Nessuna certezza sul nuovo carcere» IL SECOLOXIX
l' Intervento
Il tempo scorre lentamente, anzi non scorre affatto. Ho provato questa dolorosa sensazione quando al Priamar ho partecipato da spettatore-ascoltatore alla serata dedicata alla realtà carceraria savonese. La performance teatrale è risultata tanto semplice quanto immediata, tanto vera quanto espressiva; la carica educativa, così ovvia in quanto legata ad una realtà indiscutibile e soprattutto descritta direttamente da straordinari detenuti-attori-scrittori mi ha colpito ancor più quando ho sentito inutili e retorici discorsi sulla necessità di dare a Savona una nuova struttura carceraria. Non ho potuto fare a meno di ricordare cinque anni fa, quando ha iniziato a farsi tradizione questa bella iniziativa di Savona Teatro. Anche in quell'occasione i soliti discorsi, i soliti auspici e la solita infastidente retorica! In cinque anni i partecipanti alle tavole rotonde conclusive sono cambiati, ma ancora oggi siamo in attesa di tempistiche certe per il nuovo carcere. In particolare l'Amministrazione Comunale, pur avendo individuato con estrema lentezza il sito, non ha ancora provveduto, se non in modo molto parziale, ai passi iniziali per dare avvio agli interventi urbanistici necessari. L'Amministrazione Penitenziaria, pur lamentandosi per le lentezze, non ha ancora fatto tutto ciò che è di sua competenza. Tutti si sono lamentati, ma nessuno ha ancora fatto tutto quanto avrebbe dovuto e potuto fare. La dignità dell'uomo mi fa dire che i condoni e gli indulti a nulla servono se non c'è rispetto per l'uomo offeso o offensore che sia. Il rispetto all'uno ed all'altro passa attraverso il concetto della pena certa e della possibilità redentiva. Oggi non c'è certezza e purtroppo non c'è neppure se non raramente possibilità di redenzione. Nel poco che faccio da docente di pedagogia speciale e interculturale, quando con i miei allievi mi avventuro sui temi della prevenzione e della rieducazione, non posso non sentirmi a disagio di fronte a queste inadempienze. Il carcerato non merita forse più rispetto di quello che noi tutti gli dimostriamo? Una forma di rispetto è quella di mettere in condizione gli attori-carcerati di ridere su se stessi e di indicare le vie per stare lontani dalle occasioni di delinquere. Ancora una volta l'arte maieutica di Socrate ci indica la via.
Gianfranco Ricci
docente universitario di pedagogia