Stop a tutte le vendite degli immobili del Comune. La giunta
Berruti ieri ha formalizzato un provvedimento che certo non
si può considerare non di sinistra: ha stoppato il bando di
vendita di alcuni immobili comunali per destinare gli stessi
a un progetto di "social housing" che prevede di concederli
a famiglie socialmente disagiate. Non proprio "case
popolari" ma quasi. La cosa, di per se, è apprezzabile. Ma
qualche malumore rischierà di provocarlo per la natura di
questi immobili. In alcuni casi sono infatti di assoluto
pregio e in zone altamente rilanciate dal punto di vista
abitativo: su tutte, l'intero stabile (cinque piani appena
ristrutturati) di via Sansoni 5, nel cuore del centro
storico, tra via Pia e piazza Vacciuoli. Un gioiellino di
quasi 900 metri quadrati.
La decisione di non vendere è stata presa nella giunta di
ieri mattina. Uno dei punti all'ordine del giorno riguardava
appunto "i provvedimenti in merito alle alienazioni
immobiliari". All'orizzonte (il primo di agosto) c'era la
vendita all'asta di un lotto di beni che l'Amministrazione
precedente aveva individuato come di troppo: il palazzo di
via Sansoni 5, l'ex scuola elementare di Cimavalle, una
villetta in via Famagosta e un paio di appartamenti a Santa
Rita e Valloria. Le vendite erano già fissate da mesi con
relativi capitolati e cifre minime dell'asta. Il palazzo di
via Sansoni con i suoi cinque piani partiva da 950 mila euro
(9 appartamenti e due negozi).
La giunta Berruti ha però ritenuto che fare cassa in questo
modo non convenga. E che meglio sarebbe destinare questi
beni al sociale, sopperendo così alla cronica mancanza di
case per le fasce deboli. Da qui la spiegazione di ieri
dell'assessore al patrimonio, Rosario Tuvè: «Abbiamo
semplicemente deciso di annullare queste vendite perché la
nostra idea è sfruttare questi beni diversamente». Come? «Partencipando
al bando regionale per il social housing - ha proseguito -
che consente ai Comuni di ottenere finanziamenti per
ristrutturare beni da destinare alle famiglie non abbienti.
E visto che questi immobili li abbiamo già in casa, sono
l'ideale».
Il discorso potrà forse valere per l'ex scuola di Cimavalle,
così come per i due appartamenti (malandati) di via Genova e
via Collodi, o per la pseudo villetta nella parte alta di
via Famagosta, sotto la caserma della guardia di finanza. Ma
dire che il palazzotto di via Sansoni, appena ristrutturato
a "grezzo" dopo il crollo di qualche anno fa, possa andare
bene come moderna "casa popolare", non convince proprio
tutti. E infatti qualche perplesso in Comune c'è.
L'amministrazione Ruggeri da questo edificio aveva ritenuto
di poter ricavare, vendendolo così com'è, oltre un milione
di euro (1,1 era la cifra della vendita precedente, peraltro
andata deserta). Il primo di agosto sarebbe tornato all'asta
a 950 mila euro, cifra che sicuramente avrebbe incontrato il
consenso del mercato.
Ma il bando è stato interrotto d'urgenza. E ieri la giunta
ha deciso di annullare anche tutti gli altri e non vendere
più nulla. «Ora il prossimo passo sarà provare ad ottenere,
a fine estate, questo contributo per il "social housing"»,
conclude l'assessore Tuvè. «Io, come Rifondazione Comunista,
sono assolutamente a favore e soddisfatto - ha commentato
l'assessore all'ambiente, Yorg Costantino - E' finalmente
una decisione di sinistra».
In questo programma, tra l'altro, potrebbe rientrare anche
un altro gioiello comunale: palazzo Pozzobonello, in via
Quarda, dietro la Camera di Commercio. Anche questo
l'amministrazione precedente aveva cercato di venderlo ma
invano (a circa 4 milioni). Oggi la giunta Berruti ha
appaltato il rifacimento del tetto e il restauro generale
(per quasi 800 mila euro) e l'idea è tenerlo e spostarci la
biblioteca civica vendendo invece l'immobile dov'è oggi, a
Monturbano. E' un'idea su cui la giunta sta ragionandno da
giorni. Il limite del progetto è come sempre economico:
spostare la biblioteca nel centro storico significherebbe
gettare al vento tutti i soldi spesi per adeguare l'attuale
sede di Monturbano, dovendo tra l'altro spendere altri soldi
(tanti) per adeguare palazzo Pozzobonello. Ne vale la pena?
E' questo il dubbio.
Dario Freccero
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