Quando si parla di Verdi o di ambientalisti ci scappa sempre qualcosa, che so, un commento, un epiteto, come minimo un aggettivo
Ambientalisti antipatici
 
                                         di
Nonna Abelarda           versione stampabile

Non so se ci avete mai fatto caso, ma se i vari nomi dei partiti compaiono, nei discorsi  di editorialisti e avversari politici, così, diciamo, nudi e crudi, e si dice: i diessini, i radicali, forzitalia, ecc. , quando si parla di Verdi o di ambientalisti ci scappa sempre qualcosa, che so, un commento, un epiteto, come minimo un aggettivo. E così quando ci si riferisce a loro sono sempre “cosiddetti”, “presunti”, “sedicenti”, “alla moda”, “da salotto”, quando non estremisti, disfattisti, contrari al progresso, velleitari e così via.

Solo i no global riescono a collezionare una messe di insulti più abbondante e variegata. E l’accostamento non è per caso, visto che ci sono anche delle sovrapposizioni fra i due gruppi. Ora, da una parte questo dovrebbe essere visto come un sintomo positivo: si tende a denigrare chi fa più paura, chi coglie nel segno. Dall’altra, però, varrebbe la pena di analizzare le cose più a fondo.  A coltivare questa antipatia viscerale, si rischia l’effetto Michael Moore: pare che il suo documentario di denuncia Farenheit 9/11 sia stato decisivo per la vittoria di Bush. Infatti, chi era già propenso a pensarla in un certo modo, vedendo il film al massimo veniva confermato nelle sue idee (e si faceva un po’ di bile in più), chi la pensava al contrario, certo non cambiava idea, e gli incerti, di fronte a toni così appassionati, viscerali e di parte, reagivano immediatamente con rifiuto, scetticismo e fastidio.

Purtroppo, è fenomeno diffuso. Se di una battaglia si fanno portavoce, che so, i Verdi, immediatamente per un certo numero di persone l’argomento risulta screditato. E non serve, no, mettere tutta la propria intensità emotiva nel discorso, cercare di trasmettere preoccupazione, di condividere sentimenti profondi:  peggio che mai. Abituati come siamo a superficialità, calcolo e cinismo, c’è chi pensa subito come tanta insistenza nasconda oscuri interessi di parte. Idealismo e buona fede sono talmente scomparsi dalla scena, che tutti li pensano estinti per sempre.

Di fronte ai colpi bassi, poi, che arrivano da tutte le parti, che gli avversari dispensano a piene mani, di fronte alla capacità da abili rigira frittata di certi politici e gruppi, gli ambientalisti spesso sono impreparati. Per denigrare una battaglia, si arriva a ritorcere loro contro altre lotte. Tipo dire: ma perché  invece di (notare la finezza di quell’“invece di”) preoccuparvi di questo problema, non  dite qualcosa invece su quell’altro, ben più grave…

Bene, se siamo d’accordo, allora alleatevi con noi su quel problema più grave, se davvero la pensate così. Dateci il vostro appoggio politico. Oppure ditelo voi, qualcosa in merito, invece di accusare noi e tirarlo fuori solo adesso che vi fa comodo,  e dimenticarvene subito dopo! Mica gli ambientalisti c’hanno il monopolio delle lotte per l’ambiente! Così sarebbe da rispondere. Così sarebbe da spiazzarli. E invece, si cade nella trappola, ci si giustifica, si portano prove che di quell’altro problema ci si stava occupando eccome, e da anni… ma la gente si insospettisce ancor di più di tutte queste spiegazioni, e poi, distratta, sta già pensando e guardando altrove. E nella testa di chi vive di impressioni momentanee, di flash, rimane solo l’idea che questi “cosiddetti” parlano solo di cosa fa loro comodo.

Un fenomeno così frustrante da essere ridicolo: prima, tutte le battaglie sono ignorate e denigrate e boicottate; poi, si è costantemente messi sotto esame e sotto accusa e criticati per come non si conducono a dovere quelle stesse battaglie.

Sarebbe come, che so, se i vescovi, dopo aver tuonato anatemi contro i pacs o dico, cominciassero a fare le pulci ai partiti laici perché non riescono a difendere adeguatamente le loro posizioni.

Il che rivela la contraddizione di fondo, la cattiva coscienza di tutti sui temi ambientali: sotto sotto, si sa che sono importanti, eccome. Solo che non si vuole ammettere, perché agire è troppo scomodo, e ci sono troppi interessi forti che non si vogliono contrastare.

Infatti a giocare contro c’è anche l’effetto grillo parlante. La coscienza, che ci ricorda cose che vorremmo dimenticare, ci è sempre un po’ antipatica e finisce per fare lei stessa da capro espiatorio. La maggior parte di persone si rende perfettamente conto delle cause e degli effetti dell’inquinamento, e dei disastri e problemi a cui andiamo incontro, e del contributo che diamo tutti noi, con le automobili in primis, per non parlare di rifiuti e spreco d’acqua ecc. Ma nella sensazione che tanto  il tutto sia inevitabile, oppure non essendo molto propensi a fare quei minimi sforzi e sacrifici necessari per cambiare rotta, preferiscono non pensarci e buttarla sul fatalismo. Ovvio che chi gli ricorda il problema, e cerca di convincerli a fare qualcosa, diventi bersaglio d’insofferenza. Da spiaccicare sul muro.

Il momento sembrerebbe non dei più favorevoli, con questa corsa al centro che avviene nel paese, una corsa entusiasta di tutti i partiti o quasi, pseudo destra e pseudo sinistra, verso questo punto centrale che attira come una calamita, fatto di ossequio cattolico e “buoni” principi morali (mal applicati, peraltro, nel privato) , ma anche e soprattutto fatto di grossi interessi economici che muovono intorno a cemento, carbone, inceneritori, infrastrutture costosissime e non sempre necessarie. (Intanto quelle necessarie cadono a pezzi).

Corollario di tutto questo è il tentativo di isolare ed estremizzare le cosiddette “frange radicali”, equiparando destra e sinistra in un mix di picchiatori, fiancheggiamento al terrorismo, rifiuto del progresso e così via.

Non bisogna assolutamente cascare in questa trappola o lasciarsi etichettare come sinistra antagonista o simili scempiaggini. Basta riflettere: mettendo insieme libertari, pacifisti, ambientalisti, ecologisti, animalisti, persone critiche verso gli aspetti deteriori della globalizzazione e la riduzione del mondo e delle persone a puro strumento economico, troveremo prc e pdci e verdi nella loro quasi totalità, sì, ma anche diessini attenti ai problemi, (strano a dirsi, ma esistono), persone di area cattolica un po’ più attente all’uomo nel suo insieme e un po’ meno alle tematiche sessuali, gente che non vota, magari per sfiducia, senza per questo essere anarco-insurrezionalista, aggregati a vasti movimenti di opinione, anche qualcuno che vota a destra. Persone sensibili, di ogni età e condizione.

Insomma, siamo sicuri che nell’insieme non si arrivi almeno al terzo partito del paese? Ci si può permettere di isolare, estremizzare, bollare e non prendere in considerazione una tale forza? Naturalmente variegata, non omogenea, ma certo non più variegata o priva di idee di fondo, di alcuni partiti che stanno tranquillamente insieme. E certo non così eversiva come vogliono far credere.

Allora, torniamo ai nostri bravi ambientalisti. Tutto sembra ritorcersi loro contro, da qualsiasi parte si girino, qualsiasi mossa tentino. Accusati a volte di essere deboli, tiepidi, indecisi. Oppure idealismo e coerenza screditati come arretratezza e ingenuità. Buona fede messa perennemente in dubbio. (Del resto, quella degli altri partiti per la maggior parte non è neppure da mettere in discussione: non esiste e basta.) Se sono troppo rigidi su questioni e principi, glielo si rinfaccia e non ottengono niente. Se tentano di accettare il compromesso politico, di entrare in alleanze che non condividono del tutto, pur di poter fare qualcosa, peggio che mai: avversari ironici che tirano pomodori, alleati che li trattano come cenerentole, militanti disorientati, loro stessi non si sanno districare fra diplomazie di corte…

Mamma mia che guaio. Ma è davvero così difficile uscirne? Non so, io qualche ideuzza ce l’avrei, almeno a livello locale. Sul piano nazionale, non oso pronunciarmi, ma del resto, è dal basso che partono tutti i cambiamenti.

L’urgenza di far contare di più le tematiche ambientaliste, di farsi ascoltare e condividere e allargare la consapevolezza e il consenso, è sotto gli occhi di tutti.

Certo, per quegli entusiasti, i famosi seguaci del retro progresso, qui a Savona, che pensano davvero come qualche grande palazzone per ricchi porti lavoro e sviluppo, c’è ben poco da fare.

Ma per gli altri, per tutti gli altri, che sono tanti, ma spesso disorganizzati o disinformati o  scoraggiati, qualcosa si può ancora tentare. Proviamo a cambiare mentalità, a fare come gli anglosassoni, che chiamano i problemi sfide e opportunità, volgendoli al positivo, cercando le leve su cui agire senza perdersi d’animo.

Alla prossima.

Nonna Abelarda