Il Gattopardo e la politica savonese

La nostra città è da anni in crisi ed in spaventoso arretramento, anche culturale: è cosa nota, che ci riguarda come collettività. La crisi si è innestata anche sulla scia di un processo, per politiche anche sovra-nazionali, di smantellamento delle attività produttive, accompagnata da una decennale difficoltà all’occupazione e dalle politiche di taglio della spesa pubblica. Congiunture queste che certo non hanno creato le condizioni favorevoli ad uno sviluppo adeguato. Ma oggi possiamo parlare non solo di crisi ma di vero e proprio arretramento: così marcato era difficile anche solo immaginarlo una decina di anni fa.

Già, parliamo degli ultimi dieci anni…

Dopo un prodromico periodo (che con l'occhio di oggi non poteva essere foriero di peggiori discendenze) il Comune di Savona è stato guidato dal 1994 ad oggi da un sorprendente (rammentate l’esperimento Popolari con la CdL?) centro-destra, e poi da un centro-sinistra sempre più “granitico” (al secondo rinnovo non subì neppure l’ansia del ballottaggio) anche se con qualche greve ed imperdibile scrollone, rappresentato da Ruggeri. 

Entrambi gli schieramenti non hanno messo all’ordine del giorno della propria agenda politico-amministrativa uno sviluppo adeguato, anche di minima, e hanno continuato invece in una prassi perversa di abbandono, contornata invece da una serie di “nulla” assoluto gonfiata in maniera grottesca. Se il mandato Gervasio scontava qualche “ingenuità” politico amministrativa, non certo possiamo parlare in questi termini per i mandati Ruggeri. Tutt’altro.

Ecco perché la delicata situazione delle aree programmabili a vantaggio della Città, si pensi alle aree ex-Metalmetron a Legino e quelle “Metropolis” (Squadra Rialzo FS) praticamente nel centro-cittadino è davvero emblematica nella sua drammaticità, dove le rappresentanze delle categorie del commercio, sempre molto attente al potere locale, hanno sbattuto in faccia al Sindaco la sua assoluta assenza, arrivando a chiedersi come mai l’amministrazione non abbia pensato all’acquisizione delle aree leginesi, sicuramente a costi minimi, investendoci risorse ed idee, per poterle destinare ad un uso, anche produttivo o artigianale, che facesse ritornare alla Città dei vantaggi collettivi.

Rovesciando quindi una pratica, secondo cui da tempo al posto di spazi di consumo, o di residenzialità inutile e costosa, si deve cominciare a ripensare a luoghi di produzione (artigianale, imprese ad alto valore tecnologico, BIC, ecc.).

Ma si farebbe un errore madornale se si pensasse che l’immobilità dell’amministrazione Ruggeri sia determinata dalla disattenzione, o dalla “insensibilità politica”. La lettura è un’altra: l’assenza dell’amministrazione comunale è chiarita dalla distrazione  determinata, anzi resasi necessaria, dalla politica degli “affari” e delle “lobby” che da tempo inquina la Città come una nube tossica.

Alcune vicende drammatiche come i contenitori storici, destinati ad essere abbandonati al loro destino o a diventare occasione ghiotta per la Magistratura, fanno compagnia ad altre altrettanto sventurate come il Piano Regolatore Portuale, il Piano Urbanistico Comunale, la politica del Trasporto Pubblico, la riforma catastale, il Piano del sottosuolo che o sono ignorate dalle assemblee elettive o addirittura vengono, da anni ormai, annunciate con enfatica quanto inutile sarabanda.

Con gravissimo danno per la Città e per i suoi cittadini, perché viene confermata ad ogni piè sospinto la assoluta inutilità del confronto con la popolazione, mai interpellata o coinvolta, come avverrebbe ad esempio nella promozione di un PUC, e perché le decisioni, proprio perché non condivise, non possono, per antonomasia, essere a beneficio di tutti, ma solo a quello di pochi, anzi pochissimi. Anzi talmente pochi che potremmo contarli sulle dita di una mano.

E questo ad opera di una classe politica che si definisce di centro-sinistra.

Ciò che io credo, e che vorrei rendere chiaro, è che non è in discussione il caso “Ruggeri”.

Ruggeri rappresenta ed incarna perfettamente queste scelte politiche. Ma egli o un altro poca differenza fa e farebbe. Il mandato a Sindaco infatti, pur assegnato come risultanza elettorale, sarebbe fortemente o totalmente “appesantito” dalle cambiali che in questi anni questo ceto politico ha firmato, anche in termini trasversali, con convincimento e dedizione. La battaglia non è quindi, “semplicemente”, mandare a casa Ruggeri - magari cominciando a tagliare l’erba del consenso popolare, di cui ancora immeritatamente gode, da sotto i piedi - ma smascherare e sconfiggere un ceto politico che ha scelto, coscientemente e da tempo, di non allearsi (se non al momento elettorale) e di non rappresentare la Città ed i suoi bisogni.

A questa scelta politica sembra allinearsi, com’è ovvio, non solo il ceto politico cittadino ma pure quello provinciale. E l’ondata di scandali, e di “cadute” di giunte che sembra intrufolarsi a sinistra come a destra non appare come salvifica. Non appare cioè determinata dalla acquisita coscienza politica, ma dell’impossibilità a tirare maggiormente la corda, che, spezzandosi, lascia tutti per terra.

Col rischio però che ci sia semplicemente un “cambio della guardia”, dove tutto rimane com’è.

Insomma per dirla come il nipote di gattopardiana memoria: che tutto cambi perché nulla cambi.