Il tempo scorre lentamente, anzi non scorre affatto. Ho
provato questa dolorosa sensazione quando al Priamar ho
partecipato da spettatore-ascoltatore alla serata dedicata
alla realtà carceraria savonese. La performance teatrale è
risultata tanto semplice quanto immediata, tanto vera quanto
espressiva; la carica educativa, così ovvia in quanto legata
ad una realtà indiscutibile e soprattutto descritta
direttamente da straordinari detenuti-attori-scrittori mi ha
colpito ancor più quando ho sentito inutili e retorici
discorsi sulla necessità di dare a Savona una nuova
struttura carceraria. Non ho potuto fare a meno di ricordare
cinque anni fa, quando ha iniziato a farsi tradizione questa
bella iniziativa di Savona Teatro. Anche in quell'occasione
i soliti discorsi, i soliti auspici e la solita infastidente
retorica! In cinque anni i partecipanti alle tavole rotonde
conclusive sono cambiati, ma ancora oggi siamo in attesa di
tempistiche certe per il nuovo carcere. In particolare
l'Amministrazione Comunale, pur avendo individuato con
estrema lentezza il sito, non ha ancora provveduto, se non
in modo molto parziale, ai passi iniziali per dare avvio
agli interventi urbanistici necessari. L'Amministrazione
Penitenziaria, pur lamentandosi per le lentezze, non ha
ancora fatto tutto ciò che è di sua competenza. Tutti si
sono lamentati, ma nessuno ha ancora fatto tutto quanto
avrebbe dovuto e potuto fare. La dignità dell'uomo mi fa
dire che i condoni e gli indulti a nulla servono se non c'è
rispetto per l'uomo offeso o offensore che sia. Il rispetto
all'uno ed all'altro passa attraverso il concetto della pena
certa e della possibilità redentiva. Oggi non c'è certezza e
purtroppo non c'è neppure se non raramente possibilità di
redenzione. Nel poco che faccio da docente di pedagogia
speciale e interculturale, quando con i miei allievi mi
avventuro sui temi della prevenzione e della rieducazione,
non posso non sentirmi a disagio di fronte a queste
inadempienze. Il carcerato non merita forse più rispetto di
quello che noi tutti gli dimostriamo? Una forma di rispetto
è quella di mettere in condizione gli attori-carcerati di
ridere su se stessi e di indicare le vie per stare lontani
dalle occasioni di delinquere. Ancora una volta l'arte
maieutica di Socrate ci indica la via.
Gianfranco Ricci
docente universitario di pedagogia
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