UOMINI E BESTIE
8: Prospezioni dell’immaginario
Leones
Parte quinta
Cilindri sigillari protoelamiti della prima metà del terzo millennio con leontodemone, e del periodo protodinastico in Susa (intorno al 2500) con un leone che sbrana un toro, si perpetuano in sigilli medio- e neoelamiti (un leone che insegue un capride, una creatura alata leontocefala), in cilindri sigillari, plaquettes e nei cosiddetti standards bronzei del Luristan, intorno al X/IX sec., con leoni, fra cui uno accovacciato recante una mitria cornuta (contrassegno della natura ultraterrena dell’animale), sino ai sigilli achemenidi, ad es. uno del tardo VI sec. da Persepoli. Protoelamita pure una superba statuetta a tutto tondo in magnesite di leontodemone (EDITH PORADA, The Art of Ancient Iran, Pre-Islamic Cultures, 1962). Nelle decorazioni architettoniche delle capitali dell’Impero persiano la fiera compare spesso: a Pasargade (ca. 540), nel Fars, colonne di calcare nero con ornamento architravale di cavalli e leoni addossati; a Persepoli, sempre nel Fars, dopo il 520, dalla scalea orientale dell’Apadana o Sala delle cento colonne di Dario, parecchie immagini, tra cui una del Leone zodiacale che azzanna il Toro (immagine qui sotto);
a Susa, sulle pareti dei cortili interni pannelli di laterizi invetriati policromi, con repertori religiosi, militari, politici e processioni d’animali fantastici, grifoni, tori alati, antropoleoni (The Cambridge History of Iran, a c. di ILYA GERSHEVITCH, vol. II, The Median and Achaemenian Periods, 1985, 838 sqq.); ad Ecbatana (ant. pers. Hāgmatāna, Hamadān) resta ancora il leone funebre sulla tomba di Efestione, l’amante di Alessandro morto nel 324. “In Persia era uno degli animali sacri al culto di Mitra, e gli antichi Persiani dedicavano al leone alcune feste che prendevano il nome di ‘Leontiche’ in onore di Mitra ‘il Sole invincibile’, la cui statua portava una testa di leone su un corpo umano. Ancora oggi in Iran il leone è il simbolo araldico dello Stato; porta sul dorso un sole risplendente e brandisce una spada” (MORETTI, Immaginario medievale, Il leone, http://www.mondimedievali.net).
Nel Medio Oriente, a Mari, ora Tel Hariri, si trovano a meridione, di fronte alla grande terrazza, i resti del tempio di Dagan, dell’epoca presargonica, detto “dei leoni” per le due belve bronzee che ne guardavano l’accesso, una al museo di Aleppo, una al Louvre (immag. a fianco),
altamente espressive, cogli occhi in pietra bianca e al centro una pupilla di scisto nero (Musée du Louvre, Les Antiquités orientales: guide du visiteur, 1997). Molto dopo, la piú suggestiva espressione dell’intimo legame che secondo il senso religioso antico univa il sovrumano al subumano s’incontra nelle statue basaltiche del portico del palazzo del re arameo Kapara a Tell Halaf, l’antica Guzana, o Gozan biblica, della metà del X sec., ove deità in funzione di telamoni stavano ritte su leoni e tori (convenzione d’origine ittita, come mostrano la dea Hepatu e il figlio Sharruma che, nel santuario rupestre di Yazılıkaya eretto da Hattusili III, 1275-1250 ca., stanno su di una pantera); purtroppo l’opera magnifica, scavata dal barone Max von Oppenheim, che se la portò in Germania insieme con molto altro nel 1927, e collocata il 1930 nel Tell Halaf-Museum di Berlino-Charlottenburg, andò distrutta durante i bombardamenti della Seconda guerra mondiale e ne resta solo una triste copia che costituisce l’accesso al museo di Aleppo (N. CHOLIDIS-L. MARTIN, …Der Tell Halaf und sein Ausgräber Max Freiherr von Oppenheim, 2002). Ancora dopo, secondo Hammond (The Goddess of the “Temple of the Winged Lions” at Petra, Jordan) verso il Ia ex., il Tempio dei leoni alati a Petra, forse dedicato ad Iside, cosiddetto dalla decorazione dei capitelli del colonnato del basamento.
Nell’Antico Testamento il leone stà per la dannazione (ps. 22, 22), o per Dio (num. 24, 9), o Giuda (gen. 49, 9), o le dodici tribú ebraiche (I reg. 10, 20:
et duodecim leunculi stantes super sex gradus del tempio di Salomone), o i monarchi nemici (Jer 50, 17: grex dispersus Israhel: leones eiecerunt eum, primus comedit eum rex Assur, iste novissimus exossavit eum Nabuchodonosor rex Babylonis), o il male metafisico (Is. 35, 9: non erit ibi leo): la medesima ambivalenza già accertata in altra scheda, che tornerà nella simbologia cristiana.
Nella cultura greco-romana la presenza della belva è assai frequente. L’associazione piú propria è quella con Cibele-Rea, o sincreticamente Demetra, Artemide-Ecate, Era-Giunone, la Syria Dea di Gerapoli, ov’era chiamata Atargatis o Astarte, la Magna Mater frigia Augusta e Sanctissima, signora delle cime dell’Ida e del Dindimo (si noti la continuità colla Signora delle montagne minoica), la quale procedeva sopra un carro trainato da una pariglia leonina (LUCR. II 600-1: Hanc veteres Graium docti cecinere poetae / sedibus in curru biiugos agitare leones; CAT. 63, 76: iuncta iuga resoluens Cybele leonibus), oppure stava assisa in uno scranno con due leoni per braccioli o accucciati ai piedi, come mostra gran numero di reperti, anche numismatici (ad es.: 57.AA.19 Getty Museum in Los Angeles; la “Madre delle città” al Mus. Naz. di Napoli; l’altare di Lucio Cornelio Scipione Orito; Crawford 385/4… e in età moderna la scultura del Quellinus nel Koninklijk Paleis di Amsterdam, 1650-1664; la Fontana di Cibele di Francisco Gutierrez e Robert Michel nel Palacio de Communicaciones di Madrid).
Elenchiamo ora i miti.
La tragica storia di Piramo e Tisbe, che non c’è bisogno di riassumere perché nota a tutti (OV. met. IV 55 sqq., ripreso nella Favola omonima di Bernardo Tasso e al termine del Midsummer Night Dream)
Atalanta e Melanione (altrove anche Ippomene): avendo copulato nel temenos di Zeus in punizione del sacrilegio son mutati in leoni, quibus di concubitum Veneris denegant (HYG. fab. 185, 6; inoltre PSAP. III 108, ed in PALAEPH. incred. 13 la solita lettura evemeristica).
Il leone citeronio: aveva sbranato il figlio di Megareo, re di Megara, che promise la figlia e il trono a chi l’avesse vendicato, e fu Alcatoo, figlio di Pelope (PAUS. I 41, 3).
I commilitoni di Ulisse stregati da Circe (Od. X 213 sqq.).
Il Leone celeste, di cui parleremo piú distesamente nella prossima scheda. Fu asterizzato da Zeus “perché è il re dei quadrupedi, o perché fu l’oggetto della prima fatica di Ercole” (schol. AR. 149 MD D A); si allude naturalmente qui alla prima fatica del Leone nemeo: l’invenzione pare si debba a Pisandro di Rodi (ROBERT, Erathostenis Catasterismorum reliquiae 1878, p. 243) e ad Epimenide, secondo il quale sarebbe caduto sulla Terra dalla Luna per ordine di Giunone; Nigidio Figulo (fr. 93 SWOBODA) aggiunge che visse nella caverna di Anfidimone presso Nemea, sinché non fu ucciso coll’aiuto di Molorco da Ercole, che della pelle si fece uno scudo, e posto in ricompensa fra le stelle da Era. Esiodo (theog. 326-32) trasmette un’altra versione:
Ella [Echidna] poi generò la Sfinge letale, rovina ai Cadmei,
soggiacendo ad Orto, e il Leone nemeo.
Lui Era avendo nutrito, l’altera compagna di letto di Zeus,
lo stabilí sui declivi della Nemea, rovina per gli uomini.
Là dunque egli predava le stirpi degli uomini del paese,
imperando sul Treto della Nemea e sull’Apesante;
ma lo domò la forza della possanza erculea.
Diodoro Siculo (IV 11, 3-4) offre alcuni particolari: era invulnerabile alle armi e bisognava ucciderlo a mani nude, stava fra Micene e Nemea, su un monte detto Treto perché al piede c’era una caverna con due entrate di cui la fiera aveva fatto la sua tana; Ercole lo trovò e lo inseguí sino al nascondiglio, chiuse uno degli accessi e lo soffocò nella stretta delle braccia.
MISERRIMUS