Autonomia e federalismo: le ragioni…

Autonomia e federalismo:

le ragioni delle Regioni virtuose

Autonomia e federalismo:

le ragioni delle Regioni virtuose

 Per noi della Lega Nord parlare di Autonomia e Federalismo non è soltanto un piacere ma è anche un dovere nei confronti di un tema che dall’Unità d’Italia a oggi è stato spesso dimenticato.

Già nel Risorgimento moltissimi patrioti e artefici della formazione del nuovo Stato italiano, come Giuseppe Ferrari di posizioni democratiche e socialiste, Carlo Cattaneo notoriamente liberale e laico, o il cattolico Vincenzo Gioberti, propugnavano uno Stato di stampo federale con Autonomia delle Regioni, sul modello Svizzero.  

Prevalse l’opzione monarchica moderata e centralista imposta con le armi dai Savoia, ispirata dalla visione centralista di Camillo Benso conte di Cavour che, ad avviso di molti, è stata deleteria soprattutto per le regioni meridionali, perché saldava gli interessi dei capitalisti del Nord con quelli dei latifondisti del Sud. Un centralismo che iniziava ad incentivare la diffusione del clientelismo e contribuiva a cristallizzare la situazione in essere a quel tempo, il tutto a scapito dei contadini meridionali e degli operai settentrionali, argomento del quale si è occupato anche un altro grande federalista meridionale come Gaetano Salvemini nelle sue riflessioni approfondite sulla questione meridionale.

 


Cattaneo, Gioberti, Cavour e Don Sturzo

 

Venendo a tempi più recenti, dopo il buio periodo fascista caratterizzato da un forte centralismo anti democratico e iper burocratico, si arriva  alla Costituzione della Repubblica che, se pur di stampo non federalista, tuttavia dava spazio attraverso l’articolo 114 alla rappresentanza delle Regioni, portando finalmente nel 1970 alla istituzione delle Regioni come Enti Territoriali Autonomi,  attraverso una redistribuzione del potere legislativo e di una serie di funzioni di Governo, prima esercitate esclusivamente a livello centrale, come la Sanità. In breve, si trattava dell’avvio di una prospettiva regionalistica in senso amministrativo e legislativo che già dagli anni ’20 era stata propugnate dal Partito Popolare nella persona del suo allora segretario Don Sturzo, anch’egli un grande federalista meridionale.

Le Regioni hanno le proprie radici nella natura, nel cuore e nella storia degli italiani. L’Italia è nata poco più di 150 anni fa, mentre le Regioni hanno storie millenarie, con le loro tradizioni, i loro dialetti, il loro comun sentire, e hanno dimostrato nella loro storia di sapersi governare alla grande: dalla Repubblica di Genova alla Serenissina, dal Granducato di Toscana a quello di Milano, e così via.

Ciò nonostante, il potere centrale ha sempre ostacolato il decentramento e quando lo ha accettato, sotto la spinta negli anni ’60 dell’allora PCI, che voleva valorizzare l’efficienza delle regioni rosse Emilia Romagna e Toscana, oppure nel 2012 con la riforma del titolo V della Costituzione su insistenza della Lega Nord, lo ha fatto in modo tale da metterlo scientemente nelle condizioni di fallire.

 

Repubblica di Genova,  Ducato di Milano, La serenissima, Ducato di Toscana

  

Per questo che Veneto e Lombardia hanno voluto i referendum, i cui risultati hanno mandato un segnale preciso che il potere centrale non può più disconoscere; un segnale proveniente non solo dai leghisti veneti, ma dai veneti di tutti i partiti.

L’attuale Regione Liguria vuole invece seguire la strada più morbida dell’Emilia Romagna, ovvero quella di chiedere un’autonomia in base all’articolo 114, sperando nel contempo che non si debba arrivare alla richiesta di un referendum, ma che il potere centrale stavolta voglia ottemperare ai propri doveri costituzionali senza frapporre cavilli di sorta.

Quali possono essere i vantaggi di un’autonomia amministrativa di tipo federale lo vediamo già nelle Regioni a Statuto Speciale. Tali differenze sono principalmente di carattere finanziario. Le imposte riscosse sul territorio vengono parzialmente trattenute per finanziare le funzioni di Governo di cui dovrebbe occuparsi la Regione (Sanità, Infrastrutture, Istruzione) unitamente all’acquisizione di una maggiore autonomia legislativa.

Già con la riforma del Titolo V della Costituzione attuata nel 2012, quello che attualmente è il potere attribuito alle Regioni a Statuto Speciale doveva essere riconosciuto anche alle altre Regioni a Statuto Ordinario, in ottemperanza alla spinta federalista che attraverso la Lega Nord aveva preso piede in tutto il Paese.

Purtroppo la riforma del Titolo V è stata, più o meno intenzionalmente, gestita malamente dalla Sinistra ed è nata zoppa in partenza per essere poi facilmente sabotata, perché gli alti burocrati ed il potere centrale, per lo più tutti di quell’area politica, mal digerivano la possibilità di perdere molto del loro potere a vantaggio dei cittadini.


Repubblica di Genova e Ducato di Milano

 

 

La serenissima e il Ducato di Toscana

 

Fatto sta, quindi, che l’aumento delle competenze delle Regioni non ha avuto di pari passo un aumento della loro autonomia fiscale, per cui le Regioni hanno potuto incrementare la loro spesa senza dover pensare a come finanziarla, il che costituisce un sistema avulso da ogni minima responsabilizzazione.

Oltre al nostro segretario federale di allora Umberto Bossi, il quale affermò che non era possibile attuare il federalismo senza responsabilizzare gli amministratori locali, anche uomini della stessa sinistra, come l’ex Presidente del Consiglio Letta, avevano bollato la riforma fatta in quel modo come un errore clamoroso.

Con tale riforma, i buchi di bilancio di una singola Regione vengono pagati da tutti gli italiani, mentre la colpa dell’aumento delle tasse ricade sul Governo centrale. Ogni Regione spende e spande senza dover pagare alcun prezzo politico in termini di inasprimento delle tasse locali. Gli scandali delle spese pazze nelle varie Regioni hanno messo ulteriormente in evidenza i rischi di una eccessiva autonomia regionale, senza che lo Stato potesse intervenire riducendo le indennità o i fondi.

 


Zaia, Salvini e Maroni

 

Per farla breve, al momento le Regioni possono spendere liberamente, mentre molte delle imposte principali riscosse sul loro territorio, come l’IVA, l’IRES e le accise, sono raccolte dallo Stato, che poi decide quale parte versare alle Regioni e spesso lo decide in modo clientelare, quindi in antitesi a quel sistema federalista che funziona alla perfezione nella vicina Svizzera o nella stessa Germania.

Per fare un esempio della nostra città, con il suo traffico merci, il Porto di Savona genera miliardi di euro di IVA che vengono interamente trasferiti nel grande calderone romano, ricevendone indietro solo l’ 1%, vale a dire un’inezia a confronto di quanto incassano gli Esattori siciliani o quelli di Equitalia, che percepiscono aggi di riscossione 10 volte superiori; per non parlare dei porti del nord Europa, come Amsterdam, il cui 70%  della proprietà e della Governance appartengono alla municipalità locale.

Per le ragioni sopra citate la Lega Nord, in nome anche degli innumerevoli Statisti e Patrioti di ogni colore, socialisti, liberali, cattolici, settentrionali, meridionale, sta proponendo questo significativo cambiamento.

Visto che i risultati di decenni di politiche spesso scriteriate e senza alcuna responsabilizzazione hanno portato il debito pubblico a un livello enorme, senza aver dotato il Paese di infrastrutture adeguate, da qui la crisi economica che stiamo vivendo ormai da troppi anni, ormai un tale cambiamento è diventato ineluttabile.

 

 SILVIO ROSSI  Consigliere LEGA NORD

 

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