di chiedere, di pretendere, di suggerire che si avviasse un percorso sulla base delle esigenze dei cittadini, della vivibilità, di piani e strategie di più ampio respiro dell’assetto urbano, l’ex-vicesindaco sostanzialmente affermava: diteci cosa volete fare, aspettiamo, siamo disponibili. 

Un ossequio totale, resa incondizionata al colosso, e non certo i presupposti migliori per una trattativa vincente. Cito testuali parole con cui interpellammo: “preoccupante nella formulazione, eccessivamente tollerante rispetto ai doveri di Eni ed eccessivamente disponibile verso ulteriori sviluppi immobiliari. Due cose, doveri del proprietario dell’area, ed eventuali diritti edificatori, che a nostro avviso dovrebbero invece andare ben distinte.” 

Nelle richieste, auspicavamo “se non si ritenga di dover avviare procedure trasparenti di urbanistica partecipata per mettere in contatto i diritti edificatori e i progetti del proprietario dell’area con le esigenze dei cittadini, trovando una mediazione non puramente speculativa al massimo guadagno, e senza che il Comune abdichi ai suoi compiti di verifica, pianificazione e controllo.

 Dunque, in tempi non sospetti e in cui sarebbe stato possibile farlo, non a posteriori come lamentela sterile di cui a volte ci si accusa, chiedevamo un cambio di rotta rispetto la passata gestione, un tentativo di rendere più attuale il modo di procedere del Comune, rispetto la muffa cementizia obsoleta ereditata da epoche di dubbi fasti e autentiche brutture. Lo avevamo detto, ci sono le prove. 

Invece, ecco qua: per via Nizza, incassata la variante di destinazione d’uso, si prevede una sorta di parallelepipedo alto al massimo 10 m (!) con sobrio incremento di volumi e vaghe destinazioni commerciali e l’immancabile parcheggio interrato. 

Per corso Vittorio Veneto, dato che vicinanze coi palazzi ed esondabilità rendono proprio impossibile cotanta grazia, una semplice ristrutturazione. Ma ancora in termini troppo vaghi per rassicurare del tutto.

Da sbellicarsi le affermazioni di maggioranza secondo cui, se Eni non avesse ottenuto la variante, ci sarebbe stato il rischio che si insediasse un concorrente!

 Ovvio che allo stato attuale si tratta solo di un regalo comunale, per consentire a Eni di vendere le aree con profitto rendendole appetibili.  Il resto, ancora, non è scritto, né sarà scritto tanto presto.

Ma lo stile di scrittura ci è già possibile immaginarlo, e non sarà certo né innovativo né utile. 

Siamo di fronte a un colosso a controllo pubblico come Eni, non a un privato cittadino che abbia dismesso una piccola attività e debba realizzarne qualcosa: davvero non si sarebbe potuto e dovuto chiedere di più, di meglio e di diverso della solita banalità costruttiva un tanto al mucchio per fare comunque quattro spiccioli? Qualcosa di strutturato e inserito nel contesto, una pianificazione urbana ed energetica, un accordo di più ampia portata o anche solo (orrore! Anatema!) una sistemazione delle aree interamente a vantaggio dei cittadini, magari a verde e parcheggi? Visto che dei cittadini, ossia di Cassa Depositi e Prestiti, sono anche parte dei capitali di Eni. 

Qui il verde si pensava di monetizzarlo addirittura, finché (quasi una beffa, a indicare che si poteva e doveva trattare diversamente) si è approvato un emendamento proposto dal consigliere Venturelli di maggioranza, per inserirlo debitamente striminzito in entrambe le aree. 

Preso in esame tutto questo, resta qualcosa da rivendicare o da festeggiare, per la cittadinanza? Giudichi chi legge. 

 

   Milena Debenedetti  Consigliera del Movimento 5 stelle

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