Avvenimenti della settimana

TRUCIOLI NERI 
Gli avvenimenti della settimana, accomunati da un colore: il nero

TRUCIOLI NERI 
Gli avvenimenti della settimana, accomunati da un colore: il nero

Oggi commento gli avvenimenti della settimana, accomunati da un colore: il nero.

 1)  La marea nera che sta soffocando le coste e le zone acquatiche della Louisiana non fa che dare ragione, per l’ennesima volta, alle “cassandre” ambientaliste, costrette a ripetere “noi l’avevamo detto”. Ma le orecchie degli affaristi finanziari, quali sono ormai molti grandi industriali, sono sorde a qualsiasi ammonimento che rallenti o addirittura minacci di interrompere la loro apertura dei vasi di Pandora.

Ultimo, il fondo degli oceani, in obbedienza alla legge di una domanda assatanata di energia e quindi di petrolio, a prescindere dal suo utilizzo più o meno appropriato. È già una “fortuna” che questo disastro si sia verificato quasi a ridosso del via libera di Obama alla trivellazione offshore nel golfo del Messico (e purtroppo anche dell’Alaska). Fortuna tra virgolette, in quanto questo ha perlomeno determinato l’immediato alt ad ulteriori trivellazioni, che pure venivano spacciate per “sicure” dalle aziende interessate, BP in testa.  Proprio sul numero scorso riportavo la foto di una di queste colossali trivelle di profondità, una cui gemella è stata all’origine di questo scempio. A giocare col fuoco ci si brucia, stavolta prima che poi.  

2)  Ma il “fuoco” può anche non essere alimentato ad ossigeno ma da reazioni di fissione nucleare; e risulta ancora più pericoloso, anche se il fumo -e il nero- non si vedono. Ma i nostri politici amano il rischio (altrui, o che tale si illudono rimanga). E così il braccio destro esecutivo del premier, per dimostrarsi ancor più “uomo del fare” del suo capo, non esita a giocare d’azzardo con la vita di milioni di persone, facendosi alfiere del nucleare e dando così la possibilità a Sua Emittenza di improvvisarsi difensore di un processo di cui non capisce nulla (se no il crimine sarebbe volontario, anziché colposo), di buttare al vento un referendum abrogativo del nucleare vinto a larga maggioranza e di stipulare contratti miliardari con strette di mano a Sarkozy e Putin, passando su tutte le nostre teste. Bene fa l’IdV a indire un secondo referendum, a conferma della volontà popolare di dire NO al nucleare una volta per tutte.* Certo, S.E. e Scajola useranno tutte le armi che i mezzi d’informazione metteranno a loro disposizione. Vedremo se gli italiani, dal 1987 ad oggi sono stati del tutto rincoglioniti dalle varie TV veline (in tutti i sensi) o se la saggezza di un tempo prevarrà sull’ingordigia affaristica di industriali e politici.


La casa di Scajola
 3)  Certo, non aspettiamoci travagli di coscienza nel ministro dello sviluppo industriale, tanto più alla luce degli ultimi sviluppi, scusate il bisticcio, dell’indagine che sembra averlo colto con le mani nella marmellata. Stavolta il color nero è quello dei fondi, che uno della “cricca” dei Grandi Eventi, il carcerato Anemone, gli avrebbe allungato per pagare gran parte della sua casa con vista sul Colosseo, che Scajola dice essergli costata € 600.000: un vero affare per un alloggio da 170 mq in pieno centro di Roma.

 Tutto documentato da movimenti bancari e da testimonianze plurime: le due venditrici, l’architetto Zampolini, tuttofare di Anemone, e il “corriere” di quest’ultimo, Fahti. Il ministro si dichiara innocente, oltre che riguardo al pagamento in nero, prassi peraltro diffusissima nelle compravendite immobiliari (basterebbe abbassare le imposte per veder scemare il fenomeno e accrescere le entrate erariali), riguardo soprattutto alla provenienza dei fondi, che, se confermata, trasformerebbe il procedimento giudiziario da civile a penale. Come prevedibile, ha già incassato la solidarietà di Berlusconi. Quindi, se la cosa arriverà al tribunale dei ministri, il risultato è scontato. È abbastanza buffo che a giudicare i ministri sia un loro tribunale speciale: una sorta di insider trading politico.

 4)  Ieri 1° maggio: festa dei lavoratori, in nero o in grigio (i precari). Qui il dilemma è dovuto al fatto che la ragione sta da entrambe le parti: lavoratori e imprenditori. Se è deplorevole che ci sia il lavoro nero, è innegabile che questo tragga alimento da due fattori: l’elevata tassazione e contribuzione; una concorrenza, perlopiù estera, che abbatte i prezzi e rende impossibile assumere in regola. La via d’uscita sinora seguita è devastante: si sposta l’attività in quei Paesi dove il lavoro regolare equivale al nostro lavoro nero quanto a paghe, mentre le regole ambientali sono permissive o nulle, più o meno come nel nostro Sud, dove hanno potuto proliferare senza disturbi i casi alla Rosarno quanto al lavoro sommerso, e l’esistenza di discariche abusive o “legali”: costa così poco scaricare i rifiuti dove capita! Se si interviene, come a Rosarno, dopo la denuncia dei media, con i prodotti ortofrutticoli pagati quasi zero, sono i proprietari terreni ad incrociare le braccia, passando dal lavoro nero al lavoro nullo. Del resto, l’imprenditoria in perdita è una chicca sostenibile solo per imprese statali ed enti pubblici, i privati mica possono permetterselo. Conclusione: no dazi = no lavoro regolare, sì outsourcing di aziende italiane verso Est, sì immigrazione clandestina. Ossia, espatriano le aziende, sbarcano gli immigrati. La Lega l’ha capito da tempo; e questo spiega il suo crescente successo.

Commenti trasversali, dunque, riconoscendo il merito o demerito dovunque esso sia.         

 * Vedi: http://www.3referendum.it/

 Marco Giacinto Pellifroni                                                      2 maggio 2010


Marea nera in Louisiana

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