Ma le idee dove sono finite? I principi dove sono finiti? E, soprattutto, la gente? Gli elettori? Il popolo? Il demos?  

NATURA MORTA IN CAMPO ROSSO  

                      Samantha Giribone     versione stampabile

I giorni del Duemilasei, almeno alcuni, sono stati davvero importanti per la mia vita: il giorno della patente, quelli della maturità, della laurea del mio ragazzo, dell’inizio dell’Università, dell’andare a vivere da sola (o, meglio, dell’ancor più complessa co-abitazione con altre due persone), del primo articolo su Trucioli. E tanti altri. 

Non allarmatevi, non ho intenzione di intrattenervi con noiose storielle sulla mia vita privata. Non lo farò perché, in questo lunghissimo anno che ancora corre, c’è stato un altro giorno molto importante, che unisce il mio percorso col vostro: il 9 Aprile. 

Il giorno del mio primo voto politico

Ero veramente emozionata e tesa. Sentivo attorno a me, negli altri come me, gli stessi sentimenti: anche chi non aveva mai guardano aldilà dei lacci delle proprie scarpe, aveva cominciato a far domande, a leggere giornali, ad esprimere opinioni. 

Fin dal primo giorno di asilo senti parlare di Atene, di

“democrazia-che-vuol-dire-governo-del-popolo”, di resistenza al dittatore, di rivalsa femminile, rivoluzione francese, Rousseau.

 E poi, quando arrivi lì? Non sai cosa fare. 

Ascolti un’infinità di parole che sembrano uguali, semplicemente rovesciate, ascolti, ascolti, ascolti fino allo svenimento, provocato non dall’impatto emotivo di ciò che ti è stato trasmesso, ma dalla puzza che cominci a sentire. 

La politica puzza di marcio, di compromesso, puzza di denaro come le vecchie lire di metallo. 

Non te l’aveva detto nessuno questo. Nessun filosofo, nessun insegnante, nessun artista. Tu, rifiuti di credere che quell’arte, quella poesia che ha il nome Politica, che è naturale per l’uomo “animale politico”, l’uomo sociale, “homo oeconomicus”, “homo narrativus”, possa puzzare di quel puzzo abominevole.  

“Tappati il naso, e vota il meno peggio”, ti dicono.  

Io non ho voluto farlo. 

Ho preso le mie idee, le ho scritte su un foglio, e ho cominciato a confrontarle con i programmi dei singoli partiti delle due coalizioni. Ho trovato il partito perfetto. E ho messo la croce sul suo simbolo, senza nessun ripensamento. 

Mi è andata bene che appartenesse alla coalizione che prediligevo, ma l’avrei votato in ogni caso. Ho applicato semplicemente la base della democrazia: ho eletto persone che portassero a Roma le mie idee. Ho scelto i miei rappresentanti.

E ho cominciato davvero a crederci. 

I giorni successivi sono stati ancora più galvanizzanti: la vittoria della coalizione sul filo del rasoio, la fatica di far rispettare la propria maggioranza, il riconteggio delle schede.  

Bertinotti presidente della Camera dei Deputati, un passo storico, e poi le lotte al Senato per eleggere Franco-Francesco-Pincopallo-Marini.  

La formazione del Governo, la cerimonia successiva.

La prima delusione: Emma Bonino non è Ministro degli Esteri, né della Giustizia. Occasione mancata. 

La seconda delusione: Mastella è ministro della giustizia.

Occasione sprecata. 

L’elezione del Presidente della Repubblica: altra lotta, altro coinvolgimento, altre discussioni al bar. 

La terza delusione: Emma Bonino non è Presidente della Repubblica.

Nuova occasione mancata. 

Il decreto Bersani: un fulmine di coraggio a ciel sereno.

La quarta delusione: come al solito la minaccia della piazza ricatta i Governi italiani che non hanno un briciolo di polso per difendere le loro decisioni.

Occasione di smentirsi: persa! 

E pian pianino di lì, si affievolisce tutto: le emozioni, la partecipazione, l’attenzione. 

Sembra ritornato lo status quo: corruzione, ministri che fanno i capricci, battono i piedi, imprecano gli uni verso gli altri, le solite frasi fatte di Berlusconi, gli accordi che distruggono le leggi rendendole accozzaglie di propositi. 

Lo stesso quadro di prima, cambiato di sfondo: “Natura Morta in Campo Rosso”. 

Tre mesi prima e tre mesi dopo le elezioni il nostro è un regime democratico, poi ritorna ad essere partitocratrico. Oserei dire, “poltronacratico”. 

Spenta la lotta contro il “male”, si spegne l’interesse, la vigilanza.

 I politici lavorano per Noi. Controlliamo il loro rendimento. 

Samantha Giribone