‘Bocca a bocca la notte e il dì (nomi, virus e canzoni)’

Note a fondo pagina
“Bocca a bocca la notte e il dì
(nomi, virus e canzoni)”

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“Bocca a bocca la notte e il dì
(nomi, virus e canzoni)”

 

 Vincenzo Di Chiara 1906


Di Spagna sono la bella,
Regina son dell’amor!
Tutti mi dicono stella,
Stella di vivo splendor.
 

Stretti, stretti
Nell’estasi d’amor!
La spagnola sa amar così,
Bocca e bocca la notte e il dì.

Amo con tutto l’ardore
A chi è sincero con me…
Degli anni miei il vigore
Gli fo ben presto veder.

Stretti, stretti
Nell’estasi d’amor!
La spagnola sa amar così,
Bocca e bocca la notte e il dì.
 

Sguardi che mandan saette,
Movenze di voluttà!
Le labbra son tumidette,
Fo il Paradiso toccar!

Stretti, stretti
Nell’estasi d’amor!
La spagnola sa amar così,
Bocca e bocca la notte e il dì.

 

 

Nel 1906, il baritono e compositore  napoletano Vincenzo  Di Chiara poteva cantare, con la dovuta malizia, questa canzone, destinata a diventare un grande successo. C’è da scommettere che nel 1918 e dintorni, la canzone non sia risuonata con la stessa euforia dell’esordio, dal momento che La spagnola era il nome della terribile influenza, che si era abbattuta nel frattempo sul mondo e che, fino a che non è arrivato il nostro Covid19 a soffiarle il titolo, era stata l’ultima pandemia della storia. È stupefacente scoprire nel 2020 le somiglianze tra allora, quando nemmeno si sapeva cosa fossero i virus o la terapia intensiva, e ora, con comuni misure, quali il distanziamento sociale, le mascherine e la sospensione di messe e funerali, con relative polemiche. Una gigantesca fake, il nome Spagnola, nel senso che la Spagna, a cui toccò lo stigma, non era affatto la terra d’origine del contagio, che con tutta probabilità proveniva dall’America, assieme ai soldati inviati sul fronte della prima guerra mondiale. Se la Spagna ci andò di mezzo fu per via della sua neutralità, che rendeva libera l’informazione, altrove imbavagliata dalla censura di guerra. L’equazione era presto fatta, con la complicità dei governi interessati a non sovraccaricare di ansia i popoli belligeranti: se ne parla solo la Spagna, è perché solo in Spagna esiste. E fu La Spagnola con buona pace di tutti i contendenti, che avevano peraltro anche tentato di attribuirsela reciprocamente, secondo la regola nemico a nemico. Piccola curiosità: in Spagna si chiamò Morbo del soldato napoletano, pare per via di un’altra canzonetta, che vi venne associata. Pensare che a Napoli il contagio giunse anche tardivamente!

Se oggi a dare il nome alle malattie non fosse stata la comunità scientifica ma il sentire comune, la politica e/o i mass media vecchi e nuovi, probabilmente anche noi parleremmo di Malattia di Wuhan o di Epidemia Cinese, oppure Morbo del pipistrello o, ancora, Peste del ventunesimo secolo, Mal terribile ecc. Ma, lo abbiamo visto, il sentire comune non si è rivelato in passato buon giudice, prendendo svarioni clamorosi e finendo per attribuire stigmi deleteri e pregiudizievoli sotto vari aspetti, compreso quello che riguarda il contenimento del contagio. Se la nostra pandemia ha un nome così poco intrigante, come Covid19, acronimo di Corona Virus Disease 2019, ė perché a battezzarla, l’11 gennaio scorso, è stata la comunità scientifica, che dal 13 maggio 2015 ė tenuta a dare nome alle future malattie, senza lasciar fare ai babbani, e a farlo secondo  ben precisi criteri, stabiliti dall’OMS.  Tanto per cominciare, sono da evitarsi nomi che facciano riferimento ad aree geografiche, come la citata Influenza spagnola o la Sindrome respiratoria mediorientale, la Febbre della Rift Valley e come avrebbe potuto essere la nostra:  Malattia di Wuhan. Anche Ebola, del resto, è il nome geografico di un  fiume congolese.  Insomma, evitare la geografia per non attribuire colpe e pericolosità su base territoriale, con conseguenti ostracismi, penalizzanti anche dal punto di vista degli scambi e dell’economia. Analogamente, L’OMS ha escluso nomi che includano indicazioni etniche o religiose, che si sono sprecate per quanto riguarda la malattia con l’aura più infamante, cioè la sifilide, per i francesi Mal napolitain (si noti: ambo sulla ruota di Napoli), per gli italiani  Mal francese (chi di spada ferisce ecc.), per gli arabi  Mal cristiano, per i Russi Mal polacco ecc. Quanto all’evenienza che qualcuno, di fronte all’attuale pandemia, potesse o possa farsi venire il ghiribizzo, a dispetto del vero e per amor del terno, di attribuirla di nuovo a Napoli o ai napoletani, la cosa è scongiurata, oltre che dal fatto che a tirare la volata in Italia è stata la Lombardia, dalla più deterrente prospettiva di doversela vedere coi lanciafiamme di De Luca.


Vanno anche evitati, ci dice l’OMS, i nomi propri di persona e gli indicatori professionali, come il Male del legionario, che così bollato faticava a trovare moglie, o i riferimenti a gruppi di persone. L’esempio più clamoroso è l’AIDS (Acquired immune deficiency syndrome), che inizialmente è stato chiamato GRID (Gay relate immune deficiency) o, nella vulgata, Cancro o Peste dei gay. Il riferimento ai gay, oltre a risultare, ça va sans dire, inaccettabile dal punto di vista etico, ha ostacolato il contenimento della malattia, per la mancata prevenzione del contagio presso gli eterosessuali, che spesso, oltretutto, nascondevano i sintomi per non essere ritenuti omo. Non vanno bene nemmeno i nomi di animali, come: Vaiolo delle scimmie, Influenza suina o Aviaria, che, come in passato, porterebbero, oltre a conseguenze sul piano zootecnico e alimentare, a stragi a danno del mondo animale. Quindi, per noi, no al Male del pipistrello. Ma le linee guida scoraggiano anche i nomi che includano aggettivi o accostamenti che possono spaventare, come ‘fatale, sconosciuta, epidemica’ ecc.  No al Mal terribile, citato sopra come altrettanto terribile esempio. 


Insomma, nello scegliere il nome di una malattia, meglio fare riferimento ad Aristotele e, tenendo conto dei sintomi, indicare descrittivamente genere (esempio malattia respiratoria) più differenza specifica (il come o il quando o il chi): ed ecco come è nata la SARS (Severe acute respiratory syndrome), della cui famiglia la nostra fa parte. Se poi ė noto l’agente patogeno, specifica L’OMS, è bene rientri nel nome. L’agente ci è noto dal 2019 ė si chiama Coronavirus  (SARS-COV-2), per cui la malattia ė  COVID-19 (Corona Virus Disease 19). Agente non segreto, eppure nome da 007 o da bombardiere (in effetti!), un nome che anche nel lancio spaziale farebbe carriera. Di certo, non sarà mai il nome di una canzone. A questo proposito, va detto, per chi fosse interessato alla sorte di un piacevole e malizioso brano del 1906, che quando la memoria storica andò scemando e della pandemia che fece più morti delle due Guerre Mondiali messe assieme rimase un accenno fugace sui manuali di storia, anche la canzone poté essere sdoganata, affidandola alla voce tranquillizzante di Gigliola Cinquetti. Eppure diceva cose come ‘stretti stretti’ e ‘bocca a bocca la notte e il dì’: roba che oggi è meglio astenersi dal diffondere, sia pure nella versione di Orietta Berti. Tutto sommato, perfino l’ascolto di Povia può essere meno nocivo.

 

  GLORIA BARDI

 

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