Attenta al lupo

ATTENTA AL LUPO

ATTENTA AL LUPO

 Povero Massimo Gramellini, oggi, venerdì 23 novembre 2018, per tutto il giorno gli è toccato rispondere alle mail di lettori del Corriere della Sera che criticavano quello che lui chiama il suo “eccesso di empatia”  nei confronti di Silvia Romano, la giovane cooperante rapita in Kenya, e dei suoi generosi ideali “di gioventù”, mentre lui intendeva solo difendere la ragazza dalla solita accusa di essersela andata a cercare. E fin qui niente di nuovo sotto il sole, soprattutto in tempi di “prima gli italiani”; lo stupore, indubbiamente (ahimè) sincero, coglie il corsivista e vice direttore del Corriere  quando gli arrivano critiche (e insulti) da chi proprio non se l’aspettava: “Mai avrei immaginato che nel frattempo, dentro al mondo dei social, si stesse alzando una marea di segno opposto”; cioè l’indignazione per il contenuto della “tazzina” di ieri che – fin dal titolo (Cappuccetto Rosso) – non denotava un grande rispetto per la giovane cooperante, il cui primo capoverso  – non ironico, si badi – ha fatto sobbalzare anche il sottoscritto per il qualunquistico cinismo da zona grigia che lo caratterizza e che non conoscevo in Gramellini: “Ha ragione chi pensa, dice  o scrive che la giovane cooperante milanese rapita in Kenya da una banda di somali avrebbe potuto soddisfare le sue smanie d’altruismo (corsivo mio) in qualche mensa nostrana della Caritas, invece di andare a rischiare la pelle in un villaggio sperduto nel cuore della foresta.


Ed è vero che la sua scelta avventata rischia di costare ai contribuenti italiani un corposo riscatto”. Come dire: hai voluto giocare alla missionaria senza tener conto dei pericoli a cui andavi incontro, e era dovremo probabilmente sborsare fior di quattrini tolti al nostro  erario miserello per la tua liberazione (come già accadde per le mai dimenticate due Simone). Il tuo, cara Silvia, più  che altruismo a me (Gramellini, e a tanti altri come me) pare incoscienza bella e buona intrisa di egoismo e presunzione da anima bella. Se non voleva dire questo, l’esimio giornalista, che cos’altro intendeva dire? Ma Gramellini nega questa interpretazione malevola del primo capoverso: no, lui intendeva solo “riconoscere la logica di alcune argomentazioni contro la cooperante per arrivare nelle righe successive a rovesciarle”, non era e non è quello il suo pensiero, come appunto spiega, secondo lui, nelle righe successive: “ Ci sono però una cosa che non riesco ad accettare e un’altra che non riesco a comprendere”. Strano che Gramellini non si renda conto che con quel “però”  non nega ma anzi conferma l’interpretazione malevola da lui rifiutata: malgrado riconosca la fondatezza degli argomenti di cui sopra, non accetta e non comprende “gli attacchi feroci a qualcuno che si trova nelle grinfie dei banditi: se tuo figlio è in pericolo di vita, il primo pensiero è di riportarlo a casa, ci sarà tempo dopo  per fargli la ramanzina (corsivo mio)”. L’atra cosa che Gramellini non riesce a comprendere è come mai ci sia tanta gente “così indurita da avere dimenticato i propri vent’anni. L’energia pura, ingenua e un po’ folle che a quell’età ti spinge ad abbracciare il mondo intero, a volerlo conoscere e, soprattutto, a illuderti ancora di poterlo cambiare (idem).


Le delusioni arrivano poi, quando si diventa adulti e si comincia a sbagliare da professionisti, come canta Paolo Conte”. Gramellini insiste dunque nel considerare la giovane Silvia Romano una povera illusa, un’idealista, una sognatrice che ha solo bisogno di maturare per tornare con i piedi per terra, di passare dall’adolescenza all’età adulta. dalla poesia alla prosa,  per aprire finalmente gli occhi sulla realtà: “Silvia Romano non ruba, non picchia, non spaccia. Non appartiene alla tribù dei lamentosi e tantomeno a quella degli sdraiati. La sua unica colpa è di essere entusiasta e sognatrice”. Non sapevo che l’entusiasmo fosse una colpa, e nemmeno inseguire un sogno. Ah  Gramellini, Gramellini, che cosa ti succede? Che mondo mai sarebbe quello in cui sognarne un altro fosse una colpa? Ti piacerebbe un mondo senza poesia, senza musica, senza opere d’arte e senza opere di carità? “A suo modo, voleva aiutarli a casa loro.


Chi in queste ore sul web  la chiama “frustrata”, “oca giuliva”, “disturbata mentale” non sta insultando lei, ma il fantasma della propria giovinezza”. Sarà, ma certo è che Gramellini è riuscito a preparare una tazzina di caffè avvelenata, imbevibile così da chi considera Silvia Romano un’oca giuliva, come da chi, invece,  ammira senza riserve la sua umiltà e la sua gioiosa dedizione alla causa degli ultimi, mettendo consapevolmente a rischio la propria salute e la propria vita, non quella degli altri. Come si fa a non pensare che è proprio grazie a persone come lei che la speranza in un mondo migliore non è ancora morta? E se sperare e agire per un mondo migliore è una colpa, che cosa stiamo ancora a fare su questa terra inospitale? Per chi e per cosa viviamo? Se ognuno rimanesse chiuso nel proprio particulare dove troveremo più l’amicizia, l’amore e la giustizia (se c’è)? E, se non ora, quando? Non per questo, sia chiaro, sono giustificabili gli insulti che sono  piovuti da una parte e dall’altra addosso al malcapitato autore di quella tazzina avvelenata da una visione un po’ troppo filistea e prosaica della vita, secondo gli uni, e da una eccessiva indulgenza per una ragazza scriteriata che si merita quello che le è capitato, per gli altri. Detto tutto questo, speriamo che Silvia stia bene e che sia liberata al più presto.

  FULVIO SGUERSO

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