ASSEMBLEA A VADO LIGURE

Assemblea a Vado Ligure  sui problemi del lavoro e dell’occupazione 
Verranno al pettine quei nodi…

 

Assemblea a Vado Ligure  sui problemi del lavoro e dell’occupazione
Verranno al pettine quei nodi…

 Giovedì sera alle 21, presso la SMS della Valle di Vado, si è svolta l’assemblea sui problemi del lavoro e dell’occupazione nel Savonese, organizzata dalla Cgil provinciale.

 Erano presenti oltre al segretario provinciale del sindacato Francesco Rossello, il presidente della Camera di Commercio di Savona Luciano Pasquale, l’assessore regionale allo sviluppo economico Renzo Guccinelli, quello provinciale Giorgio Sambin e il sindaco di Vado Ligure Attilio Caviglia. Moderava il caporedattore del Secolo XIX di Savona, Claudio Caviglia.

Quel che si dice, una serata blindata. Doveva essere, nelle intenzioni dei promotori, la celebrazione delle inevitabili sorti dell’economia locale, con due uniche note dominanti, le sappiamo, piattaforma e centrale, centrale e piattaforma, da calare a una platea di lavoratori in attesa, molto giustamente direi, di risposte agli ansiosi problemi che affliggono l’occupazione. Con il sottinteso che sia solo per le ubbie di alcuni fanatici ambientalisti, che i progetti non partono. Il suggello definitivo e la dimostrazione plateale dell’isolamento dell’amministrazione valdese, da inchiodare alle proprie responsabilità.  Un altro passetto per spingerla sempre più alla resa incondizionata (quel che loro chiamano “sedersi al tavolo delle trattative”).

Dove alcuni particolari attivisti del sindacato, sparsi sapientemente per la sala, avrebbero dovuto tenere a bada le eventuali timide contestazioni di quei pochi scriteriati ambientalisti che avessero osato sporgere il capino, loro, i veri e unici nemici da combattere.

Insomma, una serata piena di certezze incrollabili e di discorsi a senso unico, tenuti da relatori tiepidamente stimolati dal giornalista con qualche pseudo provocazione e con domande che definire retoriche (cioè, già contenenti la risposta prevista) è dir poco. Dopo aver sparato una serie di dati sull’occupazione talmente drammatici, da annichilire qualsiasi reazione.

L’assessore Guccinelli e un pensioroso Luciano Pasquale

Eppure, non è andata esattamente così. Eppure, pur con tutte le premesse che dovevano far scorrere la serata sul velluto, il giochino del “se le cantano e se le suonano” non ha funzionato a dovere. Nonostante lo strapotere.  Fa sorridere, infatti, a posteriori, che Pasquale affermi deluso come “non ci sia stato dialogo, si sia riscontrata chiusura di posizioni”.

Ma come è possibile che non ci sia  stato dialogo, se dialogo con chi la pensava diversamente non era proprio previsto e i relatori erano tutti concordi, con un sindaco vadese sin troppo disponibile?

Cosa si aspettavano, che in sala tutti  annuissero come cagnolini ammaestrati, bevendosi come Vangelo una serie apodittica di affermazioni una più discutibile dell’altra?

La frase di Pasquale, dunque, va interpretata per quello che è: la constatazione che non bastano i ricatti occupazionali, le pressioni a senso unico,  non basta lo spavento, non  basta avere qualche delegato sindacale a sobillare, quando i fatti non reggono alla prova.

E quando, soprattutto, esistono persone che non si lasciano intimidire e non si rassegnano.

La platea, dunque, non era quella sperata. Erano minoranza, forse, i contestatori, ma tutt’altro che sparuta, tutt’altro che rassegnata, tutt’altro che priva di argomenti validi e non solo di salute e ambientali, anche se ci si guardava bene dal lasciarglieli esporre.

Mentre di affermazioni concrete, da parte dei relatori, che non fossero costruzioni astratte, dichiarazioni di intenti, sparate, se ne sono udite pochine. Chiunque non fosse prevenuto o disposto a credere a qualunque cosa per disperazione, se ne sarà pure reso conto.

Poi, la troppa sicurezza, lo strapotere, lo schiacciante dominio della propaganda, l’abitudine a non avere contraddittorio, portano a esagerare.

Oltre un certo livello, anche la paura non funziona più.

Chiude una fabbrica, cento dipendenti a spasso. Crisi in un’altra, duecento in cassa.  Finché i numeri sono questi, puoi ogni volta raccontare la favoletta che li piazzi in centrale o in piattaforma. Ripetere che bisogna sbloccarle al più presto. Puoi dare tutta la colpa agli stregoni cattivi annidati in Comune a Vado e alle loro orde insidiose di feroci ambientalisti nemici di tutto e di tutti. Puoi persino usare gli operai come scudi umani e scatenarli in Consiglio e distrarre i lavoratori dai tanti, troppi, cedimenti, errori, ambiguità del Sindacato. Così evidenti che persino qualche sindacalista di lungo corso, con la schiena diritta, ha dato le dimissioni in dissenso a queste politiche filo affaristiche, filo imprenditoriali, nemiche della società e dei lavoratori stessi.

Luciano Pasquale e  Francesco Rossello

Ma se le imprese che chiudono sono un’emorragia. Se la disoccupazione ha numeri da decine di migliaia, ventiduemila in provincia. Se la maggior parte, la stragrande maggioranza dei nuovi contratti sono infimi lavori a chiamata. Se è  evidente a tutti che l’economia è in paurosa recessione. E tu cominci a sciorinare questi dati disperanti, convinto di consolidare il tuo punto, in realtà alla fine il mantra centrale-piattaforma-centrale- unici-investimenti-uniche-opportunità-contro-l’immobilismo comincia a non funzionare più.

Quando la crisi mondiale di un sistema ormai improponibile fa crollare consumi e certezze, convincere tutti che la panacea sia investire alla grande su una logistica già ipertrofica, spaventosa divoratrice di territorio e risorse, foriera di lucrosi profitti ma avarissima di posti di lavoro, diventa difficile.

Per quanto disperatamente lo ripeti, credibilità e convincimento scendono a zero. La voce contraria prende via via forza: quella di coloro bollati sprezzantemente come “amici degli uccellini”, (persino, ahimè, dal sindaco vadese, spero stesse facendo ironia), che afferma come l’unica soluzione per riavere occupazione dignitosa e benessere, sia cambiare  al più presto modello di sviluppo ed evitare di sprecare soldi in investimenti ormai obsoleti.

Ed ecco i venticelli che soffiavano appena su una serata, sorvolando un esempio di discutibile politica, discutibile sindacato, discutibile economia e giornalismo adeguato alla bisogna.

Se non sufficienti a riscattare il pietoso spettacolo, almeno portatori di una piccola speranza, una sensazione che altro, appena oltre quel muro di deprimente e colpevole insipienza, esista ancora.

Che esista chi guarda ai dati, alle possibilità, a nuovi modelli, con mente sgombra e buona volontà e un occhio agli esempi positivi da seguire e ai veri bisogni della popolazione, e non  al ricatto dei poteri forti,  allo sperpero scriteriato di denaro pubblico, alle consorterie e ai giochi consolidati.

Come parte la serata? Domande retoriche, appunto. Frasi fatte. Atti di fede.

Conciliare ambiente e lavoro, si può. Se non vanno bene questi progetti, proponete alternative. La Regione ha fatto un ottimo accordo per Tirreno Power. Le amministrazioni locali, per il loro capriccio di non sedersi al tavolo, rischiano di perderne i vantaggi.

Caviglia si dice disposto a trattare, purché Tirreno Power abbia l’AIA per i due gruppi vecchi e purché i controlli non siano più in autocertificazione ma affidati ad ente indipendente.

Ma quando dice che, qualora l’accordo andasse in porto, essendo diverso dal mandato popolare ricevuto dovrebbe sottoporlo a referendum, si perplimono tutti. Certo il PD non si fa questi problemi, avendo ottenuto il voto sul no all’ampliamento per poi fare esattamente il contrario.

Da sinistra:Guccinelli, Caviglia, Pasquale, Rossello, Sambin  

Va bene la democrazia, dicono, ma alla fine qualcuno  se eletto deve prendersi la responsabilità di decidere per tutti, o non si fa mai niente. Il tipico atteggiamento di confondere responsabilità, serietà, attenzione all’ambiente e alla volontà popolare con inutile burocrazia. Berlusconiano e liberista di destra, ma così condiviso anche dal PD meno elle, quello che poi si offende quando si dice che nei programmi e nei fatti è indistinguibile dall’avversario.

Confondono la delega del voto – sempre più delegittimata fra l’altro, dalla sfiducia popolare, come ammetteva persino Rossello – con l’autorizzazione ad agire senza vincoli.

Sul loro strano concetto di democrazia, la sala inizia a rumoreggiare.

Ne sentiremo delle altre, delle belle, ma non entro nel merito. Diciamo che Pasquale le ha sparate veramente grosse,  da provocatore, molto molto confuso su rinnovabili, costi e incentivi, che Sambin ha fatto interventi brevi e cauti (forse per quel minimo di conflitto di interesse fra la sua carica provinciale e il suo ruolo in aziende che lavorano con Tirreno Power), che Guccinelli, abbronzato e distinto,  da politico consumato ha tentato più volte la carta dell’ideologia (le colpe della finanza, del passato governo, la riconversione…) e Rossello quella della critica sindacale, simulando quel minimo di conflittualità che non si verifica poi molto nella pratica. Ma tradendosi spesso con affermazioni da occhi sgranati, ad esempio toni di nostalgia appena velata per il nucleare.

Mentre stava iniziando il secondo giro dei relatori, un signore un po’ esagitato del pubblico ha chiesto di intervenire. Lì per lì  gli è stato risposto dal giornalista che non era previsto e sarebbero state fatte interviste dopo, poi alla fine visto l’andazzo non proprio favorevole si è deciso che potevano esser fatte domande (“ma non comizi!” strillavano i delegati sindacali presenti, timorosi che per sbaglio o distrazione potesse venir fuori qualche indiscutibile brandello di verità).

E le domande ci sono state. Dal perché i controlli dovessero essere affidati a un’Arpal sotto inchiesta. Dalla richiesta di puntare anche sulla tecnologia, la ricerca e la messa in sicurezza del territorio.

Ai dati snocciolati di fronte a un irrigidito Guccinelli da parte del comitato di Spotorno-Noli: ci teniamo i gruppi vecchi per anni e anni; come facciamo a dire che si riduce l’inquinamento se i fumi a camino sono misurati e autocertificati dall’azienda; se bruciamo più carbone avremo più polveri ultrasottili, e non esiste filtro che le blocchi.

Qui addirittura il giornalista, accennando all’indagine in Procura, dice che si tratta dell’opinione di ALCUNI medici, da verificare, mostrando di ignorare che esista un documento ufficiale dell’Ordine dei Medici provinciale.

La serata si scalda, e ben presto conviene chiudere in tutta fretta.

Ma basta davvero con questo noioso allarme su salute e ambiente, basta fare drammi e buttarla sul patetico, suvvia. Esagerati. Siamo realisti.

Avrei alcune domande che mi frullavano in testa: giudicate se sono dubbi ecologisti. Domande che avrei voluto porre, ma tutte vanificate dal dubbio pregresso: ci sono o ci fanno?

Per  tutti: prima di affermare che l’energia è indispensabile, che occorre aumentare la produzione  per poi rilanciare nuove proposte imprenditoriali, non bisognerebbe avere finalmente un piano energetico nazionale? I dati di Terna dicono che produciamo già ora molta più energia di quanta serva, e con crisi e risparmio energetico il surplus ovviamente aumenterà. E’ di questi giorni la notizia che Edison ha rinunciato a costruire una centrale a turbogas proprio per questo motivo. E’ conveniente e sensato in questo contesto investire e proprio a carbone, combustibile oggi conveniente ma che un domani potrebbe essere gravato da tassazioni a causa dei costi indiretti che fa scaricare sulla società? E’ conveniente per l’economia e lo sviluppo e il lavoro, o per una azienda che, a detta dello stesso Gosio, mira a incassare i vantaggi della concessione per  gonfiare i valori azionari in vista di una cessione definitiva ai francesi già ampiamente presenti nell’assetto societario? Un gioco finanziario, essenzialmente, insomma, di quelli tanto deplorati dall’assessore Guccinelli.

Per Rossello: propone di ottenere contropartite da TP, assunzioni e cambio della politica aziendale delle consulenze, mostrando di scandalizzarsi solo ora. Ma le contropartite quando si chiedono e si ha speranza di ottenere, come premesse alle trattative o ad accordo fatto, quando l’Azienda ha già in mano una solida autorizzazione Stato-Regione?

Per Guccinelli: quando i vari governi di centro destra negavano la crisi, demolivano l’economia produttiva e incoraggiavano la finanza, la speculazione edilizia e i giri di capitale, voi non è che foste nell’uovo di Pasqua. Eravate lì, in politica, con ruoli importanti. Cosa avete fatto per contrastarli e difendere il lavoro vero? In cosa vi siete mostrati diversi?

Sulla piattaforma. Si è evidenziato come la procedura si sia avviata in tempi lontani. I ritardi sono colpa di ostruzionismo ambientalista, o di difficoltà nel finanziare e giustificare l’opera? Ancora oggi, siamo sicuri che sia  adeguatamente finanziata dallo Stato, o non si rischia di iniziare i lavori e non poterli concludere, lasciando un’incompiuta devastante? Come si giustificano i proclami pro-piattaforma con la pianificazione interportuale, le  notizie che ci parlano di capacità in eccesso di altri scali, di inesistenza dei vantaggi di pescaggio a solo beneficio vadese, di mega portacontainer dirette proficuamente su altre rotte, su altre direttrici di traffico, di altri progetti e altre scelte? Cosa si risponde a chi afferma che l’unico vero affare sia avviare la costruzione incassando i fondi?

Sull’alternativa. Come è possibile, quando si sfida chi non è d’accordo con questi progetti a trovare alternative, glissare sul fatto che dovrebbero essere la politica, l’economia, il sindacato a cercarle, valutarle  e proporle, e non i cittadini critici? Come è possibile poi ignorare che sia ben difficile fare proposte alternative, inconciliabili con queste due spade di Damocle sospese sulle nostre teste?

E  a questo proposito. Quando il sindaco vadese, salutato da applausi in sala, ha affermato che non si può puntare tutto su centrale e piattaforma, Rossello ha risposto che qualcosa è meglio di niente, che se un’azienda in crisi viene rilanciata, si sa che si piazzano solo una parte dei lavoratori. Siamo consapevoli dei numeri? Qua non si parla di poche decine di lavoratori in più o in meno, ma di una intera economia a rischio esubero. Stiamo parlando di contrastare uno tsunami con una diga su un fiumiciattolo. E non solo: la diga potrebbe persino accelerare il disastro. Infatti investire tutto su queste devastanti scelte  potrebbe essere d’ostacolo allo sviluppo di programmi molto più proficui, ad alte ricadute lavorative e a lungo termine.Ne vale davvero la pena, per il futuro dell’economia del territorio?

Domande, solo qualche esempio di domande, ma sarebbero molte altre. Si attendono risposte documentate.

*** approfitto dello spazio su Trucioli: per ciò che è accaduto in questo sabato maledetto, colgo l’occasione per manifestare tutto il mio dolore per le vittime coinvolte e le loro famiglie, l’angoscia per la sola idea che possano accadere simili orrori, la ferma condanna e la certezza che anche oggi,  come molte altre volte, come molti anni fa, come per le bombe di Savona, occorra resistere a testa alta di fronte a chiunque cerchi di dominarci con la vigliaccheria del terrore ***

 

Milena Debenedetti Consigliere  comunale del Movimento 5 stelle Savona 

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