TRUCIOLI SAVONESI
spazio di riflessione per Savona e dintorni 
UN POLITICO DA MARCIAPIEDE   

In silenzio elettorale non parlerò di referendum ma parlerò di quello che rappresenta l’estremo anello della  catena alimentare referendaria.

Parlerò del pesce piccolo, ignorando le grosse pezzature, sia quando si tratta di pescecani, pesci martello o squali o sirene che quando si tratta di pesci sega, pesci palla, seppie da inchiostro o  molluschi.  

Il pesce piccolo è quello che trovi nei fondali di massimo passaggio, dove ad esempio passano i branchi di acciughe o  di sardine spesso vogliose di finire sotto sale, o di tonni, oppure –più facilmente- i branchi di fritto misto; è quello che, dal margine della pista, spinge avanti la pinna e, se sei uno dei pesci che passano, ti porge un volantino, dicendoti:

-  Signora,  posso lasciarle un volantino?

E intanto ti sfodera un sorriso che va da una branchia all’altra per farti capire che è un pesciolino a modo e non ti farà del male. 

Ma torniamo a galla.

Il volantinista è il travet delle tornate referendarie, quello che, comunque si comportino le consorterie dei piani alti, lui c’è.

Mi scuso anticipatamente di parlare al maschile, anche se le donne in genere in queste terre di concretezza sono in maggioranza; ho anche provato a scrivere lo/la ma inceppava la fluidità del discorso. 

Ma stavo parlando del tipo.

Prima di arrivare al “vota NO”, “vota SI’” –che se vogliamo è piuttosto spiccio- il volantinista era già comparso nel luogo di appostamento ma con più perigliosa identità: il raccoglitore di firme.

Il pesce-firma

Non è il caso del referendum costituzionale ma è in caso di tutti gli altri referendum, per la cui richiesta occorre depositare un cospicuo pacchetto di firme.

E lì la cosa si fa dura, perché devi spiegare al tipo che hai fermato cosa ci fai con la sua firma, siccome non si tratta né di Ligabue né di Vasco.

Devi convincerlo che non stai vendendogli l’enciclopedia e che comunque vadano le cose, non parteciperà a nessun concorso a premi. E devi anche essere pronto a contenerne la delusione, sia che si manifesti depressivamente che aggressivamente. 

Il raccoglitore di firme  arriva trafelatissimo, portando sotto al braccio destro il tavolo pieghevole, sotto al braccio sinistro due sedie che gli scappano da tutte le parti, nella mano destra lo stelo di un piccolo ombrellone (l’ombrellone se lo è quasi sempre dimenticato), nella mano sinistra un rotolo di manifesti con cui decorare l’ambiente, nella bisaccia un quintalotto di volantini -quasi sempre quelli sbagliati, perché quelli giusti sono finiti o non sono mai arrivati o non sono mai esistiti se li sono presi gli altri. Una cosa che il raccoglitore di firme dimentica sempre è la penna: e questo la dice lunga su di lui. 

Nei posti come quello dove vivo io, per raggiungere il luogo di appostamento, il pesce-firmaiolo fa la gimkana tra i bagnanti, stando attento a limitare le vittime del suo passaggio tra coloro ai quali fa cadere sull’alluce infraditato il tavolo pieghevole e quelli che acceca con lo stelo dell’ombrellone inservibile. 

Dopo una prima scorta di VAFFA! messa assieme in maniera itinerante, giunge alla base, dove potrà prendersene con calma tanti altri. Ma prima di montare il tavolino, deve contendersi lo spazio assegnato dai vigili urbani (quasi mai si ricorda di portare dietro il foglio che lo attesta) minimo minimo con un punkebbestia laziale che, senza tener conto delle sue fini argomentazioni, risponde:

- Io ce sono e io ce sto!;

con una statua vivente del discobolo, che minaccia a bocca chiusa e senza muovere ciglio:

- se insisti te lo tiro nei denti (ovviamente il disco);

e con un trio di violinisti della Bielorussia, che stranamente rispondono in veneto:

-  ostregha, che rotura di bale!. 

Alla fine decide di giocarsi la carta della fratellanza e della collaborazione: si impegna a  fare ogni tot ore da bestia al punk, da interprete ai bieolorussi e di sostituire il discobolo sul piedestallo, sperando che gli avversari non gli facciano il solletico.

Per il tempo che gli rimane raccoglie firme. 

Dopo due ore che è lì e ha raccolto tre firme: quella di sua mamma, quella di sua sorella, quella del suo maestro elementare (NB suo padre non ha firmato), arrivano gli altri della sua ghenga che, stupiti di trovarlo in una simile situazione (il discobolo), lo informano che è arrivato due ore prima dell’ora convenuta.

A lui questo capita spesso, ai politici professionisti capita l’inverso (due ore dopo)!

E l’ora era stata scelta proprio perché scadeva il tempo di punk, di bestie, di statue e di bielorussi padovani e anche perché da quel momento in poi sarebbe iniziato il passaggio, prima non ne valeva la pena.

Eh già: tre firme, senza quella di suo padre. E quei tre c’erano venuti per farlo rinsavire, siccome avevano sentito dire che si era unito ai punkebbestia nel ruolo della bestia! 

E’ stremato ma non si tira indietro e si slancia nel tentativo di carpire la firma, mettendo in atto tecniche consolidate.

Prima di tutto studia il passante in avvicinamento e cerca di soppesarne l’ideologia, si concentra talmente sulla semiologia del soggetto, che quando è il momento di tirare le conclusioni quello è già passato oltre di un intero isolato.

Del resto che cosa dovrebbe fare un passante se non passare?

Il procacciatore di firme è uno sgobbone, a differenza dei politici professionisti sa tutto o quasi sull’argomento ed è prontissimo a rispondere a qualsiasi domanda. Ma pochi gliene fanno. 

L’impresa più ardua poi è spiegare ad alcuni che se è stata, ad esempio, introdotta una legge che impedirà a molte persone di diventare genitori o li obbligherà ad andare all’estero pagando fior di quattrini violerà il corpo della donna mangiandosi decenni di femminismo e metterà il bavaglio alla ricerca scientifica orientata verso la guarigione di terribili malattie; l’impresa più ardua, dicevo, è spiegare che se è stata introdotta una legge che provocherà tutto questo ma non porterà al licenziamento di Maria De Filippi o all’aumento del prezzo della Summer card, quella legge va abrogata.

- Oh, bella: e perché? 

Mentre, giusto ai tempi della 40, il nostro esibiva tutta la sua dottrina libertaria e nel contempo egualitaria per persuadere una signora a firmare contro la legge anti- fecondazione, costei indicò la figlia al settimo mese e gli rispose con candore disarmante:

- E perché dovrei firmare? E’ già incinta.

Il nostro a quel punto disse l’unica cosa intelligente che gli rimaneva da dire:

- Auguri! 

E non più tardi dell’altro ieri, in piena opera di volantinaggio per questo referendum, ha provato a fare un’avance sostanziosa, offrendo ai passanti una Costituzione italiana, accompagnando il solito sorriso da branchia a branchia con le parole:

-  Signora, posso darle una Costituzione?

per sentirsi rispondere tre quattro cinque venti volte, con accento per lo più torinese:

- Grazie, non sono di qua.

Eh già, perché la Costituzione ce l’abbiamo soltanto a Finale.

Siamo una città pilota!

E siamo una città pilota perché il marchese del Carretto era un despota illuminato! 

Insomma.

Voglio fare una proposta in questo carosello del potere  di leader e contro-leader, vertici e controvertici, partiti e contropartiti e Berlusconi e Nania e la Russa e Rutelli e Fassino e Prodi; la voglio fare oggi che è domenica, in attesa del protagonismo dei sondaggisti e controsondaggisti e del chi ha vinto e chi ha perso che ci inonderà domani. 

In questo gioco di pezzi da novanta vogliamo fare un elogio al pesce piccolo, a  colui che è il corrispondente del milite ignoto in tempo di pace?

Magari va bene anche dedicargli la statua da discobolo, che è già stata usata da lui. 

Che ne dite di chiamarlo: “il politico da marciapiede” per distinguerlo dal “politico di palazzo”? 

Che quando poi la cosa va anche a buon fine e lui ha festeggiato con una lattina di thé alla pesca, non può escludere di rivedere tutto rimesso in discussione dai soliti noti, magari quelli della sua stessa parte, che lui non sanno nemmeno che esista:

sbaglio o era stato un referendum ad abolire il finanziamento pubblico dei partiti- giusto o sbagliato che fosse?  

Onore e lode al nostro trafelato politico da marciapiede, quindi.

Anche perché sono quelli come lui che mi tengono alta la fede, con tanto di ombrellone incompleto, volantini sbagliati e penna dimenticata.

Grazie.

Gloria Bardi    www.gloriabardi.blogspot.com