QUALI RIMEDI CONTRO L' AGONIA BIOLOGICA DEI MARI
di Aldo Pastore
Nel precedente articolo, ho cercato di analizzare
le CAUSE, che stanno alla base del declino della pesca in gran parte dei
mari continentali.
La conferma di questa profonda crisi è fornita,
peraltro, da un recente rapporto della FAO ( Organizzazione delle Nazioni Unite
per l' Alimentazione), la quale ha evidenziato che il consumo annuo di pescato
per abitante è sceso da 17 Kilogrammi del 1997 agli attuali 12 Kilogrammi; già
in precedenza ( anno2002) la stessa FAO aveva argutamente fatto rilevare che
mentre le generazioni cresciute durante e dopo la seconda guerra mondiale
avevano visto raddoppiare la quantità di pescato disponibile per persona,
i loro nipoti avrebbero potuto essere testimoni del calo di un terzo rispetto ai
valori del primo dopoguerra.
Non voglio ripetermi ulteriormente sulle cause
di questo odierno tracollo, che contrasta, peraltro, con la tendenza ad una
sempre più crescente richiesta di pesce commestibile da parte delle popolazioni;
desidero soltanto citare ( ed, ovviamente, condividere) le recenti affermazioni
in proposito di Mario Tozzi ( primo ricercatore CNR - IGAG):
"Davanti al fallimento della pesca moderna, scientificamente guidata, davanti all' assenza di controlli seri ed alla continua infrazione delle regole, riesce difficile spiegare, a chi sul mare specula, che la pesca senza limiti, alla fine, non è remunerativa e regge solo per le sovvenzioni elargite da governi incapaci di mettere un freno e pianificare.
Si avvicina il momento in cui si dovrà per forza vietare di pescare qualsiasi cosa dai mari "
Quali sono stati e quali possono essere, oggi, I RIMEDI per ovviare o attenuare questa crisi e scongiurare, di conseguenza, questa futuribile agonia?
La prima strada perseguita ed attualmente
praticata è quella della COLONIZZAZIONE PACIFICA DEI MARI DEL TERZO MONDO.
Ad esempio: già oggi, l' Unione Europea invia regolarmente i propri
pescherecci verso le coste occidentali dell' Africa, grazie a trattati
bilaterali con una quindicina di governi ( tra i quali, la poverissima
Mauritania) che consentono di pescare in grande quantità ed a basso costo;
in queste acque, vengono a competere con i pescherecci che provengono dal
Giappone, dalla Corea del sud, dalla Russia e dalla Cina.
Paradossalmente, però, anche allorquando le modalità e le tecniche di pesca
avvengono nel pieno rispetto delle leggi e dei Trattati Internazionali, si
verificano fenomeni eticamente sconvolgenti per la loro iniqua gravità;
pensiamo, ad esempio, che, nel contesto dei trattati bilaterali sopra
citati, non più del 10% del valore del pesce pescato viene versato al paese
ospite o colonizzato; tuttavia, per i paesi impoveriti come la Mauritania e
la Guinea-Bissau, questo 10% equivale a circa il 50% delle entrate totali di
questi Stati.
Occorre evidenziare, inoltre, che molti paesi africani
non posseggono radar o navi per assicurarsi che venga rispettato il Trattato
sugli Accordi di Pesca del 1979, che prevede la creazione di zone economiche
di pertinenza esclusiva di ogni Paese, fino a 300 Kilometri al largo delle
coste.
In ultima istanza, dunque, (ed il fatto assume certamente il
carattere di estrema gravità) l' aumento della pressione dei pescherecci,
provenienti dai paesi ad economia elevata, sta rapidamente mettendo in crisi
la sicurezza alimentare di almeno un miliardo di persone del Sud del Mondo (
piccoli pescatori ed abitanti delle zone costiere), per le quali il pesce è
nutrimento essenziale; il risultato finale è, dunque, un aumento del
fenomeno della fame in zone terrestri, già naturalmente impoverite.
La seconda strada percorsa è quella
dell' ACQUACOLTURA.
Recentemente ( settembre 2006) le proiezioni FAO
hanno evidenziato che se si vorrà mantenere il consumo per abitante al
livello attuale ( 12 Kilogrammi all' anno, in media) occorrerà
ricavare 40 milioni di tonnellate di pesce dall' acquacoltura, almeno entro
il 2030.
Non a caso, la crescita dell' acquacoltura, a livello mondiale,
è stata assai rapida.
Nel 1980 solo il 9% del pesce consumato in tavola
proveniva dagli allevamenti; oggi siamo arrivati al 43%, percentuale che
corrisponde ad un consumo di 45,5 tonnellate all'anno, per un valore
commerciale di 50 Miliardi di euro.
La Cina è in gran parte
responsabile di questo boom; da sola produce il 70% del pesce allevato
nel Mondo, al quale bisogna aggiungere il 22% che proviene da altre regioni
dell' Asia, contro soltanto il 3,5% dell' Europa. Nel Mediterraneo l' acquacoltura sta crescendo, anche se
a velocità inferiore rispetto ai Paesi
del Sudest Asiatico o del Sud America; i principali produttori sono i Paesi
della Riva Nord, dalla Spagna alla Turchia; proprio dalla Turchia, negli
ultimi anni, è venuta la concorrenza più forte per l' Italia, poichè sono
stati fatti notevoli investimenti, che hanno favorito l' immissione sul
mercato di grandi quantità di pesce delle specie tipiche del Mediterraneo,
come la spigola e l' orata.
In Italia sono circa quaranta le specie
allevate in acquacoltura, con tecniche sofisticate, dai gamberi di fiume
alle ostriche, dalle sogliole ai polpi; tuttavia, a fare da traino all'
acquacoltura nazionale è l' allevamento dei molluschi ( dai mitili alle
vongole veraci).
E' possibile già oggi esprimere un giudizio sulle
tecniche vigenti negli allevamenti?
Ritengo personalmente che non si
possa essere pregiudizialmente contrari a questa nuova metodologia di
cultura ittica; tuttavia, a mio modo di vedere, va rispettata una regola
fondamentale, che è quella del rigoroso rispetto del RAPPORTO
ANIMALE/NATURA, perchè, a sua volta, questo viene ad incidere sul
RAPPORTO UOMO/NATURA ed, in ultima istanza, sull' IMPATTO AMBIENTALE INDOTTO
DALL' UOMO E DALLE SUE ATTIVITA'.
Esaminando, oggi, i fatti nella
loro cruda realtà, possiamo constatare che i rapporti sopra evidenziati, non
vengono, quasi mai, rispettati dalle attuali tecnologie; in dettaglio,
possiamo rilevare quanto segue:
A) L' acquacoltura, così come oggi viene praticata, non risolve i problemi del mare; anzi, li aggrava, perchè requisisce ed inquina habitat costieri, necessari alla riproduzione del pesce marino.
Già, in precedenza, ho detto che cosa significa, in termini concreti, l' usurpazione degli habitat costieri: significa distruzione degli acquitrini, delle foreste di mangrovie e delle praterie di Posidonia, indispensabili alla deposizione delle uova di molte specie ed alla loro successiva nascita; significa, quindi, incidenza profondamente negativa sull' evoluzione della biologia marina, che si risolve, in ultima istanza, in una netta diminuzione della quantità del " pesce marino".B) Occorre, inoltre, considerare che gli allevamenti in acquacoltura rappresentano una notevole fonte di inquinamento marino, perchè gli escrementi vengono direttamente scaricati in mare.
C) L' acquacoltura ed, in particolare, l'allevamento dei crostacei hanno, inoltre, effetti negativi sulle risorse idriche delle località interessate, perchè richiedono un continuo ricambio di acqua.
D) Il fatto che preoccupa maggiormente è, tuttavia, rappresentato dalle modalità di vita, imposte ai pesci allevati; in gran parte degli allevamenti intensivi, enormi quantità di pesci sono stipati in gabbie, nelle quali ciascun componente ha a disposizione un' area equivalente ad una vasca da bagno e nulla più.
E) Un ragionamento particolare va fatto, infine, sul cibo forzatamente imposto ai pesci allevati.
Alcuni produttori utilizzano pesci, pescati altrove; in termini economici, tuttavia, l'impresa sta diventando proibitiva; pensiamo, ad esempio, che per produrre un chilogrammo di salmone occorrono 5 chili di pesce ordinario; forse, sarebbe necessario riflettere sul fatto che il " pesce nutriente" potrebbe essere utilizzato direttamente per il consumo umano e non viceversa.
Altri produttori hanno creato recentemente un' alimentazione del tutto particolare, costituita da farine di pesce e grassi alimentari, addizionata di antibiotici, vaccini e, non di rado, ormoni e coloranti.Concludendo, dunque, si sta verificando per le carni ittiche quanto già avvenuto per le carni di origine animale ( alterazioni cellulari e mutazione genetica).
Compete, pertanto, all' umanità del presente e del futuro cercare nuove strade alternative; queste strade portano il nome di "RISERVE MARINE" e di ZONE DI RIPOPOLAMENTO, fondate su regole internazionali ben precise e, soprattutto, rigorosamente rispettate; solo attraverso queste strade sarà possibile, a mio modo di vedere, FAR RIPARTIRE L' INTERO ECOSISTEMA MARINO; si oppone a questa semplice, ma fondamentale idea, ancora una volta la logica miope del profitto immediato, chiamato, in altri termini, DIO DENARO.
ALDO PASTORE 6 ottobre 2006