C’è muro e muro…

C’è muro e muro…
 Ce ne sono di ottima fattura e molti di mostruosa fattezza, alcuni di notevole utilità, altri di dubbia adeguatezza

  C’è muro e muro

 Ed ecco qui la mia nuova riflessione che offro alla lettura, oggi vi parlerò di muri, ce ne sono di ottima fattura e molti di mostruosa fattezza, alcuni di notevole utilità, altri di dubbia adeguatezza.


Cosa succede oggi in città, diceva una vecchia canzone del Vasco nazionale, ci ritroviamo ad avere un museo chiuso o aperto a giorni alterni, col volontariato e tanta umana solidarietà, di cui molta solo a parole.

Sto parlando del Museo Archeologico di Savona che recentemente ha anche partecipato degnamente ad un premio, quel Francovich al suo quarto anno, che ha portato l’esposizione cittadina a classificarsi subito dopo le celebri catacombe di S. Gennaro a Napoli e l’area archeologica di Siponto in Puglia.

Ed ecco il primo muro da varcare è quello secolare del Priamar che si erge a monito e guardia alla città, un “regalo” genovese eretto sulla Rocca più importante di Savona tra il 1500 e il 1700.

No sono certo qui a decantare il valore storico ed archeologico di un museo, che è indubbio e del quale sono sicuramente un apprezzatore, ma non mi ritengo adeguatamente degno di poter dare una giusta relazione a quanto possa significare per la nostra città.


So solo che Savona ha già poco da dare agli eventuali turisti, e dovrebbe invece di fare cabaret politico e polemica inutile, serrare le fila inequivocabilmente da qualsiasi parte, per trattenerli e non farli fuggire dalle nostre mura.

Niente di ciò è stato fatto, vi è solo una situazione di ripiego trovata come soluzione temporanea ed una “promessa” sull’eventuale da farsi in futuro, il famoso “vedremo”, tutto molto bello, ma di concreto vi è solo il nulla, desolatamente il nulla e solo le solite giustificazioni, sul momento, economicamente negativo.

Non voglio puntare il dito su nessuno, sia mai, ma se togliamo sempre qualcosa e poi ancora un’altra cosa, senza creare qualcos’altro in sostituzione che ne garantisca un’alternativa e in questi casi non continuando a portare avanti le cose che funzionano, cosa lasciamo di utile?

Ed è stato fatto tutto il contrario e per la legge del Muro contro Muro continuano anche le polemiche.

Ed è così che si ergono nuovi muri, che dividono invece che proteggere, il procrastinare un’azione è una metodologia molto usata dall’uomo italico, l’obiettivo del procrastinante è quello del demandare ad altri, il famoso dialettale “ Poi ou fem-mu”, praticamente un non obiettivo.

Mi auguro che ci si ravveda presto e si trovino le energie per far si che questo tipo di muro non si erga, la cultura e il turismo possono essere un buon punto di partenza per Savona.

Ma non si ergono solo muri in città, ci sono muri per dividere in ogni parte del mondo, la stessa Europa non è esente dal fenomeno, ci sono muri in Ungheria sul confine con la Serbia con 175 km circa di filo spinato.


Così anche tra Grecia e Turchia 7 miglia di filo spinato e reti, per fermare i grandi flussi migratori che premono dall’Asia.

il Vecchio Continente tira su il “ponte levatoio” sul Mar Mediterraneo, a tratti simile a un fossato che costeggia un lungo muro, a difesa della “Fortezza Europa”. 

Ma nel 1999 fu eretto un muro anche a Belfast in Nord Irlanda per dividere e contenere le intemperanze religiose tra Cattolici e Protestanti.

Anche Cipro dal 1974 ha il suo muro per separare la parte Greca dalla parte Turca.

Oppure il muro tra Spagna e Marocco, a Ceuta e Melilla, per fermare i migranti provenienti dall’Africa, ma il Marocco ne ha creato uno anche a Sud confinante col Sahara per frenare i flussi.

In Medio Oriente spicca la barriera di 730 chilometri, il muro di Gaza nella terra contesa tra Israele e Territori Palestinesi,.

Ma molti altri Paesi hanno adottato la stessa soluzione, la Turchia con la Siria, l’Arabia Saudita con l’Iraq, e l’India col Bangladesh.

A stupire maggiormente, forse, oggi è il muro di Tijuana, che dal 1994 solca un lungo tratto del confine tra Stati Uniti e Messico, iniziato sotto la Presidenza di Bill Clinton, recentemente è stato firmato il suo completamento dall’appena insediato Presidente Usa Donald Trump.

E ogni “muro” racconta storie di esclusione, di conflitto, di morte, sono muri altrettanto negativi, che delimitano e cercano di frenare la libera circolazione dei popoli.

Un po’ come il muro che frena la cultura, questi muri frenano la libertà, due caratteristiche che differenziano l’essere umano dagli altri animali.

Perché l’uomo ha bisogno di questi muri, soprattutto mentali prima che strutturali?


Perché le caratteristiche umane di qualcuno, debbono essere frenate e delimitate da qualcun’altro?

Immaginatevi nel passato, il nostro, ci si difendeva da chi arrivava da lontano per attaccarci, erano i “Barbari”, i “Saraceni”, che venivano a depredarci con la violenza, oggi ciò non accade, anzi è l’esatto contrario, chi viene qui, lo fa per trovare una valida alternativa a ciò che si è lasciato nei loro paesi dopo centinaia di anni di sfruttamento.

E dopo tutto ciò, noi erigiamo i muri e siamo disposti a cementare anche gli oceani per fermarli…

Ma sto parlando più che altro dei muri mentali, sempre più pericolosi di quelli materiali, più difficili da estirpare, come sia possibile dopo tutto ciò che l’umanità ha sempre subito nella sua storia, che vi siano ancora così tante persone disposte a sostenere idee inumane e perpetrare azioni disumane.

E sono gli stessi motivi, che non permettono, con una scusa, di poter far funzionare un museo cittadino.

Il muro per eccellenza fu quello eretto dal regime comunista il 13 agosto del 1956 per bloccare la fuga verso l’Occidente di molti cittadini di Berlino Est, oltre la parte in muratura vi erano infatti anche i campi minati, il filo spinato e una schiera di anonimi soldati a cui era stato impartito l’ordine di sparare a vista su chiunque tentasse la fuga verso Berlino Ovest.

Poi nell’agosto del 1989 la Cortina di ferro inizia a cedere vistosamente grazie alle autorità ungheresi che aprono i confini con l’Austria permettendo l’esodo di migliaia di tedeschi orientali decisi a fuggire in Occidente. 


Fu un esodo incredibile quello che accadde dopo fu il più grande cambiamento da decenni, crollò l’equilibrio mondiale, fu un grande passo in avanti, ma dopo 28 anni ciò che sta succedendo oggi, tra l’altro sempre in Ungheria ma al contrario, è il simbolo più grande di quest’oblio e chiusura mentale cui l’uomo è da sempre vittima, ed allo stesso tempo carnefice.

Il tutto per cercare di giustificare un qualcosa che è stato fatto, qualcosa di malvagio, a chi ora sta cercando di attraversare la cortina, simbolica o meno, per sfuggire a ciò che si è lasciato da loro, nei loro paesi.

Il mare è un muro solo lontanamente paragonabile al pantano della mente.

Oggi il mondo del passato suddiviso in blocchi, ha lasciato il posto ad un mondo dove le possibilità di scambi commerciali sono decuplicate, sono all’ordine del giorno ed hanno cambiato totalmente il modo di vivere di ognuno di noi.

E siamo solo all’inizio di un lungo processo che porterà a globalizzare ogni cosa che fa parte della nostra esistenza, è già accaduto in altre epoche storiche ma mai con questi numeri, mai con questa densità di popolazione mondiale.

Esodi e guerre, gente che fugge e spera per un futuro da dare a se stessi, alla propria famiglia, ai propri figli, che differenza c’è da noi?

Io non ne vedo nessuna, nel senso di volontà, di sogni, desideri che tutti hanno al mondo, e non vi sono nazioni, colori, religioni ed altre divisioni, soprattutto mentali.

Forse siamo veramente troppi per questo pianeta e la nostra società per come è costruita è troppo sofferente ed arranca trascinandosi per sopravvivere.


Fare il conto con le ideologie, che spesso e volentieri usano la religione come strumento di propaganda, ha portato alla cosiddetta guerra tra civiltà, si può quindi dire che se un muro è crollato 20 anni fa, oggi con la nascita di nuovi muri e pericolose contrapposizioni, esistono anche i muri mentali innalzati da integralisti religiosi e da politici inflessibili, che fanno presa sul popolo.

In mezzo ci siamo noi, con le nostre vite, ad oriente ed occidente e le famiglie strozzate dall’economia di mercato, che genera i guadagni della globalizzazione selvaggia, dove ognuno osserva e cerca di difendersi come può da questa guerra dei poveri, che crea muri ovunque soprattutto nelle menti.

Ed è anche simbolica un’azione mirata per preservare un museo, ed abbattere un muro che non può essere eretto solo per far piacere o dispetto a qualcuno, ciò è un simbolismo importante per dare una speranza a qualcuno, perché senza cultura l’uomo si imbarbarisce e una città senza un museo così importante è sempre meno una città, ma un luogo da cui fuggire come fanno gli altri. 

Paolo Bongiovanni

  

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