L'ALTRA faccia dell'industria, ovvero quella che, nonostante
la sensibile ripresa di fatturato e occupazione registrata
nel 2006, non riesce a mettersi alle spalle i problemi che
ne condizionano le prospettive a medio e lungo termine.
Anche su questo versante, tuttavia, c'è da mettere in
evidenza un aspetto positivo: si parla di problemi e non di
crisi irreversibili.
Per alcune importanti aziende della provincia, in effetti,
questo rischio c'è stato - il caso di Ferrania è sotto gli
occhi di tutti - ma è oggi un po' più lontano, ricacciato
sullo sfondo dal profilarsi di nuove opportunità, di idee
innovative, qualche volta di nuovi mercati.
Sintomatico il fatto che, al di là dei 140 "esuberi
strutturali" di Ferrania, non c'è traccia, nelle realtà
industriali savonesi di una certa dimensione, di ricorso
alla cassa integrazione straordinaria. Gli stessi dipendenti
Ferrania lasciati a casa possono oggi fare i conti con un
"fattore tempo" meno stringente: i due anni di Cigs si
chiuderanno a fine giugno, ma è già pronto il decreto per la
proroga di 12 mesi ed eventualmente il Governo è disponibile
a confrontarsi su un ulteriore provvedimento di 24 mesi, che
porterebbe la tutela complessiva a cinque anni.
Nel frattempo, con l'alleggerimento dei costi reso possibile
dalla cassa integrazione ordinaria, l'azienda può sperare
nel riequilibrio dei conti, mentre il confronto sulle cose
da fare diventa concreto, quantomeno per quanto riguarda i
progetti di ricerca e sviluppo su nuove produzioni. Certo la
grande fabbrica non sarà più la stessa ma non dovrebbe
essere un'impresa impossibile garantire occupazione a tutti
i dipendenti rimasti in forza.
Il 2006 si era chiuso con forti preoccupazioni anche per
quanto riguarda un altro prestigioso marchio dell'industria
savonese, la Fac di Albisola, la "fabbrica delle tazzine",
una delle ultime importanti aziende nazionali nel settore
ceramico. La concorrenza cinese, imbattibile sul fronte dei
prezzi, aveva causato vuoti produttivi che sono statti
affrontati con il ricorso alla cassa ordinaria per 151 dei
163 dipendenti e con la ricapitalizzazione della società.
Attualmente la fabbrica albisolese lavora con tutti gli
effettivi e così sarà almeno per tutto il primo
quadrimestre; è tuttavia possibile che successivamente
saranno necessario interventi di integrazione salariale. Nel
frattempo sarà avviato un percorso di ristrutturazione con
l'obiettivo di riposizionare la Fac, migliorandone la
competitività.
Competitività che rappresenta una spina nel fianco di un
altro fondamentale comparto industriale savonese, quello del
vetro. Il problema a monte, sia per le vetrerie di Dego e
Carcare (400 addetti), sia per la Vetrotex di Vado (220
dipendenti), è rappresentato dai costi dell'energia, che
incidono fortemente sui costi e, in Italia, risultano
mediamente superiori del 30% rispetto alla media dell'Europa
Occidentale. A questo si sono aggiunti problemi causati
dalle strategie "globali" del gruppo "controllante", la
francese Saint Gobain che ha ceduto il 60% delle quote
Vetrotex alla multinazionale Usa OCF Corporation ed ha
annunciato l'intenzione di vendere l'intero settore del
vetro per imballaggi, comprese quindi le due vetrerie
valbormidesi. Nelle prossime settimane si saprà se la
cessione ad OCF avrà superato l'esame degli Antitrust di
mezzo mondo. A questo è legato il futuro di Vetrotex.
Nell'elenco delle aziende "problematiche" va inserita anche
la Bombardier di Vado (400 addetti), che attende lo sblocco
di una commessa per 150 locomotive E464. Infine Piaggio
Aero, azienda in cui crescono fatturato, ordini e occupati
ma che resta sotto osservazione in attesa che venga posata
la prima pietra del nuovo stabilimento, a Villanova d'Albenga.
In questo caso più che di un problema si tratta di una
grande opportunità. Che, se non colta, provocherebbe
problemi.
Sergio Del Santo
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